Professione e Mercato

Negli studi professionali tirocinio solo con garanzie mirate

di Valeria Uva

Aprire le porte dello studio a un tirocinante. Una scelta consueta per molti professionisti senior, ma che richiede di essere impostata con vincoli ben precisi.

Il primo nodo da sciogliere è la possibilità di riconoscere al giovane laureando o neolaureato una somma. Ma attenzione: mai parlare di compenso vero e proprio. Perché il praticantato o tirocinio professionale non è un vero e proprio rapporto di lavoro da retribuire, quanto un periodo di apprendistato, svolto per questo a titolo gratuito. Anche se non del tutto: il decreto legge 1/2012 ha imposto l’obbligo di riconoscere al tirocinante un rimborso spese «forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio», come recita l’articolo 9, comma 4.

A questa previsione si è allineato il regolamento sul tirocinio obbligatorio varato dai consulenti del lavoro nel 2014.

Per i commercialisti, il codice deontologico in vigore dal 2016 prevede l’obbligo di un rimborso spese da concordare con il tirocinante «sin dall’inizio» e non solo dopo i primi sei mesi. Mentre, sempre secondo il codice deontologico di categoria, «fermo l’obbligo del rimborso delle spese», l’avvocato deve anche riconoscere al giovane «dopo il primo semestre di pratica un compenso adeguato».

Fin qui la teoria. Ma la realtà può essere diversa. Anche perché le norme non fissano dei minimi. «L’importo è lasciato alla libertà negoziale delle parti - precisa Claudio Pallotta, presidente della commissione tirocinio dell’Ordine commercialisti di Roma - La cifra può dipendere anche dalle ore di presenza in studio». Per chi comincia a sei mesi dalla laurea, infatti, l’impegno è di 10 ore la settimana, contro le 20 ordinarie.

I controlli

Con gli oltre mille tirocinanti iscritti nel registro, Roma è il territorio con la più alta densità di praticanti. «Nelle audizioni ascoltiamo tutti - precisa Pallotta - e chiediamo anche se il rimborso spese è stato concordato, in caso contrario possiamo promuovere una segnalazione disciplinare».

Le verifiche periodiche toccano anche agli aspiranti avvocati, con due appuntamenti alla fine del primo semestre e al termine dei 18 mesi. «Ma cerchiamo di indagare sulla qualità della pratica verificando le udienze e gli atti trattati e non entriamo nei rapporti economici», precisa Cinzia Preti, consigliera segretario dell’Ordine degli avvocati di Milano. «Anche se mi risulta che un rimborso i miei colleghi di fatto lo erogano in molti casi da subito» conclude.

Del tutto gratuito, invece, è il tirocinio alternativo svolto per un massimo di 12 mesi negli uffici giudiziari e di fatto scelto da chi vuole tentare il concorso in magistratura.

«È previsto un equo compenso per il contributo dato all’attività di studio, tenendo conto però che gran parte del tempo è dedicato alla preparazione per il concorso» specifica Michele Labriola, consigliere del Notariato per l’accesso: «Per ora le nostre verifiche a fine percorso sono solo documentali - aggiunge - ma stiamo valutando se introdurre il libretto formativo, sulla scia degli avvocati».

Gli altri adempimenti

Dal punto di vista fiscale sia il rimborso spese che la borsa di studio sono assimilate dal Tuir  ai redditi da lavoro dipendente. Il “dominus” quindi - annota il vademecum sul tirocinio dell’Ordine commercialisti di Roma - dovrà «assoggettare le somme a trattenuta Irpef». Necessari anche conguaglio fiscale, certificazione unica e modello 770. Nessun obbligo invece di segnalazione a Inps e Inail: il tirocinio è esente da contributi ed escluso dall’obbligo assicurativo.

Altri oneri derivano dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro. Il Testo unico (Dlgs 81/2008) assimila chi è presente sul luogo di lavoro per apprendere un mestiere ai lavoratori tout court. Al tirocinante occorre garantire la formazione minima sulla sicurezza (le 8 ore di corso base previste per il «basso rischio»). Un adempimento che va documentato con il rilascio dell’attestato di formazione.

Vedi Gli obblighi del professionista

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