Civile

L'ammissibilità della costituzione di parte civile nel processo a carico degli enti: la decisione del Tribunale di Lecce

Con l'ordinanza del 29 gennaio 2021 del Tribunale di Lecce relativa al c.d. Processo Tap, si apre nuovamente il dibattito circa la possibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell'ente imputato ai sensi del D.Lgs. 231/2001

di Josephine Romano, Cecilia Pontiggia e Sonia Belloli*


Con l'ordinanza del 29 gennaio 2021 del Tribunale di Lecce relativa al c.d. Processo Tap, si apre nuovamente il dibattito circa la possibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell'ente imputato ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

La questione è da tempo dibattuta e nasce dall'assenza nel Decreto 231 di un espresso riferimento all'istituto in questione: infatti, già poco tempo dopo l'entrata in vigore del Decreto, dottrina e giurisprudenza si sono interrogate sulla possibilità che le persone offese e vittime del reato possano avanzare pretese risarcitorie direttamente nei confronti delle persone giuridiche, nel cui interesse o vantaggio è stato commesso il reato presupposto.

Alla luce di tale dibattito, prima di esaminare l'ordinanza emessa dal Tribunale di Lecce, appare opportuno richiamare brevemente l'orizzonte delle opinioni formatesi sull'argomento.

Dottrina e giurisprudenza maggioritaria sembrano contrarie ad ammettere la costituzione di parte civile nel procedimento a carico dell'ente, ritenendo che quest'ultimo possa essere convenuto esclusivamente in qualità di responsabile civile nel processo penale a carico della persona fisica imputata.

Nello specifico, viene evidenziato come l'illecito dell'ente non si identifichi con il reato contestato all'autore: la persona giuridica risponde in via autonoma a titolo di responsabilità amministrativa (e non direttamente per il reato presupposto) e non potrebbe pertanto trovare applicazione la disciplina dell'art. 185 c.p. che prevede la risarcibilità dei soli "danni derivanti da reato".

Per di più, i sostenitori di questa tesi evidenziano l'inutilità pratica dell'istituto in esame in quanto l'illecito attribuito alla società non pare produttivo di danni diretti e immediati diversi da quelli generati dal reato presupposto.

Infine, si sottolinea che il D.Lgs. 231/2001 non solo non ha previsto alcuna disciplina specifica, ma nemmeno ha menzionato la parte civile tra i soggetti processuali, eliminando nelle norme speciali elaborate in materia di indagini preliminari, udienza preliminare, procedimenti speciali e sentenza qualsiasi riferimento alla persona offesa o alla parte civile.

A questo orientamento si contrappone la tesi ( n.2) dell'ammissibilità dell'istituto in esame : posto che la costituzione di parte civile altro non è che l'esperimento o il trasferimento nel processo penale di una pretesa civilistica ex art. 2043 c.c. nascente da un illecito, si deve ritenere che tale pretesa civilistica possa essere trasferita anche nel processo 231 a carico degli enti .(n. 3)

Ed è proprio a quest'ultima teoria che aderisce l'ordinanza in esame, condividendo le argomentazioni dell'ordinanza del 7 maggio 2019 del Tribunale di Trani.

Secondo il Tribunale di Lecce, infatti, l'istituto della costituzione di parte civile, pur non previsto dal D.Lgs. 231/2001, può trovare spazio nel processo a carico dell'ente in forza degli artt. 34 e 35 del D.Lgs. 231/2001, che, come noto, estendono alle società le norme del codice di procedura penale e la disciplina dettata per l'imputato, se compatibili.

In particolare, l'assenza di una specifica disposizione in tal senso non deve indurre a ritenere inapplicabile l'istituto perché, da un punto di vista letterale, "quando il legislatore ha inteso discostarsi dalle disposizioni del codice di rito, lo ha espressamente affermato, mentre nessuna norma del decreto 231 vieta espressamente la costituzione di parte civile nei confronti dell'ente". Inoltre, dal punto di vista storico - interpretativo "nessun argomento si può trarre in proposito dalla relazione illustrativa del D.Lgs. 231/2001, che non contiene alcuna indicazione relativa alla inammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell'ente", né dalla lettura sistematica della disciplina si rivengono ostacoli a una sua interpretazione estensiva.

Non vengono ritenuti decisivi nemmeno i riferimenti, portati dal ricorrente, alla decisione C-79/11 del 12 luglio 2012 della Corte di Giustizia UE e alla sentenza n. 218 del 18 luglio 2014 della Corte Costituzionale, in quanto da un lato, la pronuncia della Corte di Giustizia non esclude che la vittima dell'illecito commesso dall'ente "possa vantare nei suoi confronti una pretesa risarcitoria nell'ambito del processo penale a carico dell'ente, dinanzi al giudice competente, ex art. 36 D. Lgs. 231/2001", dall'altro la pronuncia della Consulta "rappresentando una mera pronuncia di inammissibilità, […] non preclude di ricostruire un sistema di responsabilità dell'ente che ammetta la costituzione di parte civile".

Sebbene, quindi, l'orientamento dominante in giurisprudenza tenda a escludere la possibilità per le vittime del reato commesso dall'ente di costituirsi parte civile nel processo istituito ai sensi del D.Lgs. 231/2001, il Tribunale di Lecce, prendendo le distanze dalle autorevoli prese di posizione della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, riapre lo storico dibattito che potrebbe suscitare nuovi spunti destinati, nel tempo, a entrare anche nelle aule di giustizia.

*a cura di Josephine Romano, Partner Deloitte Legal, Cecilia Pontiggia, Avvocato Deloitte Legal e Sonia Belloli, Avvocato Deloitte Legal

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