Professione e Mercato

Geopolitica e centralità della UE carbon tax

di Emanuele Salamone*

Tre grandi potenze mondiali, USA, EU e Cina si sono trovate d'accordo per contrastare il surriscaldamento globale e immaginare una transizione climatica più ecologica. E' dell'economista statunitense, premio Nobel, William Nordhaus, docente alla Yale University, l'idea di creare un club tra grandi potenze che possa gestire e coordinare le problematiche sui diversi temi tra i quali emissioni e tariffe.

Le norme dell'organizzazione mondiale del commercio (OMC) consentono di uniformare le tasse sull'emissione del carbonio della merce importata: chiaramente così strutturata una tassa del genere, imposta ai Paesi di cui sopra, potrebbe produrre dei blocchi economici e catalizzare una forte azione per il clima.

Il Leakage Protection Report offre un'analisi completa e statistiche accurate sulla capacità di produzione, prezzi, fatturati, ricavi ecc. dei vari players mondiali negli ultimi anni.

I recenti sviluppi e le proiezioni sono particolarmente interessanti. Secondo le stime, nei prossimi cinque anni il mercato Earth Leakage Protection registrerà un CAGR - Compound Annual Growth Rate (ovvero il tasso di rendimento, supponendo che i profitti siano reinvestiti) del 4,7 %% in termini di entrate, la dimensione del mercato globale raggiungerà $ 3602 milioni entro il 2025, da $ 3001,2 milioni nel 2019.

In particolare, il rapporto presenta la quota di mercato globale (vendite e ricavi) delle aziende chiave nel settore della protezione per tipo di prodotto, applicazione, produttori chiave e regioni e Paesi chiave.

Inoltre analizza in particolare l'impatto dell'epidemia di Covid-19 approfondendo l'analisi della catena di approvvigionamento, la valutazione dell'impatto sul tasso di crescita delle dimensioni del mercato in diversi scenari e le misure che devono essere intraprese in risposta all'epidemia di COVID-19.In questo contesto di interessi comuni per la salvaguardia del clima, l'UE vorrebbe affrancarsi dalle emissioni entro il 2050 e si è impegnata a inasprire il sistema di tariffazione del carbonio, a potenziare le normative sull'ambiente e a rendere più netti i confini con paesi che non rispettano le nuove regole, questo, secondo quanto immaginato, dovrebbe scoraggiare diverse aziende i cui Paesi hanno regole lassiste o poco chiare a geo-localizzare la loro produzione in altri Paesi (fenomeno conosciuto col nome di leakage).

Anche l'America di Biden si è impegnata nel processo di salvaguardia climatica, indirizzando cospicui investimenti su progetti verdi e transizione ecologica, che la stessa amministrazione appoggia, sostenendo di voler rafforzare le normative per promuovere un processo di decarbonizzazione. Inoltre il presidente cinese Xi Jinping si è detto a favore della decarbonizzazione entro il 2060, impegnandosi fin da subito con delle misure già contemplate nel quattordicesimo piano quinquennale del Paese.

L'unione d'intenti di queste potenze dovrebbe produrre certamente dei vantaggi geo-politici, si pensi alle relazioni tra Usa e Cina che attraverso la cooperazione sui cambiamenti climatici potrebbero instaurare un asse di confronto anche su temi differenti come i diritti umani, la proprietà intellettuale e la tecnologia. Di converso la Cina potrebbe vedersi ridurre i costi aggiuntivi sulle esportazioni.

D'altra parte anche l'Europa, sostenendo la politica americana, ne trarrebbe benefici anche sugli aggiustamenti dei processi di revisione sui temi del carbonio.

Le posizioni di Stati Uniti, UE e Cina, che rappresentano il 61% del prodotto interno globale e il 43% delle importazioni di beni, rappresentano un potente incentivo perché altri Stati possano aderire al progetto: l'accordo commerciale tra UK e UE contempla gli stessi impegni sulla riduzione delle emissioni e le sue tariffazioni.

Il Canada sarebbe interessato ad aderire perché principale esportatore di merci ad alta intensità di emissioni negli Stati Uniti. Da questo si spera si inneschi un virtuosismo inversamente proporzionale tra la riduzione delle emissioni ed il costo delle stesse.

Una considerazione va fatta sulle fonti alternative, l'eolico ed il solare: oltre ad essere più economici per produzione di energia elettrica, potrebbero velocemente diventare le principali fonti entro il 2025.

Negli ultimi dieci anni il prezzo dell'elettricità dall'eolico è diminuito del 70% e i costi del solare fotovoltaico sono crollati del 90%.

I Paesi dovranno compiere degli step decisivi per aderire allo stesso progetto, in primo luogo rafforzare ed allineare gli obiettivi nazionali garantendo ad ogni economia la propria autonomia di approccio interno, che ciò riguardi la carbon tax piuttosto che le quote di emissione o di regolamentazioni ambientali.

Contemporaneamente ciascuno dei Paesi dovrebbe assumersi degli impegni a breve termine che contribuiscano attivamente alla causa comune.

Ad esempio, gli Stati Uniti e la Cina dovrebbero raggiungere gli obiettivi più rigorosi fissati dall'UE in vista dei negoziati alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici entro la fine dell'anno.

L'UE ha annunciato a dicembre che avrebbe aumentato il suo obiettivo per il 2030 di ridurre le emissioni al 55% dei livelli del 1990, anziché al 40%. A tal proposito ha già iniziato ad adeguare la sua legislazione. Merita una riflessione il differente approccio che ogni Stato deve adottare per efficientare la propria strategia sul processo di decarbonizzazione.

Alcuni modelli potrebbero essere vantaggiosi per alcune economie magari favorendo la produzione di energie rinnovabili, altri invece trarrebbero più vantaggi diminuendo le importazioni ad alte emissioni: unitamente a questo va ricordato che questi modelli devono poi calarsi all'interno di un ecosistema legislativo e politico molto differente tra i vari Stati.

L'incontro sul clima di questo mese di aprile tra gli Stati Uniti e l'UE potrebbe già essere il kick off per definire un piano dettagliato e dare il via agli accordi trilaterali con la Cina.

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*Esperto di advocacy e public & government affairs

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