Giustizia

La riforma del processo civile non piace all'Avvocatura: no alla compressione dei diritti

Per l'Avvocatura servono interventi su organizzazione, investimenti e organico

di Francesco Machina Grifeo

Non incontra il favore dell'Avvocatura la proposta di riforma della Giustizia civile presentate dal Governo sotto forma di emendamento al Ddl delega di riforma del processo civile (AS 1662). Per il Consiglio nazionale forense le proposte "non sono condivisibili", servono interventi su "organizzazione, investimenti e organico" perché l'obiettivo di riduzione tempi "non si raggiunge solo con interventi sulle regole del processo". Sulla stessa lunghezza d'onda il Movimento Forense secondo cui la difesa dei diritti e i tempi congrui delle cause sono due esigenze "da salvaguardare con gli investimenti, non con le sole tagliole processuali". Rincara la dose l'Associazione giovani avvocati che esprime "profonda preoccupazione" per una riforma che "aumenta le ipotesi di restrizione della tutela dei diritti del cittadino".

"La riforma della giustizia – afferma la presidente del Cnf Maria Masi - deve mirare ad un nuovo e rinnovato approccio di sistema. L'obiettivo perseguito, ossia la riduzione del 40% dei tempi del processo civile e del 20% di quelli del processo penale, così come richiesto dalla Commissione europea, ammesso che possa considerarsi coerente con i principi invocati dall'Onu nell'Agenda 2030 di sostenibilità e solidità delle istituzioni e di assicurare a tutti l'accesso alla giustizia, non potrà, comunque, raggiungersi se oltre ad intervenire sulle regole del processo non si agisce coraggiosamente anche sull'organizzazione degli uffici giudiziari, sugli investimenti funzionali e sulla carenza di organico di magistrat i e personale amministrativo oltre che sull'equa responsabilizzazione di tutti gli operatori, compresi i magistrati". "I tempi ragionevoli e soprattutto la qualità della giustizia – conclude - non sono perseguibili solo con l'ennesima riforma delle norme di rito in cui, ancora una volta, sono i cittadini a rischiare di pagare il tributo più alto. In nome di una presunta riduzione dei tempi del processo il rischio è quello di sacrificare il diritto di accesso alla giustizia e le garanzie di difesa".

Il Movimento Forense boccia "l'impianto complessivo della riforma, che pare avere come unico obiettivo di fondo la compressione dei tempi processuali, a costo zero, senza un chiaro intervento sistematico, che assicuri la difesa dei diritti attraverso un adeguato bilanciamento tra l 'interesse alla celerità e il doveroso rispetto del contraddittorio".
Per il Presidente Nazionale, Antonino La Lumia: "Se possono essere accolte con favore alcune scelte in materia di semplificazione del rito, nonché quelle in tema di potenziamento delle ADR, altrettanto non può dirsi per le proposte che estremizzano le tagliole processuali per le parti e per i loro avvocati, senza prevedere analoghi termini perentori per i giudici". "La circostanza è ancor più grave – prosegue - se si considera che la riforma è stata concepita e delineata senza alcun coinvolgimento dell'Avvocatura".

Mentre la spinta governativa verso la dimensione extragiudiziaria della lite, "pur condivisibile in linea di principio, lascia irrisolte problematiche note, che attengono alla contabilizzazione certa dei costi correlati e ai necessari contrappesi rispetto alle decadenze e alle condizioni di procedibilità nel processo". Del resto, le attività stragiudiziali non hanno una previsione "distinta e autonoma nel tariffario forense disciplinato dal DM 55/2014, ingenerando così confusione". "Se davvero si vuole riformare la Giustizia civile – conclude La Lumia -, ci vuole il coraggio di parlare certamente di rapidità e di digitalizzazione, ma anche dei mezzi economici necessari perché gli avvocati ne possano portare il peso sulle spalle, senza fingere che gli articoli 36 (equo compenso) e 111 (giusto processo) della Costituzione siano da disapplicare solo per il lavoro dei professionisti forensi".

Un tema su cui torna anche il Presidente dell'Aiga Antonio De Angelis: "È indecoroso che questa proposta contenga la sostanziale abrogazione delle norme a tutela della dignità dell'avvocatura e dell'equo compenso per la risoluzione stragiudiziale delle controversie. Parimenti avvilente per la nostra categoria è constatare come venga estesa la competenza di Pa e notai, a scapito dell'adeguata tutela dei diritti dei cittadini e del ruolo dell'Avvocatura".

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