Penale

Furto di energia elettrica destinata a servizio pubblico: resta procedibile d'ufficio anche dopo la riforma Cartabia

Esclusa anche la non punibilità per particolare tenuità del fatto per l'abitualità che resta causa ostativa

di Aldo Natalini

Riforma Cartabia e modifiche al regime di procedibilità: il reato di furto di energia elettrica destinata a servizio pubblico resta procedibile d'ufficio anche all'indomani dell'entrata in vigore del Dlgs 150/2022.
Così la Quarta sezione penale della Cassazione che, con la sentenza n. 9452/2023, depositata il 7 marzo, ha rigettato il ricorso di un imputato, condannato "con doppia conforme" per aver sottratto la corrente elettrica dai bagni pubblici di proprietà comunale utilizzandola, tramite allaccio abusivo mediante una prolunga di oltre trenta metri, per illuminare la propria bancarella di rivendita di fiori.
Per la Suprema corte neppure il mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto – frattanto a sua volta estesa quoad poenam sempre dal Dlgs 150/2022 – è meritevole di censura, poiché nel novellato testo dell'articolo 131-bis del Cp l'elemento dell'abitualità, ravvisato nella specie dalla Corte di merito (a fronte di riconosciuta recidiva qualificata), resta pur sempre condizione ostativa.

La modifica al regime di procedibilità nel reato di furto aggravato
In uno dei motivi di ricorso per cassazione la difesa dell'ambulante aveva sostenuto, da un lato, che non sarebbe univoca la giurisprudenza che assegna all'energia elettrica una funzione di pubblico servizio; dall'altro, che non poteva ravvisarsi l'aggravante dell'aver agito su cose esposte alla pubblica fede (articolo 625, numero 7, del Cp) atteso che – nella specie – la cassetta di derivazione della corrente non era esposta al pubblico, ma si trovava in un locale chiuso e non accessibile.
Quest'ultima doglianza si ricollega – a ben vedere – al sopravvenuto novum conseguente alla riforma Cartabia del processo penale che, come noto, all'articolo 2 del Dlgs 150/2022 (entrato in vigore lo scorso 30 dicembre) ha modificato il regime di procedibilità di numerosi reati contro la persona e contro il patrimonio. Tra questi, nel furto, sono divenute procedibili a querela di parte la gran parte delle fattispecie aggravate dell'articolo 625 del Cp e, in particolare, quelle di cui ai numeri 2, 3, 4, 5, 6, 7 (limitatamente al fatto commesso su cose esposte alla pubblica fede) 8, 8-bis e 8-ter.
Resta invece la procedibilità d'ufficio se la persona offesa è incapace per età o per infermità ovvero se ricorre alcuna delle residue aggravanti speciali di cui ai numeri 7 (fatto commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici o sottoposte a sequestro o a pignoramento o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza, escluse le cose esposte alla pubblica fede) e 7-bis (fatto commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica) dell'articolo 625 Cp. La procedibilità d'ufficio, in queste ipotesi circostanziali, è giustificata in ragione del maggiore disvalore penale del fatto all'offesa al patrimonio pubblico e per la dimensione pubblicistica dell'oggetto materiale della condotta.

Il dictum: furto aggravato di energia elettrica destinata a pubblico servizio e procedibilità officiosa
La Cassazione con la sentenza annotata – valutando motu proprio l'incidenza dello ius superveniens – ha premesso che il reato di furto aggravato di energia elettrica per cui si procede nella vicenda al vaglio deve ritenersi tuttora procedibile d'ufficio, pur a fronte delle modifiche di favore introdotte dal Dlgs 150/2022 al regime di procedibilità dei delitti di furto.
Invero, la procedibilità a querela introdotta dalla novella legislativa è esclusa – come visto – oltreché nelle ipotesi di vittima vulnerabile, qualora ricorra taluna delle circostanze aggravanti speciali di cui all'articolo 625, numeri 7 ("salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede", che resta procedibile a querela), e 7-bis del Codice penale.
Nel caso di specie l'aggravante di cui all'articolo 625, n. 7, del Cp era contestata in relazione al fatto che la condotta di allaccio abusivo fu commessa su un bene, come l'energia elettrica, destinato a servizio pubblico e, pertanto, il reato rimane perseguibile d'ufficio.
Al riguardo la decisione in commento si rifà a quell'indirizzo di legittimità – anche da ultimo ribadito – secondo il quale in tema di furto di energia elettrica, è configurabile l'aggravante di cui all'articolo 625, n. 7, del Cp in caso di sottrazione mediante allacciamento abusivo ai terminali collocati in una proprietà privata, rilevando, non già l'esposizione alla pubblica fede dell'energia mentre transita nella rete [ipotesi circostanziale per la quale il resao resta procedibile a querela, NdA], bensì la destinazione finale della stessa a un pubblico servizio dal quale viene distolta, destinazione che comunque permane anche nell'ipotesi di una tale condotta (così Cassazione, sezione V penale, n. 1094/2022, Mondino, Ced 282543; nello stesso senso, ma in tema di danneggiamento, vedi sezione VI penale, n. 698/2014, Giordano, Ced 257773; sezione II penale, n. 12880/2015, Meduri, Ced 262779).

Particolare tenuità del fatto e retroattività
Sotto altro profilo, la Corte ha del pari ritenuto irrilevante – nella specie – lo ius novum di favore quanto alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a fronte di riconosciuta recidiva specifica.
Secondo il difensore dell'imputato, la Corte di merito aveva errato nel negare l'invocata declaratoria ex articolo 131-bis Cp esclusivamente sul rilievo della pena massima del reato commesso, superiore nel massimo ai cinque anni.
Al riguardo é intervenuta, medio tempore, la modifica dell'articolo 131-bis Cp sotto il profilo del requisito del limite di pena detentiva oltre il quale la causa di non punibilità non può essere riconosciuta: limite di pena che, precedentemente, in effetti era indicato nel massimo in misura non superiore a cinque anni di reclusione e che, ora, in forza del già richiamato Dlgs 150/2022, è indicato esclusivamente nel minimo edittale, che non dev'essere superiore a due anni.
Orbene, trattandosi di disposizione di natura sostanziale più favorevole all'imputato, la Suprema corte avrebbe potuto certamente rilevarla d'ufficio in applicazione dell'articolo 2, comma 4, del Cp.
Tuttavia, nella specie, l'applicazione dell'invocata causa di non punibilità è stata ritenuta in ogni caso preclusa dalla contestata (e riconosciuta) recidiva qualificata, riferita - per come emergeva in atti - a una pluralità di furti, ossia di reati della stessa indole di quello per cui si procedeva. Ed è noto che anche nell'attuale testo novellato dell'articolo 131-bis del Cp l'aver commesso più reati della stessa indole (anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità) costituisce elemento di abitualità, ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità in esame. Perciò, a nulla rileva – conclude la Cassazione – la sopravvenuta abrogazione del limite massimo di cinque anni di pena ai fini dell'applicabilità della particolare tenuità del fatto, applicabilità cui osta, nel caso al vaglio, altro ed ulteriore elemento ostativo che il ricorrente ha omesso di considerare nel motivo di ricorso, ma che é oggettivamente rilevabile in base agli atti disponibili.

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