Professione e Mercato

I vantaggi giuridici del co- branding

Le tipologie di co-branding possono essere molto diverse, così come possono essere diversi gli "obiettivi comuni" che le parti si prefiggono e, conseguentemente, anche i relativi accordi sottostanti

di Claudio Maria Furlani *

Il tema del co-branding è di estrema attualità. Sono infatti sempre più numerosi i brands che optano per questo "accordo tra imprese che prevede l'utilizzo congiunto dei loro marchi allo scopo di perseguire obiettivi comuni" (così, "www.garzantilinguistica.it").

Si deve innanzitutto premettere che le tipologie di co-branding possono essere molto diverse, così come possono essere diversi gli "obiettivi comuni" che le parti si prefiggono e, conseguentemente, anche i relativi accordi sottostanti.

Tuttavia, sia che si tratti di una forma di co-branding in cui prevale il dato funzionale della realizzazione di un nuovo prodotto, sia che si tratti di una collaborazione nella quale prevale invece il valore attrattivo ed il contributo ideativo e/o stilistico di uno dei due brand, tipicamente rappresentato da un marchio dei c.d. creatori del gusto e della moda (forma di co-branding, questa, molto simile, almeno sotto certi profili, al merchandising), o di qualsivoglia altra tipologia, esistente o futuribile, è comunque certa ed unanimemente segnalata l'opportunità che le parti formalizzino previamente i termini dell'ipotizzata collaborazione attraverso un vero e proprio contratto al fine di regolamentare i molteplici aspetti economici, pratici e giuridici coinvolti, inclusi quelli relativi ai rispettivi diritti di proprietà intellettuale ed industriale: la licenza di marchio (che costituisce elemento connaturale della fattispecie), le responsabilità (anche "da prodotto"), la durata, l'ambito territoriale, gli oneri ed i corrispettivi economici, e così via.

Si tratterà di un contratto c.d. atipico (in quanto non specificatamente disciplinato dal nostro ordinamento), certamente a prestazioni corrispettive e nel quale dovrà trovare spazio anche una clausola di riservatezza a tutela del know-how delle parti, dato che nel co-branding è normalmente necessaria anche una certa condivisione di tale asset aziendale.

Ciò che si vuole qui esplorare è però un diverso aspetto, un aspetto che riguarda i potenziali vantaggi di tale forma di collaborazione.

Dal punto di vista commerciale, i benefici del co-branding sono stati ampiamente analizzati ed includono l'ingresso in nuovi settori di mercato e/o l'acquisizione di nuova e diversa clientela e/o l'incremento delle vendite e/o una diversa allocazione delle risorse finanziarie e del rischio di impresa e/o risparmi di costi, anche pubblicitari, e così via.

I vantaggi in termini giuridici, invece, sono meno evidenti e, pur essendo strettamente connessi a quelli commerciali sopracitati, possono essere anche più rilevanti di questi ultimi per i brands.

E' evidente in primo luogo che il co-branding può condurre ad una maggiore (o comunque qualitativamente diversa) visibilità e quindi notorietà del marchio, contribuendo così anche ad incrementarne la "forza" distintiva e ad allargarne la sfera di protezione.

Secondo costante giurisprudenza, infatti, "Il carattere distintivo del marchio anteriore, in particolare la sua notorietà, va preso in considerazione per valutare se la somiglianza tra i prodotti o i servizi contraddistinti dai due marchi sia sufficiente a provocare un rischio di confusione" (così, Cass. 6 dicembre 2019 n. 31938), in quanto, come ritenuto sin da epoca risalente, "i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore" (così, Corte Giustizia UE del 29 settembre 1998, C-39/97).
Altro possibile vantaggio attiene alla decadenza per non uso.

Il titolare del marchio, com'è noto, ha un onere di utilizzare il proprio marchio: quest'ultimo, infatti, decade ove non venga utilizzato in maniera effettiva entro cinque anni dalla registrazione o laddove il suo uso venga sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo il caso in cui il mancato uso sia giustificato da un motivo legittimo (cfr. art. 24 c.p.i. e artt. 18 e 58 Reg. UE n. 2017/1001). La mancata utilizzazione del marchio per i prodotti e servizi rivendicati, dunque, può condurre alla perdita del diritto quantomeno nell'ambito merceologico di mancata utilizzazione del segno (c.d. decadenza parziale).

Sotto questo profilo, il co-branding può consentire al titolare di dimostrare di avere utilizzato il proprio marchio anche per contraddistinguere prodotti diversi da quelli che costituiscono il proprio core business e quindi di bloccare un'eventuale eccezione o domanda di decadenza parziale da parte di terzi.

In proposito si segnala che la giurisprudenza ha già avuto modo di evidenziare che il requisito dell'uso effettivo di un marchio registrato può essere soddisfatto anche qualora il marchio sia stato utilizzato attraverso un altro marchio complesso, oppure qualora esso sia utilizzato solo congiuntamente con un altro marchio ed anche se la combinazione di tali due marchi sia a sua volta registrata come marchio (sentenza del 18/04/2013, C-12/12, SM JEANS/LEVI‘S, EU:C:2013:253, § 36.). Parimenti è stato osservato che "È prassi comune nello svolgimento dell'attività economica, raffigurare marchi indipendenti in diverse misure e caratteri tipografici, cosicché queste chiare differenze, che esaltano il marchio della casa madre, indicano che i due differenti marchi sono usati congiuntamente, ma in maniera autonoma (07/08/2014, R 1880/2013-1, Helathpresso/Presso, § 42)" (così, Divisione di annullamento EUIPO del 29 aprile 2021).

Da questo punto di vista, risulta quindi confermato che l'uso congiunto dei marchi in co-branding sul medesimo prodotto rappresenta anche un uso autonomo di ciascun marchio.
Il conseguimento in concreto dei benefici giuridici di cui si è detto sopra, tuttavia, può incontrare altre criticità in funzione delle specifiche tipologie di co-branding, delle loro concrete modalità di attuazione o della specifica forma in cui i marchi sono utilizzati sui prodotti.

Ad esempio, la stessa sopracitata recente decisione della Divisione di annullamento EUIPO del 29 aprile 2021 ha escluso che l'operazione di co-branding rappresentata dal prodotto "Nutella & Go! Estatè" (di seguito raffigurato) costituisse utilizzazione del marchio "Nutella" con specifico riferimento a "tè" in classe 30, oltre che per "crema spalmabile".

Nella decisione si rileva in particolare che "il prodotto in questione risulta dalla combinazione di due differenti prodotti, cioè "Nutella & Go!" e "Estathè" generalmente venduti singolarmente.

Non è inusuale nello specifico mercato di riferimento vendere due prodotti aventi brand differenti in un combo o kit, specialmente quando questi prodotti vengono di solito consumati in combinazione", sicchè "il consumatore è cosciente del fatto che si tratta di due marchi che contraddistinguono prodotti differenti che vengono venduti all'interno della stessa confezione solo per una questione di comodità.

Tale circostanza corrisponde al caso di specie ove il marchio "Nutella" in combinazione con la dicitura "& Go!" chiaramente identifica lo snack di crema spalmabile al cioccolato alla nocciola e grissini, mentre il marchio "Estathè" identifica la bevanda a base di tè raffigurata sull'etichetta. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla titolare, tale uso non può considerarsi uso genuino del marchio "Nutella" per tè".Resta da precisare che tale decisione è stata probabilmente influenzata dalle particolarità del caso di specie e dalla specifica tipologia di co-branding in questione; inoltre, pecca forse di eccessivo formalismo. In ogni caso, essa rappresenta un chiaro esempio delle possibili criticità correlate alla concretizzazione dei potenziali vantaggi giuridici di cui si è detto sopra e, più in generale, al fenomeno del co-branding.

*a cura dell''Avv. Furlani di Sena & Partners

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