Amministrativo

Estetisti aperti in zona rossa: discriminatorio lo stop del 2020

Lo ha deciso il tar Lazio con la sentenza 16 febbraio 2021 n. 1862

di Annarita D’Ambrosio

Dpcm da riscrivere quello in vigore dal 14 gennaio valido fino al 5 marzo, nella parte in cui esclude gli «estetisti» dai «servizi alla persona» erogabili in zona rossa. La vittoria di Confestetica, che ora apre la porta a possibili azioni da parte dei singoli, è arrivata nel pomeriggio del 16 febbraio con la pronuncia del Tar del Lazio n . 1862/2021. Battaglia cominciata il 3 novembre 2020 quando il Dpcm che aveva suddiviso l’Italia in zone con diversi colori e fasce di rischio aveva chiuso in zona rossa i centri estetici ma non i parrucchieri.

Previsione contenuta nell’allegato 24 del testo entrato in vigore il 4 novembre e contro il quale Confestetica, che rappresenta 21mila dei 35mila centri estetici italiani, aveva presentato un’istanza di accesso agli atti in base all’articolo 22 e seguenti della legge 241/1990.

Vicenda approdata sino al Tar Lazio dove Confestetica agiva contro la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Salute ritenendo incongruente e discriminatoria la differenziazione.

Questo perché le linee guida del 13 marzo 2020 predisposte dall’Inail, insieme al Comitato tecnico scientifico (Cts) e all’Istituto superiore di sanità (Iss), per la riapertura di estetisti e parrucchieri prevedevano protocolli uguali per le due categorie. Non solo. A pesare anche il fatto che il codice Ateco dei servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere e dei servizi dei centri estetici è il medesimo per classe e categoria (96.02) e sono coincidenti anche alcuni servizi, come previsto dalla legge 174 del 17 agosto 2005, articolo 2, comma 1 secondo il quale i parrucchieri possono svolgere manicure e pedicure estetico.

Per la difesa erariale in toto le due attività lavorative non sono del tutto sovrapponibili, di qui le previsioni diverse.

Il Tar non negando questo aspetto scrive però che «esiste un segmento di attività comune» di cui non si è tenuto conto giungendo alla conclusione che «qualora l’intento sotteso alla chiusura fosse stato quello di inibire le più ampie prestazioni degli estetisti che si rivolgono anche alla cura del corpo, si sarebbero potuti mantenere aperti i centri, al più, limitando le prestazioni erogabili alle stesse consentite presso i parrucchieri».

La disposizione impugnata perciò risulta, conclude il Tar, intrinsecamente contraddittoria laddove, all’interno dello stesso provvedimento, i «servizi alla persona» vengono identificati come quelli erogati da «acconciatori, estetisti e tatuatori», tranne che nell’allegato 24.

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