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Danno reputazionale via web, l’azienda deve fare ricorso nel Paese in cui ha il centro d’interessi

di Marina Castellaneta

Sul danno da reputazione via web è competente il giudice dello Stato membro in cui la società ha il centro dei suoi interessi. Lo sostiene l’Avvocato generale Bobek nelle conclusioni di ieri nella causa C-194/16.

Il web – osserva Bobek - ha cambiato le presunzioni giuridiche in materia di individuazione del giudice competente a risolvere una controversia nello spazio Ue. Di conseguenza, tenendo conto dei danni alla reputazione che un’azienda può avere via internet, talvolta anche di portata maggiore rispetto a quelli che colpiscono le persone fisiche, non ci sono più validi motivi per applicare le regole di competenza giurisdizionale fissate dal regolamento n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, in modo diverso a seconda che sia colpita dalla diffamazione una persona fisica o giuridica.

A rivolgersi ai giudici di Lussemburgo è stata la Corte suprema estone chiamata a stabilire se, in una controversia tra una società estone e un’associazione professionale svedese che aveva inserito l’azienda, nel proprio sito, in una lista nera accompagnata da un forum con commenti offensivi, i giudici estoni potessero essere competenti. L’azione principale aveva al centro il risarcimento dei danni richiesto dall’azienda estone per la diffamazione subita.

Prima di tutto, l’Avvocato generale respinge il principio di una diversità di trattamento a seconda dei casi in cui la diffamazione sia subita da un individuo o da un’azienda. «Internet – osserva Bobek - ha cambiato completamente le regole del gioco, in meglio o in peggio, democratizzando la pubblicazione», con le stesse persone fisiche che possono diffondere facilmente informazioni.

Questa situazione porta a un cambiamento delle regole sulla diffamazione perché va accantonato il principio secondo cui «l’attore è presumibilmente un soggetto debole, mentre il convenuto è un editore professionale». Pertanto, l’azienda, titolare del diritto fondamentale alla reputazione, deve poter agire in giudizio secondo gli stessi parametri fissati per le persone fisiche nella sentenza eDate e, di conseguenza, scegliere il giudice dello Stato membro in cui l’evento dannoso e avvenuto o può avvenire (articolo 7 sulle competenze speciali), che coincide o con il luogo in cui si è concretizzato il danno o il luogo dell’evento generatore del danno.

Ciò vuol dire che, nei casi di diffamazione via web, il luogo in cui è avvenuto il danno è, almeno come presunzione generale, quello in cui la reputazione della persona è stata maggiormente lesa e, quindi, dove l’azienda ha il proprio centro degli interessi.

Per evitare, poi, l’approccio “a mosaico” e la moltiplicazione dei giudici competenti, l’azienda potrebbe agire per l’intero danno subito dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui si trova il centro dei suoi interessi ossia il luogo in cui esercita le principali attività professionali se le informazioni lesive possono pregiudicare la situazione professionale dell’azienda.

Corte europea per i diritti dell'uomo, conclusioni dell'Avvocato generale nella causa C-194/16

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