Amministrativo

Trading su energia danneggia Terna, ok limitazioni dell'Authority

Francesco Machina Grifeo

È legittima la deliberazione n. 525/14 dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas che ha previsto, a partire dal primo novembre 2014, limitazioni alle attività di trading sull'energia – operate mediante acquisto e vendita di quantità in eccesso o in difetto rispetto alle previsioni di consumo - da parte degli operatori. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, sentenza 1586 di ieri, respingendo il ricorso di Illumia Spa contro l'Authority e nei confronti di Terna contro la decisione del Tar Lombardia n. 1895/2015. La delibera obbliga infatti le società a definire i programmi di immissione e prelievo, evitando qualsiasi sbilanciamento volontario e attenendosi alle "migliori stime" dei quantitativi di energia elettrica effettivamente a disposizione e necessari. Secondo quanto prospettato dal ricorrente, però, impedendo la volontaria sovrastima/sottostima del consumo programmato rispetto a quello effettivo, si produrrebbe l'effetto di impedire lo svolgimento delle attività di trading. Per i giudici di Palazzo Spada «la cessione dell'energia in eccesso (o l'acquisto di quella in difetto) rispetto al bisogno effettivo» non è un diritto ma «rappresenta una necessità per il corretto funzionamento della rete». Ragion per cui «non appare illogica la scelta volta a scoraggiare l'attività meramente speculativa di un operatore – anche se la stessa in ipotesi può contribuire a garantire una maggior "liquidità" del mercato stesso – posto che tale condotta si riflette sempre ed inevitabilmente sul gestore Terna».
Terna, infatti, «non opera secondo una mera logica di mercato, bensì al fine di garantire il servizio pubblico di dispacciamento, essendo normativamente preposto alla gestione della rete anche al fine di ovviare agli sbilanciamenti che sulla stessa si verificano». Si giustifica dunque l'intervento dell'Autorità «volto a rendere esplicita la limitazione delle operazioni che avvengono a monte, al fine di scongiurare che il servizio di dispacciamento costituisca un mercato nel quale gli operatori operano all'unico fine di trarre profitto, ponendo in secondo piano la finalità primaria delle transazioni che ivi si realizzano, che, in una dinamica fisiologica, dovrebbe essere quella di riequilibrare la domanda e l'offerta di energia che transita sulla rete e consentire al sistema di funzionare».

Consiglio Stato – Sentenza del 7 marzo 2019 n. 1586

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