Amministrativo

La nuova gestione dei materiali di riporto nell'ambito dei procedimenti di bonifica

In virtù delle modifiche apportate all'art. 3 del DL n. 2/2012, in vigore dal 31 luglio 2021, le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione possono essere gestite nell'ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli

di Enzo Pelosi, Alessandro Valmachino*

Con Legge 29 luglio 2021, n. 108 [ So n. 26 alla Gu 30 luglio 2021 n. 181] è stato convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 31 maggio 2021, n. 77 recante "governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure", che riporta al suo interno delle importanti novità in materia di bonifiche, in particolare all' articolo 37 recante "Misure di semplificazione per la riconversione dei siti industriali".

Degne di rilievo sono, tra le altre, le novità introdotte con riguardo ai materiali di riporto, apportando modificazione significativa al comma 3 dell' articolo 3 del decreto legge 25 gennaio 2012 n. 2 [ convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 28], secondo la cui novellata versione, in vigore dal 31 luglio 2021 , le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione – che nella precedente stesura erano esplicitamente qualificate fonti di contaminazione e come tali passibili di essere rimosse o rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento atte a rimuovere i contaminanti oppure essere sottoposte a messa in sicurezza permanente (indicazioni queste che non sono più presenti nel testo in esame, ad oggi in vigore) - sono gestite nell'ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli, utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l'area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute e per l'ambiente.

Conseguenza di questa differente formulazione, tale per cui i materiali di riporto, differentemente da quanto finora stabilito, potranno essere gestite nell'ambito dei procedimenti di bonifica al pari dei suoli, con espressa equiparazione a quest'ultima matrice ambientale, anche nella circostanza di mancata conformità ai limiti del test di cessione, saranno la facoltà e l'attuabilità di proporre ed applicare la procedura di analisi del rischio sito specifica, prevista e disciplinata ai sensi del Titolo V, parte Quarta del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. (cfr. artt. 242 e seguenti), per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR).

Precisandosi, al riguardo, che qualora gli esiti della procedura dell'analisi del rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito sia inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la Conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiarerà concluso positivamente il procedimento (tenendo ovviamente in considerazione che in tal caso la Conferenza di servizi potrà prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito).

Laddove, invece, qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dovessero, diversamente, evidenziare che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito fosse superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile dovrà sottoporre all'autorità territorialmente competente, il progetto operativo di bonifica o di messa in sicurezza, permanente od operativa e, se necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare il rischio derivante dallo stato di contaminazione registrato nel sito.

Ricordiamo che con la precedente formulazione dell'art. 3 comma 3 del decreto legge 25/2012, le matrici materiali di riporto, che non risultassero conformi ai limiti del test di cessione, dovevano, alternativamente e non cumulativamente, essere:
1) rimosse;
2) sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l'area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute;
3) rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti.

Con la vigente formulazione, invece, introdotta con Legge 29 luglio 2021, n. 108, le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione possono essere gestite nell'ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli.

Occorre altresì tener presente che, in virtù dell'interpretazione autentica dell' articolo 185 del d.lgs. 152/2006 , operata dal già citato decreto legge 25 gennaio 2012, n. 2 nella formulazione del suo articolo 3, recante "disposizioni in materia di matrici materiali di riporto", i riferimenti al "suolo" contenuti all'articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del d.lgs. 152/2006 (esclusione dal campo di applicazione della parte quarta del TUA e quindi dalla normativa sui rifiuti), vadano interpretati come riferiti anche "alle matrici materiali di riporto di cui all'allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo (nda, d.lgs. 152/2006), costituite da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri".

In sostanza, l'articolo 3, comma 1 del decreto legge 2/2012 ha fornito la definizione di "matrici materiali di riporto" (che non viene in alcun modo modificata dalla legge n. 108/2021), evidenziando dunque la chiara volontà del legislatore di equiparare, ricorrendone particolari e specifiche condizioni, i materiali di riporto al "suolo" con conseguente applicazione dell'articolo 185, comma 1, del decreto legislativo n. 152/2006.

La novella legislativa finora commentata, introdotta dalla legge 108/2021, risulta di particolare rilievo nelle procedure connesse alla riconversione dei siti industriali, specie quelli dismessi, attività che negli ultimi anni ha vissuto una crescita significativa e per la quale si intravede uno sviluppo esponenziale nei prossimi anni, prevedibilmente anche su impulso della significativa novellata disposizione normativa riguardante le matrici materiali di riporto.

In sostanza, finora, nell'ambito della riqualificazione dei siti industriali dismessi, un tempo ubicati nelle zone periferiche delle città ma ad oggi sempre più inseriti nel pieno contesto urbano, con riguardo ad una prospettiva di sviluppo degli stessi dal punto di vista sia commerciale che residenziale, uno degli aspetti di maggiore criticità e deterrenza era rappresentato dai "costi di bonifica". In particolare, per quanto attiene all'argomento oggetto della nostra riflessione, nell'ambito dei citati costi di bonifica una voce preponderante delle spese è da sempre rappresentato dai costi dello scavo e dello smaltimento proprio dei materiali da riporto presenti in queste aree. Tali materiali, che si trovano solitamente appena al di sotto delle pavimentazioni di ciascun sito che ne detiene, rientrano nelle fattispecie di materiali descritti nella prima parte del presente contributo per cui, laddove (circostanza assai di frequente riscontrabile) non risultati conformi ai limiti del test di cessione, venivano finora configurati come "fonti di contaminazione" e nella pratica, assai di sovente, suscettibili di essere rimossi con conseguente gestione in qualità di "rifiuti speciali", con relativi oneri e costi di gestione per la loro rimozione e smaltimento.

Dal punto di vista operativo, fino ad oggi gli adempimenti più gravosi per la gestione di questi materiali di riporto non conformi implicavano alcune attività di verifica qualitativa e quantitativa dei materiali presenti e successivamente una loro gestione come rifiuto e dunque, in quasi tutti i cantieri di tale casistica, l'escavazione meccanica di questi materiali fino anche a profondità non trascurabili ed altresì il campionamento analitico dei terreni naturali posti al di sotto dei riporti stessi. Tali operazioni (scavo, rimozione, smaltimento, verifiche ambientali, ripristino degli scavi) rappresentavano una delle voci di costo più impattanti nell'ambito dei cantieri di riqualificazione urbana nonché una tempistica realizzativa molto lunga e spesso non quantificabile in via preliminare.

Alla luce dell'aggiornamento legislativo descritto in precedenza, oggi a differenza del passato, la normativa permette di gestire i materiali di riporto non conformi al test di cessione all'interno delle procedure previste per i procedimenti di bonifica, stante l'equiparazione dei riporti ai suoli, con conseguente possibilità di applicare la procedura dell'analisi di rischio prevista e disciplinata ai sensi del Titolo V, parte Quarta del d.lgs. 152/2006 e s.m.i. (cfr. artt. 242 e seguenti).

Nello specifico, a seguito delle modifiche introdotte alla normativa in esame, il documento di analisi del rischio, che rappresenta una procedura tecnico normativa altamente specialistica, si erge ad assumere un ruolo di assoluta centralità nell'ambito dei procedimenti amministrativi ed operativi di bonifica dei siti industriali oggetto di riqualificazione, in quanto, come ampiamente descritto, ad esito di sua redazione e conseguente approvazione da parte delle autorità territorialmente competente, potrà consentire (laddove gli esiti della procedura dell'analisi del rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito sia inferiore alle concentrazioni soglia di rischio) di lasciare in sito la cosiddetta "contaminazione residua" rappresentata sia dai suoli eccedenti i limiti normativi previsti e sia dai materiali di riporto non conformi, il tutto garantendo una tutela sia per i fruitori del sito sia per le matrici ambientali. Tale opzione si traduce, evidentemente, in un non trascurabile risparmio economico (si possono evitare smaltimenti di rifiuti in discarica) e un non aggravio delle risorse ambientali (riduzione del numero dei trasporti, altrimenti destinati a discariche, e conseguentemente delle emissioni in atmosfera) e tale da rendere gli interventi di riqualificazione urbana e riconversione dei siti industriali ancora più stimolanti ed incentivanti rispetto a quanto finora registrato.

Al contempo, una eventuale ma probabile incentivazione dello strumento dell'analisi del rischio per la gestione anche dei materiali di riporto non conformi, a discapito della rimozione degli stessi (non più considerati fonti di contaminazione), presupporrà l'incentivazione, sempre più rilevante e caratterizzante, nella gestione dei progetti e dei cantieri destinati alla riconversione dei siti industriali, in linea con i dettami del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di un approccio specialistico e multidisciplinare (tecnico-progettuale, geologico e legale), al fine di prendere in considerazione tutti gli aspetti tecnici, progettuali, ambientali e normativi finalizzati alla verifica dei presupposti di applicabilità delle condizioni legittimanti la procedura operativa ed amministrativa di bonifica prescelta.

____


*A cura dell'Avv. Enzo Pelosi, fondatore Studio Legale Ambientale Pelosi, Partner 24 ORE Avvocati e dott. Geol. Alessandro Valmachino

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©