Il CommentoResponsabilità

La responsabilità gestoria degli amministratori di società a partecipazione pubblica tra normativa civilistica e regole giuscontabili

I sistemi di corporate governance previsti dall'ordinamento e l'esame dei singoli tipi di responsabilità gravanti sugli amministratori

di Rossana Mininno

In base all'ordinamento di matrice civilistica la cattiva gestione di una società di capitali è fonte di responsabilità patrimoniale a carico dei relativi amministratori, responsabilità che è declinata in modo differente in ragione della diversa tipologia di soggetto (potenzialmente) danneggiabile e che assume tratti peculiari - sul (duplice) piano sostanziale e processuale - nell'ipotesi in cui la società sia partecipata da un soggetto pubblico.

L'articolo, dopo una breve ricognizione dei sistemi di corporate governance previsti dall'ordinamento e l'esame dei singoli tipi di responsabilità gravanti sugli amministratori in base al regime di matrice civilistica, affronta (nella seconda parte ndr.) il tema del riparto della competenza giurisdizionale tra Giudice ordinario e Corte dei conti sulle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di società a partecipazione pubblica.

La responsabilità degli amministratori per atti di mala gestio


I sistemi di corporate governance previsti dall'ordinamento


Con la riforma del diritto societario il principio dell'autonomia statutaria ha assunto una (indubbia) centralità, avendo il legislatore rimesso all'autonomia della compagine sociale la scelta del modello di governo societario tra quelli previsti dall'ordinamento (id est, sistema tradizionale, sistema dualistico e sistema monistico) .

• Il sistema organizzativo tradizionale

Il modello tradizionale, introdotto all'epoca della codificazione dal legislatore del 1942, prevede due organi, entrambi di nomina assembleare: l'organo amministrativo (nella duplice e alternativa forma dell'Amministratore unico o del Consiglio di amministrazione) e il Collegio sindacale.

L'adozione di un modello organizzativo diverso da quello tradizionale deve essere dichiarata statutariamente con la conseguenza che, in difetto di specifica pattuizione, si intende adottato ex lege il sistema di governo societario tradizionale con attribuzione delle funzioni di amministrazione e di controllo, rispettivamente, agli Amministratori e al Collegio sindacale.

• Il sistema organizzativo dualistico

Il modello dualistico, introdotto in occasione dell' intervento riformatore del 2003 , prevede due organi collegiali: il Consiglio di gestione, al quale spetta, in via esclusiva, la gestione dell'impresa e il compimento delle operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale e il Consiglio di sorveglianza, al quale sono attribuiti compiti di indirizzo e controllo .

Il Consiglio di sorveglianza è di nomina assembleare e, a sua volta, nomina i componenti del Consiglio di gestione.

Il Consiglio di sorveglianza si interpone tra l'Assemblea dei soci e il Consiglio di gestione.Tale modello si propone, nelle intenzioni del legislatore riformista, di agevolare l'amministrazione e il controllo nelle imprese di grandi dimensioni attraverso la condivisione dell'indirizzo strategico tra i due organi, con conseguente ridimensionamento del ruolo dell'Assemblea dei soci.

Non è previsto il Collegio sindacale: la revisione legale dei conti è affidata a un revisore legale dei conti o a una società di revisione legale iscritti nell'apposito registro.

• Il sistema organizzativo monistico

Il modello monistico, anch'esso introdotto in occasione dell'intervento riformatore del 2003 , prevede un unico organo collegiale ovvero il Consiglio di amministrazione, al quale spetta, in via esclusiva, la gestione dell'impresa.

Il controllo sulla gestione è esercitato da un comitato costituito all'interno del Consiglio di amministrazione, al quale compete la vigilanza sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile.

Al comitato possono essere affidati ulteriori compiti da parte del Consiglio di amministrazione, con particolare riguardo ai rapporti con il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti.

La peculiarità di tale modello di governance è rappresentata dalla concentrazione, in un medesimo organo, delle funzioni sia di gestione che di controllo, benché siano svolte da soggetti diversi.

La responsabilità gestoria degli amministratori

Gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato nei confronti della società, dei creditori sociali, nonché dei singoli soci e dei terzi .

• La responsabilità verso la società

La responsabilità degli amministratori è conformata al principio di insindacabilità delle scelte gestionali (business judgement rule), in virtù del quale all'amministratore non può essere imputato di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico : tale valutazione, attenendo precipuamente alla discrezionalità imprenditoriale, può rilevare come giusta causa di revoca dell'amministratore, ma non come fonte di responsabilità del medesimo verso la società.

Il principio di insindacabilità nel merito delle scelte gestionali compiute dall'amministratore, tuttavia, non ha una valenza assoluta, presupponendo, al fine della sua operatività, la ragionevolezza delle stesse, «da compiersi "ex ante", secondo i parametri di diligenza di cui all'art. 2392 c.c., tenuto conto in particolare della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per decisioni di quel tipo, oltre che della cura mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione intrapresa» (Cfr. Cass. civ., Sez. III, 22 giugno 2020, n. 12108) .

In altri termini, il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato «non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica» (Cass. civ., Sez. I, 12 febbraio 2013, n. 3409).

La responsabilità degli amministratori di società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale : in sede giudiziale la società «deve allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri e provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno» (Cass. civ., Sez. I, 31 agosto 2016, n. 17441) , mentre sull'amministratore convenuto «incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti» (Cfr. ex multis Cass. civ., Sez. I, 7 febbraio 2020, n. 2975).

Una distinzione rilevante sul piano della responsabilità è quella tra amministratori dotati di deleghe (c.d. operativi) e amministratori che ne sono privi (c.d. non operativi): a seguito della riforma delle società di capitali attuata nel 2003 gli amministratori non operativi non sono più sottoposti a un generale obbligo di vigilanza, ma rispondono esclusivamente nell'ipotesi in cui non abbiano impedito fatti pregiudizievoli «in virtù della conoscenza - o della possibilità di conoscenza, per il loro dovere di agire informati ex art. 2381 c.c. - di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze» (Cass. n. 17441/2016 cit., rv. 641165-01).

La presenza di amministratori con funzioni delegate non comporta per gli altri amministratori l'esonero integrale da ogni responsabilità per i comportamenti dei primi : a carico degli amministratori non esecutivi esiste «un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, che non viene meno nella ipotesi di attribuzioni proprie di uno o più amministratori, restando anche in tal caso a carico dei medesimi l'onere della prova di essersi diligentemente attivati per porre rimedio alle illegittimità rilevate» (Cass. civ., Sez. VI, 21 marzo 2018, n. 6998).

In altri termini, nell'ipotesi in cui il comportamento pregiudizievole sia imputabile, in via diretta, solo ad alcuni amministratori con essi risponderanno in solido anche gli altri qualora, avendo violato gli specifici obblighi posti a loro carico ovvero avuto conoscenza del pregiudizio imminente per la società, non abbiano preveduto o impedito l'attività dannosa dei primi .

• La responsabilità verso i creditori sociali

Gli amministratori sono responsabili anche nei confronti dei creditori sociali.
I presupposti per l'esperibilità dell'azione di responsabilità sono l'inosservanza, da parte degli amministratori, degli obblighi inerenti alla conservazione e alla salvaguardia dell'integrità del patrimonio sociale, inosservanza sufficiente a escludere che si tratti di responsabilità da illecito extracontrattuale.

L'azione può essere proposta dai creditori nell'ipotesi in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti, rectius nell'ipotesi in cui il ceto creditorio abbia subìto un pregiudizio per effetto della cattiva gestione (Cass. civ., Sez. I, 10 aprile 2014, n. 8458) .

L'insufficienza del patrimonio sociale, rilevante al fine del decorso del termine prescrizionale , «può risultare dal bilancio sociale che costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere» (Cass. civ., Sez. I, 5 settembre 2018, n. 21662).

• La responsabilità verso i singoli soci e i terzi

Il codice civile riconosce ai singoli soci e ai terzi il diritto al risarcimento dei danni direttamente cagionati da atti colposi o dolosi degli amministratori.

Il tratto distintivo di tale azione rispetto alle precedenti è tradizionalmente individuato nel carattere diretto del danno lamentato dal soggetto legittimato a esperirla .

L'azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore non è proponibile nell'ipotesi in cui il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale: invero, «l'art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato "direttamente" dagli atti colposi o dolosi dell'amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società; la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore» (Cass. civ., Sez. I, 28 aprile 2021, n. 11223).

In sede di accertamento della responsabilità è irrilevante che il comportamento - doloso o colposo - dell'amministratore, posto in essere nell'esercizio dell'ufficio o al di fuori delle correlate incombenze, «sia stato conforme agli interessi della società o a vantaggio di questa» (Cass. civ., Sez. VI-1, 20 maggio 2020, n. 9206).

La responsabilità risarcitoria dell'amministratore nei confronti dei soci e dei terzi non è in alcun modo dipendente, sul piano logico, da quella, di natura contrattuale, eventualmente fatta valere nei confronti della società, così come la responsabilità verso la società non presuppone l'accertamento di una responsabilità nei confronti dei soci e dei terzi (Cass. civ., Sez. I, 30 maggio 2008, n. 14558) .