Penale

Stupefacenti, legittimo lasciare il lavoro di pubblica utilità per entrare in comunità

La Cassazione, sentenza n. 10944 del 25 marzo 2022, ha accolto il ricorso di un uomo condannato per traffico di stupefacenti: il giudice ha totalmente omesso di valutare i motivi del condannato

di Francesco Machina Grifeo

Carceri affollate e impennata dei risarcimenti per ingiusta detenzione. Non c'è da stupirsi di fronte a un caso come quello affrontato oggi dalla Cassazione. Un uomo condannato per traffico illecito di stupefacenti si è visto revocare dal Gip del Tribunale di Larino (in funzione di giudice dell'esecuzione) la disposta sostituzione del carcere con il lavoro di pubblica utilità. Qual è stata la colpa del reo? Secondo il Tribunale l'aver svolto soltanto 126 giorni di sanzione sostitutiva rispetto ai 326 totali da scontare. Tutto corretto, dunque, se non fosse che, come rilevato dal ricorrente, egli aveva dovuto "obbligatoriamente" interrompere il lavoro esterno "per la sottoposizione al programma di recupero terapeutico Residenziale".

Proposto ricorso, la Suprema corte, sentenza n. 10944 del 25 marzo 2022, lo ha accolto.

Scrive la Prima sezione penale: "Il giudice dell'esecuzione ha totalmente omesso di valutare l'esistenza dei dedotti motivi che avrebbero portato il condannato, alla luce del prospettato inserimento in una comunità terapeutica, a interrompere senza colpa lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità". E poi spiega: "Il ripristino dell'originaria pena detentiva, infatti, richiede di verificare che il condannato non sia stato incolpevolmente impossibilitato ad adempiere".

Non solo, la pena detentiva "originariamente irrogata" era stata "integralmente ripristinata" senza dunque tener conto che egli aveva comunque svolto una parte del lavoro di pubblica utilità, con la conseguenza che la pena doveva, in ogni caso, essere proporzionalmente ridotta. "Fermo restando il doveroso indicato accertamento di merito che deve compiere il giudice dell'esecuzione per disporre la revoca della sanzione sostitutiva – chiarisce ancora la Cassazione - è, altresì, necessario verificare il periodo di eventuale regolare espiazione della sanzione sostitutiva al fine di rideterminare la pena detentiva da espiare, tenuto conto della sanzione sostitutiva svolta".

Secondo il costante orientamento di legittimità infatti «in tema di stupefacenti, la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, disposta per mancata osservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sulla base del criterio speciale di corrispondenza indicato dall'art. 73, co. 5-bis, Dpr 9 ottobre 1990, n. 309 sottraendo dalla durata della pena inflitta la durata del lavoro di pubblica utilità regolarmente scontato».

Il giudice dell'esecuzione, in sede di rinvio, dovrà ora procederà ad accertare "anzitutto, la fondatezza delle asserite ragioni della sospensione del lavoro di pubblica utilità". Ma anche in caso di esito negativo, non potrà semplicemente ripristinare la pena iniziale, dovendo comunque verificare "con specifico riferimento all'attività svolta, se e in quale misura detta attività possa considerarsi regolarmente svolta, procedendo, quindi, a determinare la parte di sanzione sostitutiva che andrà detratta, operato il ragguaglio, dalla pena originariamente inflitta".

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