Penale

La mancata restituzione della caparra non integra il reato di appropriazione indebita

di Edoardo Valentino


Con la sentenza numero 15815 del 29 marzo 2017, la II Sezione Penale della Corte di Cassazione sottolinea un importante principio in materia di diritto penale e in particolare in merito alla consumazione del reato di appropriazione indebita.
La vicenda prende le mosse quando una parte, che aveva ricevuto una somma a titolo di acconto sul maggiore prezzo dovuto in un contratto preliminare, decide di non restituire la predetta somma quando le trattative non vanno a buon fine.
Il predetto soggetto veniva processato in primo grado e assolto per il reato di appropriazione indebita.
Agiva quindi in Cassazione il procuratore generale presso la Corte d'appello competente, il quale domandava la revisione della sentenza.
La Corte di Cassazione, al termine del giudizio, ha confermato l'assoluzione dell'indagato per i seguenti motivi.
L'articolo 646 del Codice penale prevede e punisce il reato di appropriazione indebita e afferma al primo comma che “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a milletrentadue euro”.
Elemento distintivo della fattispecie è quindi l'appropriazione della cosa altrui e il rifiuto della restituzione al legittimo proprietario.
Nel caso in questione, tuttavia, la cessione del denaro a titolo di caparra comporta che detto bene, essendo infungibile, a seguito della dazione diviene immediatamente di proprietà del soggetto che riceve il pagamento.
In caso di cessione di denaro, quindi, secondo la Corte “il principio è che può essere ritenuto responsabile di appropriazione indebita colui che, avendo ricevuto una somma di denaro o altro bene fungibile per eseguire o in esecuzione di un impego vincolato, se l'appropri dandogli destinazione diversa e incompatibile con quella dovuta”.
Nel caso in questione, però, afferma la Cassazione, la mancata restituzione della caparra non configura il reato di cui all'articolo 646 del Codice Penale, dato che manca il fondamentale presupposto dell'appropriazione della cosa altrui .
Sebbene quindi colui che ha percepito la caparra debba poi restituirla in caso di inadempimento del contratto preliminare, tale comportamento ha rilevanza puramente civilistica, ma non comporta la consumazione del reato di appropriazione indebita dato che il versamento della caparra non ha alcun impiego vincolato.
La Cassazione, quindi, rigettava il ricorso affermando che “non integra il delitto di appropriazione indebita, ma un mero inadempimento di natura civilistica la condotta del promittente venditore che, a seguito della risoluzione del contratto, non restituisca al promissario acquirente l'acconto sul bene promesso in vendita”.

Corte di Cassazione - Sezione II penale – Sentenza 29 marzo 2017 n. 15815

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