Civile

Il titolo che diventa inefficace non ferma l’iter dell’esecuzione

La procedura prosegue se sono intervenuti altri creditori «legittimi»

di Antonino Porracciolo

L’inefficacia sopravvenuta del titolo esecutivo del creditore procedente non blocca l’iter procedurale se nel corso dell’esecuzione sono intervenuti altri creditori anch’essi in possesso di un titolo. Lo ricorda il Tribunale di Napoli (presidente e relatore Cataldi) in un’ordinanza del 13 agosto.
La controversia scaturisce da un’azione esecutiva, nel corso della quale erano intervenuti due creditori ipotecari. La Srl esecutata aveva presentato opposizione all’esecuzione (articolo 615 del Codice di procedura civile), eccependo la nullità del titolo esecutivo della Spa procedente e chiedendo quindi la sospensione dell’esecuzione in attesa della decisione di merito (articolo 624 dello stesso Codice). Istanza, questa, respinta dal giudice dell’esecuzione, sul rilievo che l’intervento degli altri creditori muniti di titolo esecutivo era comunque idoneo a consentire la prosecuzione del processo, a prescindere dall’eventuale invalidità del titolo del primo creditore.
La Srl ha quindi presentato il reclamo previsto dall’articolo 669-terdecies del Codice di rito civile, deducendo che il principio applicato nell’ordinanza impugnata, affermato dalla Cassazione nella sentenza 61/2014, non si riferiva ai casi di invalidità originaria del pignoramento; secondo la Srl, infatti, in quelle ipotesi il titolo esecutivo viene meno retroattivamente, sicché per un certo periodo l’esecuzione forzata si svolge senza titolo, e dunque in violazione dell’articolo 474 del Codice di procedura.
Nel decidere il reclamo, il collegio osserva che la Cassazione distingue il caso di «titolo esecutivo giudiziale (...) inficiato da un vizio genetico che lo renda inesistente» sin dall’inizio della procedura, dalla diversa ipotesi in cui il titolo «“venga meno” in ragione delle vicende del processo nel quale si è formato, cioè sia caducato per fatto sopravvenuto». In questa seconda eventualità, infatti, opera il «principio di “conservazione” del processo esecutivo in cui siano presenti creditori titolati», sicché «non rileva - né occorre verificare, in sede esecutiva e/o oppositiva - se il titolo esecutivo di formazione giudiziale sia venuto meno con efficacia» retroattiva.
Dunque, ciò che conta - proseguono i giudici campani - non è il momento della perdita di efficacia del titolo, bensì l’esistenza, al momento dell’intervento dei creditori titolati, di un titolo astrattamente idoneo a giustificare la procedura esecutiva. E ciò nell’ottica anche «di una doverosa tutela dell’affidamento del creditore intervenuto», sul quale non si può far «gravare l’onere (diabolico) di una previsione» di possibili future opposizioni e del loro esito.
Nel caso in esame, la procedura esecutiva è stata promossa in base a due titoli esecutivi teoricamente idonei a fondare l’esecuzione; e poiché altri creditori titolati hanno «chiaramente palesato la loro intenzione di procedere nell’attività liquidatoria», comunque l’eventuale annullamento di quei titoli non fermerebbe l’azione esecutiva.
Così il tribunale ha respinto il reclamo, condannando la Srl al pagamento delle spese della fase.

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