Civile

Natanti, per il passeggero risarcimento in linea con la circolazione stradale

Francesco Machina Grifeo

Nella nautica da diporto la responsabilità del conduttore per il trasporto «amichevole dei passeggeri» è retta dalla stesse regole fissate dal codice civile in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale (articolo 2054, comma 1 ). Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, sentenza 3 aprile 2015 n. 7436, affermando che in queste ipotesi l'articolo 414 del Codice della navigazione assume un carattere «residuale» e «resta riferibile alla sola navigazione mercantile».

La vicenda
- Durante una gita su una barca a noleggio, all'isola della Maddalena, il marito della ricorrente compiva una manovra brusca, probabilmente a causa del moto ondoso, provocandone la caduta all'interno dello scafo. Da qui la richiesta di risarcimento per «lesioni profonde della spalla» fatta direttamente alla compagnia di assicurazione della società di charter. L'articolo 141 del C.d.A., infatti, configura una azione speciale in favore del terzo trasportato danneggiato senza il coinvolgimento del vettore, visto che il risarcimento prescinde dalla sua responsabilità.

I precedenti
- Sul punto il tribunale richiama una recente pronuncia della Cassazione (n. 25902/2013) secondo cui «la disciplina del risarcimento del danno contenuta nell'art. 2054 c.c., richiamato espressamente dalla legge n. 50 del 1971, articolo 47 si estende anche alla navigazione da diporto con conseguente riduzione del campo di operatività dell'art. 414 C.N.». Si è infatti ritenuto che «la normativa sul diporto nautico e la relativa disciplina evidenziano caratteri meno speciali rispetto al diritto della navigazione, tali da avvicinarla - e non da allontanarla - al diritto comune». La conseguenza che se ne ricava è che «alcune norme di diritto comune, non applicabili con riferimento alla navigazione mercantile, lo divengono in relazione alla navigazione da diporto».

La motivazione
- In particolare, prosegue la sentenza, l'articolo 40, comma 1, del Dlgs n. 171/ 2005 (Codice della nautica da diporto) prevede che «la responsabilità civile verso i terzi derivante dalla circolazione delle unità da diporto, come definite dall'articolo 3, è regolata dall'art. 2054 c.c.». Ed il richiamo secco «implica una uniformità di interpretazione» con la materia della circolazione stradale, «essendo eguali, sia l'esigenza di garantire il risarcimento al danneggiato, sia il bene giuridico, di rilevanza costituzionale, da salvaguardare: quello cioè della tutela della salute e della integrità fisica». Non vi è, quindi, alcuna ragione per assegnare, nel diporto nautico, all'articolo 2054, comma 1 del codice civile un ambito applicativo diverso da quello che gli è stato riconosciuto nella circolazione stradale.

Su questa linea, continua il tribunale, «il microsistema giuridico dell'assicurazione obbligatoria, si è adeguato al macrosistema della responsabilità civile» per cui diventano applicabili «anche le disposizioni speciali contenute nel codice delle assicurazioni - segnatamente l'articolo 141 CdA - introdotto a seguito dell'intervento, in materia, della Direttiva Comunitaria 90 - 232CEE».

Le tabelle romane - Da qui l'accoglimento della domanda, e qui c'è un altro passaggio interessante, con la liquidazione del danno in base alle Tabelle del Tribunale di Roma, e non dunque di Milano, in quanto ritenute «più idonee a risolvere il caso concreto». Infatti, in ordine alla quantificazione degli aspetti c.d. “morali” del danno, l'ultima versione rivalutata al 2015, «contiene fasce di oscillazione parametrate al danno biologico che consentono una personalizzazione più puntuale, rispondendo maggiormente sia ai principi cardine delle “sentenze gemelle” del 2008 sia al richiamo all'equità ed all'uniformità della Cassazione 12408/2011».

Tribunale di Roma - Sezione 12 - Sentenza 3 aprile 2015 n. 7436

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