Giustizia

Giustizia, 1.631 correttivi Cafiero: sicurezza a rischio

Pioggia di modifiche sul nuovo processo penale. All’attacco il procuratore Antimafia e Gratteri

di Giovanni Negri

Finisce sepolta, almeno per ora, sotto centinaia di emendamenti (in gran parte dei 5 Stelle), la possibilità di un nuovo punto di equilibrio nella maggioranza sulla riforma del processo penale. E se dal Quirinale si sottolinea di non avere elementi di contrarietà sui contenuti delle proposte della ministra della Giustizia Marta Cartabia, ieri , sentito in commissione Giustizia alla Camera, è stato il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho a demolire la riforma. Non solo sul punto assai contestato dell’improcedibilità per quei procedimenti che non rispetteranno i tempi, sul quale peraltro, Cafiero de Raho è stato pesantissimo: «avere previsto che l’improcedibilità possa scattare anche per i reati di mafia e terrorismo, è un aspetto di gravità assoluta, che ricade sulla sicurezza della democrazia».

Il Procuratore antimafia ha ricordato che in alcuni uffici giudiziari i due anni previsti per l’appello servono solo per fissare l’udienza. «E allora non c’è più una risposta di giustizia?», si è chiesto. Ma l’improcedibilità, a differenza della prescrizione, impedirà, osserva de Raho, alle vittime di ottenere risarcimenti già nel corso del procedimento penale, come pure renderà impossibile la conservazione di misure patrimoniali come la confisca allargata.

Ma a non convincere il Procuratore ci sono anche altre misure, come la discovery anticipata, l’intervento sulla retrodatazione in assenza di una puntualizzazione sul concetto di «notizia di reato», i criteri sull’azione penale di origine parlamentare («a rischio di incostituzionalità»). Se si volesse intervenire sui tempi in maniera più razionale, senza dovere assumere nuovi magistrati, meglio sarebbe ridurre al minimo i casi di giudizio collegiale, aumentando molto il perimetro del giudice unico.

Assai critico ieri alla camera anche il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che ha sottolineato come rispetto alla ventilata improcedibilità meglio sarebbe un ritorno alla vecchia prescrizione, «almeno si eviterebbe di dichiarare improcedibili in appello tutti quei giudizi per reati a citazione diretta che in primo grado si concludono in pochissimo tempo». Ad essere incentivate saranno così le tattiche dilatorie delle difese e il numero delle impugnazioni.

A sera, al tirare delle somme, sono 1.631 le proposte di correzione presentate un po’ da tutte le forze politiche alla riforma Cartabia. In testa le 917 M5S, dove trovano spazio sia un ritorno alla vecchia prescrizione, mai in vigore peraltro, dell’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando (stop ai termini di 2 anni in appello e di 1 in Cassazione), sia la riedizione del Lodo Conte bis (stop alla prescrizione dopo il primo grado, ma solo per i condannati). A venire modificati dovrebbe essere anche il momento da cui inizia il conteggio dei tempi per l’appello.

Dal Pd, oltre alla cancellazione della lista chiusa dei reati con termini più estesi se complessi, arriva l’indicazione per una fase transitoria diversa, che veda termini di improcedibilità più lunghi, 3 anni in appello e 2 in cassazione, almeno sino al 31 dicembre 2024.

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