Penale

Uso dei virus spia solo se c'è un collegamento con organizzazione criminale

di Patrizia Maciocchi

Per giustificare l’uso di strumenti di intercettazione invasivi come i software spia è necessario verificare il collegamento tra condotta la delittuosa - messa sotto controllo - e l’esistenza di organizzazioni criminali. È solo uno degli argomenti contenuti nelle motivazioni della sentenza (36874) depositata ieri con la quale la Corte di cassazione, il 13 giugno, ha accolto il ricorso contro la custodia cautelare in carcere dell’imprenditore campano Alfredo Romeo, ora ai domiciliari con il braccialetto. Il tribunale del riesame dovrà nuovamente pronunciarsi sulla base delle indicazioni fornite dalla Cassazione sulla custodia cautelare in carcere, con l’accusa di corruzione, per l’imprenditore arrestato nell’ambito dell’inchiesta Consip.

Diverse le lacune “evidenziate” dai giudici nell’ordinanza impugnata.

Sul fronte delle intercettazioni i giudici sottolineano come la forza intrusiva del mezzo usato e il potenziale vulnus all’esercizio delle libertà tutelate dalla Costituzione debba essere bilanciato, nel rispetto dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità, inquadrando il fatto, sia pure provvisoriamente, in un contesto di criminalità organizzata che risulti supportato da elementi obiettivi.

Appurata l’esistenza di un’adeguata motivazione nessuna violazione ci sarebbe invece per il fatto che i virus spia siano stati installati in un luogo considerato privata dimora essendo questa «una delle naturali modalità attuative di tale mezzo di ricerca della prova». Non regge il vaglio della Cassazione neppure la motivazione relativa al rischio di inquinamento delle prove. Per affermare il timore che l’indagine possa essere manipolata dall’indagato non basta, infatti, che emerga un interesse a concordare una versione di comodo con altri indagati, nel caso esaminato con il dirigente Consip Marco Gasparri al quale, secondo l’inchiesta, sarebbero stati versati da Romeo 100 mila euro per ottenere informazioni riservate e consigli per aggiudicarsi gli appalti.

Per la Cassazione la preparazione di una strategia comune, anche se basata su una versione mendace, può essere discutibile dal punto di vista della correttezza processuale, ma rientra nel diritto di difesa e non è in grado di turbare il processo formativo della prova. Poggia invece su basi solide, ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, la motivazione con cui i giudici di merito hanno giustificato il rilievo pubblicistico dell’attività svolta da Gasparri all’interno della Consip. Né è determinante che l’atto d’ufficio contrario ai doveri d’ufficio sia rientri nell’ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, purché sia nelle competenze dell’ufficio al quale il soggetto appartiene e sul quale abbia un’influenza.

Corte di cassazione – Sezione VI – Sentenza 25 luglio 2017 n.36874

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