Penale

Europa divisa sul market abuse: l’Italia non sanziona i fatti gravi

Dai dati Esma 2021 emerge che il nostro Paese punisce di più ma per violazioni minori. In altri Stati ci sono sistemi meno «severi» o in cui l’enforcement si concentra sulle condotte più gravi <br/>

di Marco Ventoruzzo

Il Rapporto 2021 sulle sanzioni in materia di abusi di mercato, pubblicato alla fine dello scorso anno dall’Esma, testimonia che l’Italia sanziona di più, quanto a numero, e di meno, quanto a importo di misure. D’altra parte, offre anche l’occasione per confrontare le (diseguali) politiche di enforcement in Europa e concretizzare, rispetto almeno a questo importante corpo normativo, le discussioni sui costi della quotazione e gli oneri e i rischi legali per i partecipanti al mercato, comparando diversi Paesi europei.

È difficile fare una classifica generale, ma certamente tra le materie che più impegnano società e intermediari vi sono le operazioni con parti correlate, le regole di governo societario relative alla composizione degli organi, e – appunto – la disciplina degli abusi di mercato (Mar), ossia la gestione delle informazioni privilegiate e i divieti connessi col loro possesso e la manipolazione.Si tratta di regole fondamentali per il buon funzionamento dei mercati e la tutela degli investitori, per le quali occorre assicurare una rigorosa applicazione.

Ma va anche detto che alcune scelte regolamentari e di enforcement delle Autorità di vigilanza, insieme a recenti decisioni giurisprudenziali, sia a livello nazionale che europeo, estendono in modo significativo l’ambito di applicazione del Mar e creano talune incertezze: ci riferiamo, ad esempio, alla questione “insider di se stesso” (se mere decisioni di operare possono considerarsi informazioni privilegiate), o alla puntuale definizione di quando sorge un’informazione privilegiata, ad esempio nel contesto delle Opa o delle operazioni straordinarie.Problemi, in Italia, amplificati dal cosiddetto doppio binario, cioè il fatto che diverse violazioni possono implicare sanzioni sia amministrative (ma molto pesanti, e infatti a volte considerate «sostanzialmente penali»), sia penali.

DOVE SCATTANO LE SANZIONI

I differenti approcci
È allora interessante dare uno sguardo ai dati empirici sull’applicazione delle sanzioni nei diversi ordinamenti e provare a trarre qualche, pur preliminare e semplificata, conclusione. I confronti tra i dati non sono facili e vanno – come sempre in questi casi – presi con un pizzico di sale, perché sebbene la disciplina sia fortemente armonizzata, esistono differenze importanti tra gli ordinamenti che, combinate con le diverse caratteristiche dei mercati e con una non sempre perfetta integrazione dei sistemi di rilevazione statistica, possono incidere sulla portata di simili comparazioni. Per limitarsi a un solo esempio, alcuni Paesi (Germania, Irlanda, Danimarca...) hanno optato per non prevedere sanzioni amministrative quando le violazioni possono essere perseguite penalmente: scelta che da un lato riduce i problemi di «doppia punizione» per gli stessi fatti, e dall’altro riduce il numero e il peso delle sanzioni amministrative.

Anche con tutti questi caveat, però, dai dati – in particolare sulle sanzioni amministrative – emergono alcune differenze di fondo tra gli approcci dei supervisori. Si notano infatti sistemi “meno severi”, anche tenendo conto delle dimensioni dei mercati e pur ipotizzando anni di particolare “buona condotta” dei vigilati: se non è del tutto sorprendente vedere che nessuna sanzione Mar è stata applicata nel 2021 in Paesi quali Repubblica Ceca, Finlandia, Lettonia o Polonia (e una sola, per 5.000 euro, a Malta), colpisce un poco l’assenza di sanzioni in Irlanda e, specialmente, nei Paesi Bassi, che si ritengono impegnati in una competizione per attrarre società e operatori anche dall’Italia.

Particolarmente significativo è il numero di violazioni riscontrate e la sanzione media applicata (un dato non fornito dall’Esma, ma banale da ricavare). Emerge qui una differenza di approccio: da un lato Autorità che paiono concentrarsi su investigare e sanzionare severamente un numero contenuto di condotte gravi; dall’altro Autorità che perseguono un approccio più “a pioggia”, irrogando numerose sanzioni piccole, verosimilmente per violazioni anche minori e più formali. L’Italia si colloca ai primissimi posti di questo secondo approccio. I grafici in questa pagina (elaborazioni sui dati Esma) lo mostrano chiaramente rapportando l’Italia almeno ai Paesi più vicini per dimensioni, caratteristiche del sistema economico e cultura giuridica. A fronte di una media di dieci sanzioni irrogate nel 2021 negli ordinamenti considerati, in Italia se ne sono viste il triplo: ben 30 (in confronto a tre, sei e quattro rispettivamente in Francia, Germania e Spagna). L’ammontare della sanzione media “italiana” nello stesso periodo è poi inferiore ai 29.000 euro, rispetto a una media di quasi 325.000 euro, con Francia (outlier) che supera 1,7 milioni, ma Germania e Spagna che si attestano a 230.000 e 100.000 euro rispettivamente.

Le violazioni sotto esame

Come anticipato, difficile trarre conclusioni definitive e granitiche da questi numeri. Siccome è però improbabile che questi risultati corrispondano a comportamenti diversi di operatori ed emittenti in Italia rispetto ad altri Paesi, così come sarebbe strano pensare a una mano particolarmente leggera dell’Autorità nella misura della sanzione, occorre interrogarsi sull’opportunità di impiegare le scarse risorse dell’enforcement su quelle che paiono tante piccole violazioni, rispetto a concentrarle su poche, ma gravi. È comunque certo che, per il loro possibile effetto reputazionale, tante piccole sanzioni, possibilmente per irregolarità formali o comunque minori, rischiano di creare particolare incertezza proprio presso quei soggetti che più desiderano rispettare la disciplina e tengono alla propria reputazione, e che desiderano minimizzare i rischi di compliance. O, peggio, rischiano di mandare il messaggio che violazioni gravi e di forte disvalore sono perseguite in modo meno severo. In ogni caso, proprio a fronte di regole sostanziali uniformi, come è nel Mar, queste differenze di approccio lasciano perplessi e alterano il campo di gioco. Anedotticamente, la sensazione di chi frequenta i mercati è che questa situazione non sia limitata alla materia dell’insider trading e degli abusi di mercato.

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