Civile

La unit linked è una polizza se ha il rischio demografico

di Angelo Busani

La buona notizia è che le polizze unit linked hanno natura assicurativa «anche ove sia prevalente la causa “finanziaria”»; la brutta notizia è che non sono qualificabili come prodotti assicurativi quelle polizze qualora manchi la «ricorrenza del “rischio demografico”»: quest'ultimo va valutato «con specifico riferimento all'ammontare del premio versato dal contraente, all'orizzonte temporale ed alla tipologia dell'investimento». È questa la decisione recata dalla sentenza n. 6319 del 5 marzo 2019 (pressoché priva di precedenti, se si eccettua la sentenza 6061/2012 e un inciso nella 10333/2018, si veda Il Sole 24 Ore del 6 maggio 2018) con la quale la Cassazione scende decisamente in campo per tracciare la linea di confine tra un prodotto assicurativo e uno meramente finanziario. Il caso all'attenzione del giudice di legittimità era quello di un cliente che ha domandato la nullità di una polizza (per asserita mancanza del rischio demografico) il cui premio - 1 milione di euro versati in unica soluzione - era stato investito nell'acquisto di quote di un fondo d'investimento, il cui valore si era dimezzato dopo pochi mesi a causa del noto “crack Madoff”. La polizza garantiva ai beneficiari la corresponsione (alla morte del contraente) di una somma di valore pari a quello delle quote dei fondi nei quali il premio era stato investito oltre a un capitale aggiuntivo pari allo 0,1% del controvalore delle quote, ma con un cap di 15mila euro. La Cassazione accoglie dunque il ricorso del cliente verso la sentenza d'appello che aveva proclamato la validità della polizza in questione, compiendo il seguente percorso argomentativo (anche sulla base della disciplina regolamentare in materia, recata dall'articolo 6 del Regolamento Isvap 29/1009 e dall'articolo 9 del Regolamento Isvap 32/2009):

le polizze “linked” sono prodotti assicurativi non in qualsiasi caso, ma solo qualora prevedano un effettivo «trasferimento del rischio dall'assicurato all'assicuratore» (per rischio intendendosi, nelle polizze caso-morte, la morte del contraente; o la sua esistenza in vita a una certa data, nelle polizze caso-vita);

sono prodotti effettivamente assicurativi le polizze «che operano la sostituzione della prestazione fissa dell'assicuratore con una variabile, agganciata a parametri di mercato» se però «mantengono comunque il rischio demografico»;

un prodotto assicurativo è tale se vi sia un rischio «assunto dall'assicuratore» e non quando si tratti di uno «strumento finanziario» il cui «rischio di “performance” sia per intero addossato all'assicurato».

In altre parole, per riuscire a discernere se si abbia un prodotto effettivamente assicurativo va valutata l'entità della prestazione dell'assicuratore per verificare se è effettivamente ascrivibile al rischio assicurativo (e cioè il rischio demografico, trattandosi di una polizza sulla vita): occorre pertanto che tale rischio sia contemplato nella polizza e se l'entità della prestazione garantita dall'assicuratore, a fronte del capitale versato, non sia «talmente irrisoria da vanificare completamente l'equilibrio delle prestazioni» (il premio versato dal contraente, da un lato; l'indennizzo dovuto dall'assicuratore, dall'altro).

Corte di cassazione - Sentenza 5 marzo 2019 n. 6319

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