Rassegne di Giurisprudenza

Validità del patto di non concorrenza e requisiti del corrispettivo

a cura della Redazione Diritto

Patto di non concorrenza - Pattuizione del corrispettivo - Requisiti - Determinatezza o determinabilità - Necessità - Manifesta iniquità o sproporzione - Nullità del patto - Configurabilità.
Al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza, in riferimento al corrispettivo dovuto, si richiede, innanzitutto, che, in quanto elemento distinto dalla retribuzione, lo stesso possieda i requisiti previsti in generale per l'oggetto della prestazione dall'articolo 1346 c.c.; se determinato o determinabile, va verificato, ai sensi dell'articolo 2125 c.c., che il compenso pattuito non sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato, conseguendo comunque la nullità dell'intero patto all'eventuale sproporzione economica del regolamento negoziale.
• Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 11 novembre 2022, n. 33424

Patto di non concorrenza - Legittimità - Oggetto esteso - Esclusione - Territorio e corrispettivo determinati - Sussistenza.
È legittimo il patto di non concorrenza con il quale la Banca inibisca per tre anni al Gestore Private - a fronte di un compenso annuale pari a 10.000 euro da corrispondersi in corso di rapporto in due rate semestrali senza minimo garantito - lo svolgimento di tutte le attività direttamente o indirettamente riconducibili a quelle attribuite o svolte presso la Banca in una regione determinata o in una diversa assegnata al dipendente al momento della cessazione del rapporto. Un siffatto patto è conforme ai limiti del dettato normativo di cui
al 2125 cod. civ. nella misura in cui: - rispetto all'oggetto, la suddetta formulazione non è tale da comprimere l'esplicazione della concreta professionalità del lavoratore con compromissione di ogni sua potenzialità reddituale, sostanziandosi nell'impossibilità di svolgere le attività connesse alla gestione dei portafogli finanziari; - rispetto al limite territoriale, la suddetta formulazione è da ritenersi sufficientemente determinata; - rispetto al corrispettivo, deve ritenersi determinato e congruo.
• Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 28 aprile 2022, n. 13357

Lavoro - Lavoro subordinato (nozione, differenze dall'appalto e dal rapporto di lavoro autonomo, distinzioni) - Diritti ed obblighi del datore e del prestatore di lavoro - Obbligo di fedeltà - Divieto di concorrenza - Patto di non concorrenza disciplina limitatrice - Criteri - Fattispecie.
Al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza previsto dall'art. 2125 c.c., occorre osservare i seguenti criteri: a) il patto non deve necessariamente limitarsi alle mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto, ma può riguardare qualsiasi prestazione lavorativa che possa competere con le attività economiche svolte dal datore di lavoro, da identificarsi in relazione a ciascun mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergano domande e offerte di beni o servizi identici o comunque parimenti idonei a soddisfare le esigenze della clientela del medesimo mercato; b) non deve essere di ampiezza tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in termini che ne compromettano ogni potenzialità reddituale; c) quanto al corrispettivo dovuto, il patto non deve prevedere compensi simbolici o manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto valido il patto con il quale il dipendente di un istituto di credito, assunto come "private banker", si era impegnato a non operare per un periodo di tre anni nel solo settore del "private banking", limitatamente ai prodotti già trattati con la clientela dell'istituto stesso, nell'ambito di una sola regione e dietro un corrispettivo di euro 7.500,00 annui, regolarmente versati per tutta la durata del rapporto di lavoro).
• Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 26 maggio 2020, n. 9790

Obblighi del lavoratore - Divieto di concorrenza - Patto di non concorrenza - Compenso manifestamente iniquo - Nullità patto - Sussiste.
Con riguardo alla congruità del corrispettivo dovuto in caso di patto di non concorrenza - salva sempre la possibilità per il prestatore di lavoro, le norme di cui agli art. 1448 applicabili 1467 cod. civ. - l'espressa previsione di nullità, contenuta nell'art. 2125 cod. civ., va riferita alla pattuizione non solo di compensi simbolici, ma anche di compensi manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue possibilità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiestogli rappresenta per il datore di lavoro, come dal suo ipotetico valore di mercato. (Nella specie, il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva accertato l'esistenza di un compenso di un certo rilievo -duecentomila lire ogni quattro settimane più una maggiorazione non modesta delle provvigioni - e quindi aveva ritenuto valido il patto).
• Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 14 maggio 1998, n. 4891