Amministrativo

Consiglio di Stato e Tar: le principali decisioni della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia amministrativa nel periodo compreso tra il 4 e l'8 aprile 2022

di Maurizio De Giorgi

Nel corso di questa settimana i Giudici di Palazzo Spada trattano i temi dell'incidenza di un'informativa prefettizia antimafia a carico di un'impresa partecipante ad una gara pubblica, dei vincoli paesaggistici, della legittimazione al ricorso delle associazioni ambientaliste, dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un immobile abusivo, del condono edilizio, e infine, del reclutamento del personale docente universitario.
Da parte loro i Tar si soffermano in materia di tutela della segretezza dell'offerta economica nelle gare pubbliche, di impianti di risalita (e possibile sorvolo di abitazioni private), di espropriazione per pubblica utilità e, infine, di tutela dei beni pubblici.


GARE PUBBLICHE
Gare pubbliche – Informativa prefettizia antimafia - Partecipanti - Esclusione
(Dlgs 18 aprile 2016, n. 50, articolo 80; Dlgs 6 settembre 2011, n. 189, articolo 84)
Osserva il Consiglio di Stato come l'articolo 80, II, Dlgs n. 50/2016 disponga che uno dei motivi di esclusione da una procedura ad evidenza pubblica sia la presenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa ai sensi dell'articolo 84, IV, Dlgs n. 159/2011. Ed allora quando l'aggiudicataria sia stata destinataria di un provvedimento emesso ai sensi dell'articolo 84, IV, cit. la stazione appaltante – precisa ancora l'adito Collegio di Palazzo Spada - non ha alcun margine di discrezionalità nel disporre l'esclusione che è doverosa ex lege.
In presenza di un'informativa prefettizia antimafia che accerti il pericolo di condizionamento dell'impresa da parte della criminalità organizzata non residua, pertanto, in capo all'organismo committente alcuna possibilità di sindacato nel merito dei presupposti che hanno indotto il Prefetto alla sua adozione, atteso che si tratta di provvedimento volto alla cura degli interessi di rilievo pubblico - attinenti all'ordine e alla sicurezza pubblica nel settore dei trasferimenti e di impiego di risorse economiche dello Stato, degli enti pubblici e degli altri soggetti contemplati dalla normativa in materia - il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva all'Autorità di Pubblica Sicurezza non potendo essere messo in discussione da parte dei soggetti che alla misura di interdittiva devono prestare osservanza, sicché ogni successiva statuizione di questi ultimi soggetti si configura dovuta e vincolata a fronte del giudizio di disvalore dell'impresa e non deve essere corredata da alcuna specifica motivazione.
L'articolo 80, V, lettera f), Dlgs n. 50/2016 contempla espressamente tra i requisiti di partecipazione alle procedure di appalto degli operatori economici, l'assenza di provvedimenti che interdicano alle imprese di contrarre con la Pa, di modo che l'adozione, anche se nel corso di una procedura di evidenza pubblica, di un siffatto provvedimento nei confronti di un partecipante comporta il venir meno di un requisito di partecipazione e l'obbligo della stazione appaltante di escludere l'operatore economico che ne sia stato attinto.
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 4 aprile 2022, n. 2461

STRUMENTI URBANISTICI
Strumenti urbanistici - Vincolo paesaggistico – Imposizione (Costituzione, articolo 9; Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42)
Secondo il Consiglio di Stato la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario avente valore primario ed assoluto, precede e comunque costituisce un limite alla salvaguardia degli altri interessi pubblici; non a caso, il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs n. 42/2004) definisce i rapporti tra il piano paesaggistico e gli altri strumenti urbanistici (nonché i piani, programmi e progetti regionali di sviluppo economico) secondo un modello rigidamente gerarchico così restando escluso che la salvaguardia dei valori paesaggistici possa cedere a mere esigenze urbanistiche.
Emerge così la natura sostanzialmente insindacabile delle scelte effettuate, che si giustifica alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio ed all'ambiente (articolo 9). La tutela del paesaggio non è poi riducibile a quella dell'urbanistica, né può essere considerato vizio della funzione preposta alla tutela del paesaggio il mancato accertamento dell'esistenza, nel territorio oggetto dell'intervento paesaggistico, di eventuali prescrizioni urbanistiche che, rispondendo ad esigenze diverse, in ogni caso non si inquadrano in una considerazione globale del territorio sotto il profilo dell'attuazione del primario valore paesaggistico.
L'avvenuta edificazione di un'area immobiliare, o le sue condizioni di degrado, non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall'intento di proteggere i valori estetici o culturali ad essa legati, poiché l'imposizione del vincolo costituisce il presupposto per l'imposizione al proprietario delle cautele e delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell'integrità dello stesso.
Ai fini dell'imposizione del vincolo paesaggistico, l'ambiente rileva non solo come paesaggio ma soprattutto come assetto del territorio, comprensivo financo degli aspetti scientifico – naturalistici (come quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti specificamente ai profili estetici della zona.
In sede di imposizione del vincolo di tutela ambientale non è richiesta una ponderazione degli interessi privati unitamente ed in coerenza con gli interessi pubblici connessi con la tutela paesaggistica, neppure allo scopo di dimostrare che il sacrificio imposto al privato sia stato contenuto nel minimo possibile, sia perché la dichiarazione di particolare interesse sotto il profilo paesistico non è un vincolo di carattere espropriativo, costituendo i beni in questione una categoria originariamente di interesse pubblico, sia perché, comunque, la disciplina costituzionale del paesaggio erige il valore estetico-culturale a valore primario dell'ordinamento.
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 4 aprile 2022 n. 2462

AMBIENTE
Ambiente - Associazioni ambientaliste - Legittimazione al ricorso
(Legge 8 luglio 1986 n. 349, articoli 13, 18)
In tema di impugnazione di provvedimenti che incidono sull'ambiente, la legittimazione al ricorso, ovvero la titolarità di un interesse differenziato dal quivis de populo, è stabilita ex lege per le associazioni nazionali iscritte nell'apposito registro tenuto dal Ministero dell'ambiente (articoli 13 e 18 legge 8 luglio 1986 n. 349).
Per le associazioni (e le sezioni) di carattere locale deve essere fornita la prova rigorosa dei seguenti tre requisiti: i) che l'associazione tuteli in modo effettivo e non occasionale determinati interessi diffusi; ii) che abbia nel suo statuto una disposizione specifica che qualifichi la tutela di questi interessi come finalità dell'associazione; iii) che sia configurabile un effettivo pregiudizio agli interessi giuridici protetti al centro dell'attività dell'associazione.
Gli atti che costituiscono esercizio di pianificazione urbanistica, la localizzazione di opere pubbliche, gli atti autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui comportano un danno per l'ambiente, possono essere oggetto di impugnazione da parte delle associazioni ambientaliste, in quanto atti estensivamente rientranti nella materia ambiente, in relazione alla quale si definisce (e perimetra) la legittimazione delle predette associazioni, attesa l'ormai pacifica compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche.
In particolare, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma è rivolto anche alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.
L'ambiente, pertanto, costituisce inevitabilmente l'oggetto (anche) dell'esercizio di poteri di pianificazione urbanistica e di autorizzazione edilizia; così come, specularmente, l'esercizio dei predetti poteri di pianificazione non può non tenere conto del "valore ambiente", al fine di preservarlo e renderne compatibile la conservazione con le modalità di esistenza e di attività dei singoli individui, delle comunità, delle attività anche economiche dei medesimi.
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 5 aprile 2022, n. 2520

ABUSO EDILIZIO
Abuso edilizio - Ordinanza di demolizione – Inottemperanza - Acquisizione gratuita
(Dpr 6 giugno 2001, n. 380, articolo 31)
L'ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un'opera edilizia abusiva si configura quale atto dovuto, privo di discrezionalità, subordinato al solo accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione e al decorso del termine di legge (che ne costituiscono i presupposti), così che la censura di carenza di motivazione in ordine alla valutazione dell'interesse pubblico è destituita di qualsiasi fondamento giuridico, non essendovi alcuna valutazione discrezionale da compiere e, di conseguenza, da giustificare (articolo 31 Dpr n. 380 del 2001).
In assenza dell'impugnazione dell'ordinanza di demolizione, il ricorso avverso il provvedimento di accertamento dell'inottemperanza a detto ordine, e di acquisizione al patrimonio comunale, è inammissibile, salvo che non si facciano valere vizi propri di quest'ultimo.
In particolare, l'omessa tempestiva impugnazione del provvedimento demolitorio preclude la traslazione delle doglianze, che avrebbero potuto formularsi avverso di esso, nei confronti del successivo e consequenziale verbale di constatazione dell'inottemperanza all'ordine di demolizione, atto privo di autonoma attitudine lesiva; naturalmente, ciò non esclude che il provvedimento di acquisizione possa essere autonomamente impugnato per vizi propri
È solo l'aspetto quantitativo dell'acquisizione che, presentando margini di discrezionalità, può essere censurato in sede di ricorso, proposto (esclusivamente) avverso l'acquisizione al patrimonio indisponibile dell'ente dell'immobile abusivo, in conseguenza dell'ordine di demolizione non opposto in sede giurisdizionale amministrativa.
E quindi l'impugnativa dell'acquisizione gratuita non preceduta dal ricorso avverso l'ordinanza di demolizione relativa ad un'opera abusiva, consolida gli effetti dell'atto presupposto, attraverso la sua inoppugnabilità, facendo sì che non possano essere denunciati eventuali vizi di tale atto in sede di gravame avverso l'atto applicativo che lo richiami, non essendo consentita al Ga la disapplicazione incidentale di un atto presupposto non avente natura normativa.
Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 aprile 2022, n. 2523

CONDONO EDILIZIO
Condono edilizio – Istanza – Diniego
(Legge 28 febbraio 1985, n. 47, ar ticolo 38)
Osserva in sentenza il Consiglio di Stato come i provvedimenti di diniego del condono edilizio costituiscano espressione di un potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione. Di conseguenza, in ordine a tali provvedimenti non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere quali la disparità di trattamento, propri dell'esercizio del potere discrezionale.
Non solo. L'eventuale rilascio del condono registratosi in analoghi casi di abusi non condonabili (e quindi in via di principio suscettibili di annullamento giurisdizionale o amministrativo) non può di per sé legittimare la pretesa a identico trattamento.
L'abusività del manufatto è il presupposto per l'istanza di condono potendosi così attribuire alla stessa (istanza) un effetto latu sensu confessorio rispetto all'esistenza di un abuso, ovverosia rispetto all'effettuazione di interventi edilizi in assenza del (o in difformità dal) permesso di costruire. La perpetrazione dell'abuso costituisce, infatti, il presupposto dal punto di vista sia logico che giuridico per la presentazione della domanda di sanatoria.
Con la domanda di sanatoria (condono), da un lato, si riconosce il carattere abusivo delle opere, in quanto esso è l'unico presupposto che giustifica la sanatoria, dall'altro si avvia una attività amministrativa, caratterizzata da distinte e autonome istruttoria e valutazione, volta alla verifica delle condizioni di sanabilità dell'abuso.
La domanda di condono edilizio, peraltro, sospende per esplicita previsione del Legislatore (articolo 38 legge n. 47/1985) il procedimento sanzionatorio e, laddove sia accolta, determina la definitiva inapplicabilità delle sanzioni; di conseguenza le eventuali ordinanze demolitorie già emanate, pur non essendo illegittime, perdono la propria efficacia e non possono essere portate in esecuzione.
Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 7 aprile 2022, n. 2573

UNIVERSITÀ
Università - Personale docente – Reclutamento
(Legge 30 dicembre 2010, n. 240, articolo 18)
Il Collegio di Palazzo Spada rammenta, in punto di diritto, come le valutazioni della commissione esaminatrice nell'ambito di una procedura concorsuale per posti di professore universitario (articolo 18 Legge n. 240/2010) costituiscono espressione dell'esercizio della cosiddettadiscrezionalità tecnica, o meglio costituiscono valutazioni tecniche.
Si tratta, cioè, di valutazioni pienamente sindacabili dal Ga, sia sotto il profilo della ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità che sotto l'aspetto più strettamente tecnico.
Precisamente, ciò significa che il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della Pa può oggi svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'Autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo.
Siffatto sindacato è a maggior ragione ammissibile quando, nell'ambito delle valutazioni dei candidati che hanno partecipato a concorsi universitari, vi siano elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico o un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile.
Opera così il principio di diritto a mente del quale nella procedura comparativa dei candidati a ricoprire posti di docenza, il sindacato giurisdizionale può svolgersi non soltanto rispetto ai vizi dell'eccesso di potere (logicità e ragionevolezza delle decisioni amministrative), ma anche con la verifica dell'attendibilità delle operazioni tecniche compiute dalla Pa rispetto alla correttezza dei criteri utilizzati e applicati.
Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 8 aprile 2022, n. 2598

OFFERTA ECONOMICA
Offerta economica – Segretezza – Finalità
(Costituzione, articolo 97)
Adito in materia di procedure ad evidenza pubblica il Tar Milano osserva come il divieto di commistione tra l'offerta tecnica e l'offerta economica (negli appalti da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa) sia un corollario dei principi di trasparenza dell'azione amministrativa e di par condicio dei concorrenti (articolo 97 Cost.).
Esso è finalizzato alla tutela della segretezza dell'offerta economica, in modo che la conoscenza anche di alcuni degli elementi che la compongono non possa condizionare la valutazione degli elementi discrezionali che compongono l'offerta tecnica.
Nondimeno, alla luce della ratio che lo ispira, tale principio non va inteso in senso assoluto: il richiamato divieto di commistione (pur rilevando anche solo sotto il profilo potenziale) non deve essere inteso in senso meramente formalistico, ben potendo nell'offerta tecnica essere inclusi singoli elementi economici, resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché si tratti di elementi economici che non fanno parte dell'offerta economica, quali i prezzi a base di gara, i mezzi di listini ufficiali, i costi o prezzi di mercato, ovvero siano elementi isolati e del tutto marginali dell'offerta economica, che non consentano cioè in alcun modo di ricostruire la complessiva offerta economica ovvero consistano nell'assunzione di costi di prestazioni diverse da quelle apprezzate nell'offerta economica, anche se comunque da rendere a terzi in base al capitolato e remunerate dalla stazione appaltante.
Ne discende che il divieto di commistione deve essere apprezzato in concreto e non in astratto, nel contesto di un esercizio proporzionato e ragionevole della discrezionalità tecnica e con riguardo alla concludenza degli elementi economici esposti o desumibili dall'offerta tecnica, che debbono essere effettivamente tali da consentire di ricostruire in via anticipata l'offerta economica nella sua interezza ovvero, quanto meno, in aspetti economicamente significativi, idonei a consentire potenzialmente al seggio di gara di apprezzare prima del tempo la consistenza e la convenienza di tale offerta.
Affinché possa dirsi violato il principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica, è sufficiente l'astratta possibilità, per la commissione giudicatrice, di conoscere il contenuto di alcune componenti dell'offerta economica contestualmente alla valutazione dell'offerta tecnica.
Tar Lombardia, Milano, sezione I, sentenza 4 aprile 2022, n. 752

IMPIANTI DI RISALITA
Impianti di risalita - Sorvolo - Abitazioni sottostanti
(Legge 13 giugno 1907, n. 403, articolo 6; Dlgs 12 giugno 2003, n. 210, articolo 6, Allegato 2)
Oggetto di controversia innanzi al Tar Torino è la decisione della Pa di rinnovare alcuni impianti di risalita, con la sostituzione di una telecabina alla precedente seggiovia e la creazione di un nuovo percorso, con ciò determinando, secondo il ricorrente, il passaggio di detto mezzo di trasporto sull'abitazione di sua proprietà, creando di conseguenza rischi e diminuendo la fruibilità dell'immobile in termini di inquinamento da rumore, serenità e riservatezza.
Secondo il ricorrente il nuovo percorso della telecabina, nel sorvolare la sua abitazione, si porrebbe in contrasto con l'articolo 6 della legge n. 403/1907, a mente del quale non può essere imposta una servitù di sorvolo a favore di una funicolare aerea sulle "case ancorché non abitate, le capanne, i giardini, le aree e i cortili ad esse attinenti" e, ancora, non sarebbe in ogni caso possibile il sorvolo di un'abitazione, atteso che detta circostanza non garantirebbe ex se la sicurezza del sistema, in contrasto con l'articolo 6 Dlgs n. 210/2003 che impone al progettista dell'impianto di prendere in considerazione "tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza del sistema e del suo ambiente".
Sgombrato il campo dall'applicazione della prima normativa – che, secondo il Ga piemontese è limitata, quanto alla sua operatività, alle "vie funicolari aeree private, destinate al trasporto di prodotti agrari, minerari e forestali, e di qualsiasi altra industria" (articolo 1, comma 1) e non è estendibile anche agli impianti di risalita – quanto alla più recente normativa del 2003 si precisa in sentenza come essa nell'imporre al progettista dell'impianto di prendere in considerazione "tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza del sistema e del suo ambiente" si muove nella direzione di regolamentare le modalità di sorvolo, prescrivendo il rispetto di rigorose regole tecniche e operative, tra cui quelle relative alle distanze minime dagli edifici e dal terreno, che sono finalizzate a garantire la massima sicurezza nell'esercizio dell'impianto.
Tant'è che l'articolo 2 comma.3 dell'allegato 2 Dlgs n. 210/2003, relativo alla "considerazione dei vincoli esterni", dispone che ogni impianto debba essere progettato e costruito in modo da poter essere utilizzato in condizioni di sicurezza, tenendo conto, inter alios, anche "delle eventuali opere e degli eventuali ostacoli terrestri e aerei situati nelle vicinanze". Non può dunque sostenersi che la normativa vigente (anche avuto riguardo al decreto dirigenziale di riferimento) escluda in assoluto il sorvolo di edifici da parte di impianti a fune.
Del resto, rammenta il Tribunale che l'ordinamento giuridico non vieta affatto ogni attività in sé pericolosa, ma si occupa piuttosto, laddove non ponga un espresso divieto, di indicare adeguate norme tecniche di eliminazione e/o mitigazione del rischio che, ove contenuto attraverso il rispetto di tali regole cautelari, diventa appunto "rischio consentito".
Per altro verso, poi, il tenore dell'articolo 6, I, Dlgs n. 210/2003 induce a ritenere che detta disposizione introduca una regola cautelare di carattere generale rispetto all'attività di progettazione dell'impianto nel suo complesso, imponendo, sul piano tecnico, che la stessa sia sottoposta all'analisi di sicurezza specificata nell'allegato III, prendendo "in considerazione tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza del sistema e del suo ambiente nel quadro delle fasi di progettazione, costruzione e messa in servizio, allo scopo di individuare i rischi che potrebbero manifestarsi in corso di funzionamento".
Tar Piemonte, Torino, sezione II, sentenza 5 aprile 2022, n. 322

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA
Espropriazione per pubblica – Proprietà privata – Tutela
(Costituzione, articolo 42; Dpr 8 giugno 2001, n. 327, articolo 42 bis; c.c., articoli 2043, 2058)
Trattando la materia dell'espropriazione per pubblica utilità l'adito Tar Napoli evidenzia come sia oramai espunto dal nostro ordinamento giuridico l'istituto dell'occupazione acquisitiva per cui, venuto meno il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della Pa possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato, diviene applicabile lo schema generale degli articolo 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l'acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene altrui su cui sia stata realizzata un'opera di pubblica utilità o di pubblico interesse in assenza di previa dichiarazione di pubblica utilità o in seguito all'inefficacia degli atti ablatori eventualmente emanati, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione, ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno (limitato al valore d'uso del bene), ancorato ai parametri dell'articolo 2043 c.c..
Per le fattispecie disciplinate dall'articolo 42-bis Dpr n. 327/2001 (Tue) l'illecito permanente dell'Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l'acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva, e la rinuncia abdicativa non può essere ravvisata, neppure se formulata dal soggetto privato sotto forma di domanda di risarcimento per il danno subito, atteso che una rigorosa applicazione del principio di legalità, affermato in materia dall'articolo 42 Cost. e rimarcato dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, richiede una base legale certa perché si determini l'acquisto della proprietà in capo all'espropriante, base legale che l'ordinamento individua esclusivamente nel provvedimento di acquisizione sanante ex articolo 42-bis cit., ovvero in un contratto traslativo di natura transattiva.
Tar Campania, Napoli, sezione VII, sentenza 6 aprile 2022, n. 2339

BENI PUBBLICI
Beni pubblici - Occupazione abusiva – Poteri della Pa

Il Tar Roma (chiamato a valutare la legittimità della determinazione di un comune di riacquisire un immobile di sua proprietà utilizzato senza titolo, da un privato, quale tabaccheria) sottolinea in sentenza come all'autorità amministrativa sia attribuito il potere di agire in autotutela per recuperare il possesso di beni pubblici, ferma restando la possibilità di fare ricorso agli ordinari rimedi di tutela della proprietà e del possesso previsti dal codice civile.
Né rileva in senso contrario che vi sia stata un'iniziale tolleranza in merito all'occupazione del bene, non radicando un simile contegno dell'amministrazione alcuna posizione di diritto o di interesse legittimo in capo all'occupante sine titulo, essendo irrilevante a tal fine anche il pagamento delle somme corrispondenti all'originario canone.
Alla naturale scadenza del rapporto concessorio (in assenza di istanze di rinnovo o proroga del medesimo) il bene deve dunque essere restituito alla Pa escludendosi, a fronte di un'occupazione "sine titulo" (pur accompagnata dal pagamento di un canone maggiorato) che possa parlarsi di decadenza dal rapporto e, quindi, di provvedimento di carattere sanzionatorio, versandosi semplicemente in presenza di una sostanziale presa d'atto della situazione oggettiva di scadenza e di mancato rinnovo della concessione.
Né possono dirsi presenti profili di contraddittoria in un provvedimento di tal fatta della Pa ove si comparino le scelte attuali dell'amministrazione (di recuperare il bene) rispetto a quelle operate in tempi precedenti (magari molti anni prima), dal momento che le valutazioni dell'Amministrazione vanno correlate agli interessi che, di tempo in tempo, essa intende perseguire sulla base delle proprie scelte di discrezionalità tecnico-amministrativa.
Tar Lazio, Roma, sentenza 6 aprile 2022, n. 4001

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