Penale

La declaratoria di non punibilità per avvenuta espulsione dello straniero irregolare prevale sul proscioglimento nel merito

Lo ha precisato la quinda sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 26519/2021

di Aldo Natalini

Espulsione amministrativa dello straniero irregolare eseguita prima dell'avvio del processo penale: la speciale declaratoria di non luogo a procedere prevista in tale ipotesi dall'articolo 13, comma 3-quater, del Dlgs n. 286/1998 (testo unico immigrazione), in quanto causa sopravvenuta di improcedibilità dell'azione penale che impedisce l'instaurazione del rapporto processuale, quale conseguenza dell'avvenuta esecuzione dell'espulsione dell'immigrato irregolare, preclude l'adozione del proscioglimento nel merito ai sensi dell'articolo 129, comma 2, del Cpp.
Così la sentenza n. 26519/2021 della Quinta sezione penale della Cassazione, che ha ribadito come l'accertamento sulla procedibilità dell'azione penale è sempre pregiudiziale rispetto alla valutazione di merito del fatto-reato (e, quindi, alla conseguente pronuncia di condanna o di assoluzione): ciò in quanto il difetto genetico – o la sopravvenienza – di una causa di improcedibilità (come quella di specie, fondata sulla prevalenza dell'espulsione disposta in forza di un decreto prefettizio, che costituisce antecedente logico-giuridico della sentenza) determina l'irrilevanza di un fatto astrattamente costituente reato. Esattamente come accade nei reati perseguibili a querela, rispetto ai quali, in ipotesi di remissione della stessa, non è consentita l'assoluzione del merito perché il ritiro della querela non solo estingue il reato, ma paralizza anche la sua perseguibilità per il venir meno della condizione di procedibilità che la sorreggeva in costanza di efficacia della querela (così già Cassazione, sezione VI penale, n. 10981/1993, Ced 195894, con riferimento all'articolo 152 del Cpp del 1930; rispetto al vigente articolo 129 Cpp, vedi sezione V penale, n. 562/2004, Ced 226998; Id. n. 8260/1992, Ced 191430 ha affermato il principio in ipotesi di imputazione originaria perseguibile d'ufficio derubricata a reato perseguibile a querela).

Natura, portata applicativa e ratio della speciale declaratoria di non punibilità prevista dal Tu immigrazione
La sentenza annotata ricostruisce compiutamente la genesi e la natura della speciale declaratoria di improcedibilità prevista dall'articolo 13, comma 3-quater, del Dlgs n. 286/1998 ponendola in rapporto col diritto dell'accusato ad ottenere una pronuncia liberatoria nel merito.
Nel complesso quadro di una disciplina contro l'immigrazione irregolare fatta oggetto di ripetute novelle legislative caratterizzate da inasprimenti anche rispetto alla regolamentazione dell'espulsione amministrativa, la disposizione in esame (secondo la quale «il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere») prevede, in generale, con riferimento a tutti i reati (essendo venuta meno l'eccezione, originariamente contemplata dal comma 3-sexies dello stesso articolo 13, per reati particolarmente gravi) una sopravvenuta condizione di improcedibilità dell'azione penale per il reato commesso nel territorio dello Stato dall'immigrato irregolare quando l'esecuzione della sua espulsione (amministrativa) intervenga prima dell'emissione del decreto che dispone il giudizio; espulsione condizionata alla verificata insussistenza delle condizioni ostative previste dal comma 3 dell'articolo 13 citato e connesse a specifiche esigenze processuali nonché all'interesse della persona offesa, che possono giustificare il diniego del nulla-osta all'espulsione da parte dell'autorità giudiziaria procedente.
Questa speciale ipotesi di improcedibilità si colloca in una fase antecedente all'esercizio dell'azione penale e non può essere più pronunciata, per espressa previsione normativa, una volta che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio. Come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la preclusione a pronunciare sentenza di non luogo a procedere ai sensi della disposizione in esame ricorre sin dal momento in cui il decreto di rinvio a giudizio o altro provvedimento equipollente è stato depositato in cancelleria (Cassazione, sezione VI penale, n. 50939/2014, Ced 262792 che ha ritenuto legittima la sentenza di non luogo a procedere emessa nell'ambito di procedimento instaurato con decreto di citazione a giudizio depositato prima della data di adozione del provvedimento di espulsione, anche se notificato successivamente a quest'ultimo).

La giurisprudenza costituzionale
Già la Corte Costituzionale, da ultimo, con sentenza n. 270/2019 nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 3-quater, del Dlgs n. 286/1998 – nella parte in cui non prevede[va] che, nei casi di decreto di citazione diretta a giudizio ai sensi dell'articolo 550 del Cpp, il giudice potesse rilevare, anche d'ufficio, che l'espulsione dell'imputato straniero è stata eseguita prima che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio e che ricorrono tutte le condizioni per pronunciare sentenza di non luogo a procedere – aveva ricostruito la natura giuridica, la struttura e la funzione di questa speciale declaratoria di procedibilità.
Da ultimo, i giudici della Consulta hanno escluso che questa fattispecie processuale, nell'articolato contesto normativo di contrasto dell'immigrazione irregolare e a fronte del principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale, integri una sorta di immunità dalla giurisdizione penale. La norma, piuttosto, è stata inquadrata come «la risultante di un bilanciamento, operato dal legislatore, tra l'esigenza di limitare il rientro dell'immigrato irregolare nel territorio dello Stato una volta che l'espulsione è stata eseguita (stante anche la difficoltà concreta di dar seguito ai rimpatri forzati) e la necessità che i reati commessi dallo straniero nel territorio dello Stato siano puniti. È in ciò che risiede il «diminuito interesse dello Stato alla punizione di soggetti ormai estromessi dal proprio territorio» (Corte costituzionale n. 142/2006). Particolarmente indicativo di questo bilanciamento è che tra le condizioni ostative all'espulsione dello straniero, che possono giustificare il diniego di nulla osta all'espulsione da parte dell'autorità giudiziaria procedente, vi sia – oltre alle specifiche e contingenti esigenze processuali sopra richiamate – anche, più in generale, l'«interesse della persona offesa», che necessariamente deve essere tenuto in conto dall'autorità giudiziaria procedente, in occasione del rilascio del nulla osta, e poi anche dal giudice chiamato a pronunciare la sentenza di non luogo a procedere.
Del resto, già in passato con riferimento alla stessa disposizione, la Consulta (ordinanza n. 143/2006) aveva rilevato che le rationes di questa condizione di procedibilità atipica non soltanto non depongono nel senso della limitazione dell'operatività dell'istituto ai soli episodi criminosi di maggiore gravità, ma militano, semmai, in direzione esattamente opposta. Inoltre, il giudice delle leggi non ha mancato di rimarcare la natura temporanea di questa speciale causa di improcedibilità, sottoposta ad una sorta di condizione risolutiva nel senso che, in caso di violazione dell'obbligo di reingresso nel territorio dello Stato per un determinato periodo di tempo, si applica l'articolo 345 del Cpp e l'azione penale torna ad essere procedibile.
Negli stessi termini, oggi, la Cassazione, riproponendo – in motivazione – ampi passi della ricostruzione dell'istituto operata dalla Corte Costituzionale – riafferma come la declaratoria di improcedibilità in disamina sia provvedimento revocabile e condizionato, in quanto tale funzionalmente inidoneo alla lesione irreversibile di diritti fondamentali dell'indagato (quali, segnatamente, il diritto ad un proscioglimento nel merito).

Il dictum: la soccombenza della regola ex articolo 129 del Cpp
Così ricostruita la ratio, la portata e la struttura della fattispecie processuale in disamina, la Cassazione – con la sentenza in commento – fa discendere l'applicazione anche a siffatta causa di improcedibilità del consolidato principio per cui il difetto della condizione di procedibilità impedisce ogni valutazione di merito del fatto imputato e, quindi, la pronuncia di proscioglimento secondo la regola della prevalenza, per evidenza della causa di non punibilità nel merito (ex plurimis Cassazione, sezione V penale, n. 24687/2010, Ced 248386; Id., n. 43240/2016, Ced 267937).
L'addentellato processuale risiede nell'articolo 129 del Cpp, secondo il quale il giudice in ogni stato e grado del procedimento deve immediatamente prosciogliere nel merito se riconosce l'insussistenza del fatto o l'estraneità allo stesso dell'imputato e dichiarare, anche d'ufficio, non luogo a procedere se riconosce che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità (comma 1); quando ricorre una causa di estinzione del reato, ma dagli atti risulta evidente l'insussistenza del fatto o l'estraneità allo stesso dell'imputato, il giudice deve pronunciare sentenza assolutoria (comma 2).
Il citato comma 2 non ha previsto – opportunamente e doverosamente scandisce oggi la Cassazione – analoga procedura nell'ipotesi di mancanza di una condizione di procedibilità (esplicitamente, invece, citata nel comma 1) proprio perché non vi può mai essere pronuncia nel merito quando manchi una condizione di procedibilità e non si instauri il rapporto processuale.
Da tanto si evince – conclude la decisione annotata – che la deliberazione della sentenza di improcedibilità ex articolo 13, comma 13-quater, del Dlgs n. 286/1998 preclude l'adozione del proscioglimento di merito ai sensi dell'articolo 129, comma 2, del Cpp, in difetto dell'instaurazione del rapporto processuale.

Diritto di difesa e sindacato del giudice penale sul provvedimento amministrativo
Quanto, poi, ad eventuali profili di tensione con il diritto di difesa che tale conclusione determina, per gli "ermellini" di Piazza Cavour in realtà il difetto di una condizione di procedibilità sgombra il campo da qualunque valutazione di merito dei fatti oggetto di addebito. In ogni caso, la configurazione della fattispecie processuale in disamina, in stretto rapporto di dipendenza da un provvedimento amministrativo di espulsione, implica che il giudice penale, in sede di sindacato sulla legittimità del provvedimento presupposto (id est: il decreto prefettizio di espulsione), debba verificare il legittimo esercizio del potere e, in presenza di vizi dell'atto amministrativo tali da incidere di per sé su posizione giuridiche soggettive, "disapplicarlo" ai sensi del combinato disposto degli articoli 4 e 5 della legge n. 2248/1865, allegato E (sulla latitudine del potere di "disapplicazione" dell'atto amministrativo, vedi Cassazione, sezione IV penale, n. 38824/2008, Ced 241064; sezione III penale, n. 18530/2018, Ced 273214).
A fronte di un epilogo decisorio-processuale che presuppone un atto amministrativo in grado di incidere su diritti soggettivi, la Suprema corte riafferma oggi come il giudice penale abbia il potere-dovere di verificare incidenter tantum la legittimità del provvedimento stesso, ma «senza che ciò comporti l'eventuale "disapplicazione" dell'atto amministrativo, riguardando il suo esame solo l'integrazione o meno della fattispecie processuale con riferimento al prevalente interesse perseguito».
Senonché – nel caso al vaglio della Cassazione – il ricorrente non aveva affatto contestato la legittimità del provvedimento amministrativo di espulsione presupposto ma si doleva, piuttosto, della motivazione resa dal giudice amministrativo nella reiezione dell'impugnazione avverso l'espulsione stessa. Il che ha portato il Supremo collegio ad escludere che, nell'adita sede di legittimità, si profilasse alcuna tensione con i principi fondamentali, in presenza di una declaratoria di non doversi procedere emessa, alla stregua della stessa prospettazione della difesa, sulla base di un provvedimento di espulsione legittimo, costituente l'antecedente logico-giuridico dell'impugnata sentenza di improcedibilità.

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Francesco Machina Grifeo

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a cura della Redazione di PlusPlus24 Diritto

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