Penale

Equilibrio difficile fra prevenzione e libertà economica

di Paola Maria Zerman

L’efficace contrasto al fenomeno mafioso sempre più pervasivo nel tessuto imprenditoriale ed economico, impone l’obbligo di elaborare strumenti idonei di contenimento delle attività contigue alle associazioni criminali, nella costante ricerca di un punto di equilibrio con il rispetto della libertà di iniziativa economica privata garantita dall’articolo 41 della Costituzione.

La documentazione antimafia rilasciata dal Prefetto nella forma della comunicazione o dell’informazione, costituisce lo strumento cardine attraverso il quale viene garantito il controllo, da parte dello Stato, su eventuali tentativi di infiltrazioni mafiose nelle imprese che intendano stipulare un contratto di appalto di lavori o servizi pubblici con la Pa. L’articolo 83 comma 1 del Dlgs 159/2011 (il Codice antimafia) la prevede «prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici) o prima di rilasciare i provvedimenti quali licenze, autorizzazioni e altri atti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo, per lo svolgimento di attività imprenditoriali».

Le attività nel mirino
Particolare attenzione è prestata ad attività che, storicamente, sono esposte a maggiori pericoli di infiltrazioni mafiose: quali l’estrazione e trasporto di terra; servizi funerari e cimiteriali, ristorazione, gestione delle mense e catering. In tali casi (articolo 1, comma 52, legge 190/2012) la documentazione antimafia liberatoria, anche per importi inferiori alle soglie stabilite dal Codice antimafia, deve essere obbligatoriamente acquisita attraverso la consultazione di un apposito elenco presso la Prefettura competente, di fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (le cosiddette white list).

Ove, a seguito degli accertamenti disposti dal Prefetto anche con l’ausilio della Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia emergano situazione relative a «tentativi di infiltrazione mafiosa» (articolo 84 ) lo stesso adotta un’”informazione antimafia interdittiva”,con la conseguente incapacità giuridica a contrarre con la Pa (adunanza plenaria del Consiglio di Stato 3/2018) nel caso contrario, invece, sarà liberatoria per l’interessato.

La finalità di anticipazione della tutela del sostrato economico-sociale, propria dell’interdittiva antimafia, svincola la potestà prefettizia dalle logiche penalistiche di accertamento “oltre ogni ragionevole dubbio”, dovendosi valutare il pericolo di inquinamento mafioso dell’impresa, sulla base del giudizio prognostico di natura discrezionale del “più probabile che non”.

Le prove del legame
Il pericolo di infiltrazione mafiosa deve ancorarsi ad elementi di fatto specifici e condotte sintomatiche, che la stessa giurisprudenza amministrativa (si veda, da ultimo, la sentenza del Consiglio di Stato del 25 agosto 2020 n. 5196) ha via via enucleato, come ad esempio: i rapporti di parentela, nel caso in cui assumano un’ intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi, i contatti o i rapporti di frequentazione, colleganza, amicizia, con soggetti appartenenti all’ambiente criminale mafioso, le vicende anomale nella gestione dell’impresa. Con la precisazione, tuttavia, che non si tratta di un elenco esaustivo, in modo da consentire all’ordinamento di adattarsi alle mutevoli forme di infiltrazione mafiosa.

L’articolo 89-bis del Codice antimafia ha esteso al settore delle autorizzazioni gli effetti dell’informazione antimafia, ampliando l’ambito di rilevanza del tentativo di infiltrazione mafiosa. Norma ritenuta legittima dalla Corte costituzionale, con la recente pronuncia n. 57 del 2020, che affermato la costituzionalità dell’interdittiva anche quando incida su attività d’impresa di natura esclusivamente privata, trattandosi di misura giustificata dall’estrema pericolosità del fenomeno mafioso, in grado di compromettere la concorrenza, la dignità e la libertà umana.

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