Comunitario e Internazionale

Guerra, stop al contratto se le sanzioni rendono impossibile la prestazione

L’obbligazione si estingue e il debitore non risponde per l’inadempimento. Anche la richiesta di Putin di pagare il gas in rubli rende più incerti molti accordi

di Gianluca Sardo

Il conflitto in Ucraina e le sanzioni adottate dalla Ue nei confronti della Federazione russa hanno notevoli ripercussioni sui rapporti commerciali internazionali. Da ultimo, l’attenzione si è spostata sulla minacciata imposizione da parte del presidente Putin del rublo quale valuta per il pagamento delle forniture di gas, ma è ampia la casistica di contratti su cui la guerra impatta.

Una delle situazioni tipo più familiari all’export del nostro Paese è quella di un contratto tra un’impresa italiana e un’impresa russa o ucraina, regolato dalla legge italiana (si veda anche Il Sole 24 Ore del 2 marzo e del 7 marzo). Quali rimedi ha a disposizione il contraente che subisce le conseguenze economiche negative? Non sussistendo una “legislazione emergenziale” - né interna né internazionale - capace di disciplinare in via generale e uniforme gli effetti dei fatti sopravvenuti derivanti dalla crisi in atto, vanno considerati i rimedi tradizionali previsti dal nostro ordinamento. Rimedi che, a differenza di quanto previsto dall’ordinamento tedesco dal 2002 (§ 313 del BGB) e quello francese dal 2016 (articolo 1195 del Code civil), tendono alla dissoluzione e non al mantenimento o all’adeguamento del vincolo, né alla sua rinegoziazione. Sono previsti meccanismi per consentire di rivedere il corrispettivo in materia d’appalto (articolo 1664 Codice civile) e di locazione (articolo 1623 Codice civile), ma manca un rimedio manutentivo generale.

La prestazione impossibile

Alcune restrizioni imposte alla Federazione russa nel corso delle ultime settimane possono collocarsi tra i fatti successivi suscettibili di rendere impossibile l’esecuzione di una prestazione contrattuale.

Per il Codice civile, se la prestazione diviene totalmente impossibile per una causa non imputabile a chi deve eseguirla, l’obbligazione si estingue e il debitore della prestazione (l’impresa italiana esportatrice, ad esempio) non incorre in responsabilità per i danni eventualmente subiti dall’altro contraente (articolo 1256), a meno che l’impossibilità sopravvenga quando il debitore è già in mora (articolo 1221). Sul piano contrattuale, il rapporto si scioglie ipso iure, con le conseguenze restitutorie indicate dall’articolo 1463. Nello scenario in esame, la causa non imputabile al debitore potrebbe consistere: 1) nell’imposizione di uno dei divieti di esportazione previsti dalle sanzioni, se obiettivamente idoneo a impedire del tutto l’esecuzione della prestazione; 2) nella oggettiva impossibilità per il debitore di consegnare la merce oggetto di fornitura nel territorio russo o ucraino, a causa del conflitto.

L’impossibilità temporanea

L’impossibilità potrebbe essere però solo temporanea. Questa escluderebbe la responsabilità del debitore per il ritardo nell’adempimento, ma l’obbligazione si estinguerebbe solo se, persistendo la causa dell’impossibilità, la prestazione non potesse più ritenersi doverosa per il debitore o utile per il creditore (articolo 1256, comma 2, Codice civile). Per i contratti a prestazioni corrispettive, in caso di sospensione dell’esecuzione per impossibilità temporanea, il creditore della prestazione (per esempio, l’impresa russa che attende la consegna della merce dall’Italia) potrebbe rifiutare di pagare il corrispettivo previsto, sollevando l’«eccezione di inadempimento» (articolo 1460 Codice civile).

Va considerato poi che l’impossibilità da temporanea potrebbe diventare definitiva, come per la mancata o ritardata consegna di merci deperibili.

I limiti di applicazione

La concreta utilizzabilità del rimedio ha limiti applicativi rigorosi. Uno per tutti: l’impossibilità sopravvenuta per essere liberatoria deve avere carattere oggettivo e non soggettivo. Ad esempio, per la risoluzione del contratto, la difficoltà finanziaria di chi deve pagare il prezzo della controprestazione è ritenuta non rilevante. L’incapacità patrimoniale di un’impresa russa, dovuta alla crisi generale, dovrebbe quindi essere ininfluente sul piano del contratto. Vero è che, dopo le restrizioni finanziarie imposte dalla Ue a diverse banche russe, i pagamenti a favore delle imprese italiane potrebbero risultare tecnicamente impossibili. Il punto resta quindi aperto a una verifica sul singolo caso.

La convenzione di Vienna

Le cause sopravvenute idonee a rendere impossibile l’esecuzione della prestazione contano anche in caso di applicazione al contratto della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili del 1980 (Cisg), di cui la Federazione Russa e l’Ucraina sono Stati contraenti, come l’Italia. L’articolo 79 della Convenzione, sul piano risarcitorio, stabilisce che «una parte non è responsabile per l’inadempimento di uno qualsiasi dei suoi obblighi se dimostra che l’inadempimento era dovuto a un impedimento al di fuori del suo controllo e che non si poteva ragionevolmente presumere che avesse tenuto conto dell’impedimento al momento della conclusione del contratto o di averlo evitato o superato o le sue conseguenze».

Del tutto imprevedibili a oggi restano invece i possibili sviluppi della richiesta di usare il rublo per pagare le forniture di gas russo, a discapito di euro e dollaro.

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