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IL RIPARTO DEL CALORE SECONDO LA NORMA UNI 10200

La domanda

Dal 2009 abbiamo installato su ogni calorifero una valvola termostatica con il contatore di calore. La spesa totale viene calcolata al 30% in base ai millesimi e per il 70% in base al consumo contabilizzato da ogni singolo contatore, con l'abbattimento del 25% per l'ultimo piano e del 20% per il penultimo, avendo considerato una dispersione forfettaria di calore rispetto agli altri piani. Ora l'amministratore dice che per il Dlgs 4 luglio 2014 n. 102, articolo 9, comma 5, lettere b, c, d, ha l'obbligo di ripartire il costo in base a una tabella preparata da un termotecnico che dovrà tenere conto delle caratteristiche di ciascun appartamento. Non ho trovato tale obbligo da nessuna parte, ho solo letto che per la norma Uni 10200 vale l'effettivo consumo volontario, quindi quanto riportato dai contatori di calore senza l'obbligo di ulteriori tabelle. Vorrei un vostro parere.

Il Dlgs n. 102 del 4 luglio 2014, all’articolo 9, comma 5, lettera d), prevede espressamente che «la contabilizzazione dei consumi individuali e la suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento debba avvenire in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla Uni 10200 e successivi aggiornamenti». Inoltre, l’articolo 16, comma 8 del predetto decreto dispone che «la ripartizione della spesa effettuata in maniera difforme dai principi evidenziati dalla norma Uni 10200, è sanzionabile da 500 a 2500 euro».Poiché la norma Uni 10200 è decisamente tecnica e molto ampia, per la parte che ci interessa, si può proporre una panoramica schematica ed essenziale dei principali punti su cui è importante concentrare l’attenzione. La norma considera sia il riscaldamento che l’acqua calda sanitaria, e definisce quali siano i costi generali da ripartire: 1) combustibile (metano, teleriscaldamento, gasolio); 2) energia elettrica (per l’impianto di riscaldamento); 3) manutenzione ordinaria e conduzione impianto; 4) gestione del servizio di lettura e ripartizione; 5) manutenzione straordinaria, ammortamenti, ristrutturazione impianto. Inoltre, viene operata una fondamentale distinzione tra “energia utile” (che è quella in uscita dalla centrale termica), “consumo involontario” (che, invece, è il consumo fisso di energia dell’impianto (misurato in kWh), che comprende la dispersione della rete di distribuzione, sussistente in modo indipendente dall’utilizzo degli utenti) e il “consumo volontario” (che, infine, rappresenta il consumo legato alla volontà del singolo utente di prelevare calore dall’impianto tramite le valvole termostatiche e acqua calda dai rubinetti, e deve essere misurata anno per anno dalle apparecchiature di contabilizzazione).È bene precisare che la quota di “consumo involontario” deve essere ripartita tra le varie unità immobiliari in base ad un criterio di uso potenziale dell’impianto, ovvero in base alla capacità potenziale di assorbire calore. Tale quota, misurata in kWh, rimane fissa per tutti gli anni e il suo peso percentuale, rispetto al consumo totale, varia tutti gli anni, e può essere: 1) calcolata dal progettista, esprimendo una quantità di energia misurata in kWh annui che sarà costante e non più espressa in percentuale. Infatti, la quota di consumi involontari è una quantità di energia fissa, determinata dal progettista, il cui valore di incidenza percentuale sul totale varia di anno in anno a seconda di quanto il condominio ha consumato; 2) ripartita in base alla potenziale capacità di consumare, rappresentata dal fabbisogno di energia delle diverse unità immobiliari.La norma tecnica Uni 10200 prevede che la divisione delle spese sia direttamente proporzionale ai consumi dei singoli, pertanto non sono ammessi eventuali “coefficienti correttivi” - considerati ormai non conformi alla legge – che, ad esempio, prendano in considerazione l’esposizione, il piano, le dispersioni, che in precedenza diminuivano le differenze tra alloggi più e meno sfavoriti.Sicché, la redazione di un progetto che fornisca una diagnosi energetica dell’edificio condominiale è obbligatoria in quanto, tra le altre cose, consente anche di redigere una nuova e apposita tabella millesimale, detta “di fabbisogno”, per mezzo della quale, insieme ai dati rilevati dai misuratori, sarà possibile ripartire correttamente i consumi così come normativamente previsti.In definitiva, la norma richiede un calcolo delle prestazioni energetiche dell’edificio, ad opera di un professionista abilitato che, riassumendo, dovrà quindi definire: 1) la quantità di energia utile in uscita dalla centrale termica; 2) il consumo involontario per dispersioni di rete distribuzione; 3) il fabbisogno di energia di ogni unità abitativa (e relativi millesimi); 4) l’energia emessa dalle tubazioni a vista; 5) le potenze termiche installate; 6) il prospetto previsionale di spesa e consumo.Da quanto ricordato solo un progettista qualificato potrà determinare, in perfetta aderenza ai disposti della norma Uni 10200, come debbano essere suddivise le spese tra i condomini. È il caso di ricordare che la suddivisione delle spese secondo la norma Uni sopra citata è diventata, ai sensi del Dlgs 102/2014, un obbligo di legge. Quindi “progettare” non è solo un obbligo di legge, ma una garanzia a tutela di tutti i condomini. Pertanto, quanto comunicato dall’amministratore di condominio risponde ai dettami dell’attuale normativa in materia.

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