Civile

Derivati, contratto nullo in mancanza della formula MtM

Nota a Tribunale Milano, Sez. VI Civ, Sentenza 3 febbraio 2022, n. 918

di Francesco Namio

Il Tribunale di Milano, con sentenza pubblicata il 3.2.2022 , ha dichiarato la nullità per indeterminatezza dell'oggetto, derivante dal difetto di esplicitazione della formula di calcolo del Mark to Market (MtM), di ben dodici contratti in derivati, stipulati tra una società campana e un istituto di credito, coevamente condannando quest'ultimo al pagamento di una corposa somma, pari alla differenza tra i flussi negativi e i flussi positivi, la cui determinazione non era peraltro stata contestata dalla convenuta nel corso del giudizio.

La pronuncia in commento si inserisce nel solco, di recente, tracciato dalla Corte di Cassazione sia con la celebre sentenza n°8770/2020 , resa a Sezioni Unite (secondo cui, "è difficile accogliere l'idea che un'operazione di interest rate swap, destinata a regolare una pluralità di rapporti per molti anni, muovendo ingentissimi capitali su importanti mercati internazionali, sia da considerare come una qualsiasi lotteria, apparendo palese come lo swap abbia ben poco in comune con lo schema della scommessa di cui agli artt. da 1933 a 1935 c.c., della natura contrattuale della quale vi è pure stata discussione in dottrina") che con la sentenza n°21830/2021 (per la quale, la mancata indicazione in contratto del MtM e, soprattutto, dei cd. "scenari probabilistici" non cagiona una "semplice violazione di obblighi informativi [come tale idonea a determinare solo eventuali responsabilità risarcitorie. Cfr. Cass., SU, n. 26724 del 2007; Cass. n. 8462 del 2014], ma di una carenza che - tenuto conto delle descritte peculiarità caratterizzanti la causa e l'oggetto dello strumento in esame, nonché delle innegabili interazioni tra essi configurabili - investe proprio l'essenza (di una parte) dell'accordo, vale a dire del contratto medesimo [quest'ultimo consistendo, appunto, in un "accordo". Cfr. art. 1321 c.c. e art. 1325 c.c., n. 1], così da cagionarne la nullità (il dovere di informazione, invece, è fuori del contratto ed è oggetto di mera obbligazione di una delle parti, sanzionata, come si è già detto, con la responsabilità per i danni, e non con la nullità)".

Definizione di MTM

Il Tribunale meneghino - premesso che i derivati per i quali è causa costituiscono degli strumenti "over the counter" (OTC), ossia trattati al di fuori del mercato - afferma che il valore del derivato è dato in questo caso dal MtM, inteso come la sommatoria attualizzata dei differenziali futuri attesi sulla base delle condizioni dell'indice di riferimento al momento della sua quantificazione.

Ciò comporta che la detta valutazione deve necessariamente essere sviluppata attraverso un procedimento matematico che espliciti una determinata formula, poi applicata al rapporto, che la distingua dalle plurime formule matematiche che è possibile ricavare, data la complessità della valutazione.

Contenuto del contratto

Il Tribunale di Milano, inoltre, afferma che nonostante le prestazioni inerenti ai flussi finanziari derivanti dai contratti derivati (e la loro somma algebrica) costituiscano l'oggetto per così dire tangibile del contratto, nessuno però perverrebbe a stipulare un derivato individuando sic et simpliciter i parametri finanziari di riferimento e gli altri elementi (durata, commissioni), perché, in questo caso, il derivato integrerebbe una mera scommessa del tutto priva di razionalità in quanto sganciata da qualsivoglia prospettiva.
Pertanto, l'astratta previsione dell'andamento del mercato, sintetizzata nel MtM, determina il contenuto del contratto.Prova ne sia che, in assenza della detta formula, al momento della stipula, ossia quando il contratto non è ancora eseguito, il prezzo da pagare all'intermediario sarebbe del tutto insuscettibile di essere comparato con la controprestazione e quindi valutato.Invece, è evidente che tale prezzo viene basato proprio sull'andamento ipotizzabile del rapporto (i.e. dei singoli flussi), posto che nessuno sarebbe disposto a pagare per stipulare un derivato in base al quale appare destinato a uscire perdente.

Nel caso di contratti in derivati, è evidente che pagare un prezzo per un programma di future prestazioni ha senso solo se questo programma ha in sé un valore, per così dire a priori, che si deve ipotizzare in relazione con il prezzo pagato; valore "in sé" perché origina direttamente dal contratto, e non da un bene esterno al contratto medesimo (circostanza questa che connota la tipologia contrattuale in esame così da qualificarla come "scommessa").

Ritiene, di conseguenza, il giudice meneghino che se il contratto deve avere una razionalità, l'oggetto dello stesso non può prescindere dalla formula del MtM se non addirittura dalla sua esplicitazione al momento della stipula.

Rilievo giuridico del valore potenziale del derivato, desumibile dal MtM

Tra le argomentazioni su cui si fonda la decisione in esame, di particolare interesse è altresì il richiamo fatto dal Tribunale di Milano all'art. 2426 c.c. ("Criteri di valutazione"), dettato in tema di bilancio delle società di capitali.

Ebbene, il giudicante - dopo avere passato in rassegna le disposizioni normative di cui all'art. 2426 comma 6° c.c. sulla determinazione del "fair value" (ossia, il valore o prezzo equo), all'art. 76 l.f. ("Contratto di borsa o a termine"), all'art. 203 TUF ("Contratti a termine") e al D.Lgs. n°170/2004 (emanato, in attuazione della direttiva 2002/47/CE, in materia di contratti di garanzia finanziaria) - conclude affermando che è proprio l'assenza di formule specifiche nonché di un mercato di riferimento dei derivati OTC, che inducono a ritenere necessaria l'indicazione di un criterio di calcolo al quale le parti siano vincolate per valutare univocamente il contratto derivato.

In questo contesto, quindi, il criterio di determinazione del MtM non potrà che condurre a valutazioni attendibili, richiedendo la predisposizione di una clausola di determinazione del valore del derivato, che possa dare un "risultato attendibile", in linea con quanto richiesto dall'art. 2426 ultimo comma c.c., a mente del quale "il fair value non è determinato se l'applicazione dei criteri indicati al quarto comma non dà un risultato attendibile".

Necessità della forma scritta del MtM

Il giudice ambrosiano, pertanto, rilevato che la formula di calcolo del MtM serve a differenziare il contratto in esame da un contratto di scommessa puramente aleatoria, afferma che anche tale elemento deve rivestire la forma scritta.
Diversamente opinando, a detta del giudicante, saremmo al cospetto di uno strumento finanziario non suscettibile di valutazione se non a posteriori.

Del resto, la diffusione sul mercato finanziario del tipo di accordo in esame postula quantomeno, ai fini di una sua valutazione di meritevolezza, la possibilità di attribuirgli un valore in ogni momento, di modo da consentirne una corretta rappresentazione economica (v. a tal proposito, l'art. 2427 bis c.c. "Informazioni relative al fair value degli strumenti finanziari").

Essenziale alla meritevolezza del contratto in esame è non solo la presenza di un prezzo (i.e. le prestazioni/scambio di flussi) ma anche l'indicazione del (metodo di calcolo del suo) valore.

Declaratoria di nullità del contratto

Da quanto sopra, consegue che, in difetto di esplicitazione della formula di calcolo del MtM, il contratto è nullo per indeterminatezza dell'oggetto.

Non appartenendo ai tipi contrattuali aventi una disciplina particolare, la formula deve essere esplicitata, posto che, in difetto, non è possibile valutare se il contratto sia meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico ai sensi dell'art. 1322 c.c.
L'oggetto non è infatti determinato, né determinabile, non essendone esplicitati gli elementi e le modalità del relativo calcolo.

Inapplicabilità degli artt. 1227 comma 2° e 1338 c.c.

La sentenza qui in commento, infine, rigetta l'istanza formulata dalla banca convenuta, che aveva richiesto l'applicazione dell'art. 1227 comma 2° c.c. ("Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza") e dell'art. 1338 c.c. ("La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa d'invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto") al fine di ridurre il quantum del richiesto risarcimento.

Per quanto riguarda l'art. 1338 c.c., il Tribunale di Milano osserva che, nel corso del giudizio, non era stata data prova né della conoscenza della causa d'invalidità né del fatto che parte attrice doveva conoscerla. Viene, anzi, sottolineato che quest'ultima circostanza s'impone a maggior ragione nei confronti dell'istituto di credito che deve agire con la diligenza professionale richiesta al bonus argentarius.Non viene ritenuto neppure applicabile l'art. 1227 c.c., trattandosi di norma inerente al risarcimento dei danni, laddove, nel caso di specie, la tutela che viene in rilievo è di natura restitutoria.

Tipo di procedimento e tempi per la definizione del giudizio

Degno di nota è, infine, il fatto che il procedimento in esame, originariamente incardinato col rito sommario di cognizione poi mutato in giudizio a cognizione piena, nonostante la complessità della vicenda e le articolate domande delle parti, è stato definito dal Tribunale di Milano (nella persona del GU, dott. Tranquillo) in soli nove mesi.

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