Responsabilità

Il calciatore infortunato per le condizioni del campo deve dimostrare il nesso di causalità tra terreno e danno

La responsabilità del custode non è affatto automatica e il danneggiato deve dimostrae il rapporto causale

di Giampaolo Piagnerelli

Anche se il campo di calcio è ai limiti dell'utilizzabilità, il giocatore che subisca un infortunio proprio in funzione del pessimo stato del terreno, deve dimostrare il nesso di causalità tra le condizioni del "manto erboso" e il danno fisico riportato. Lo chiarisce la Cassazione con l'ordinanza n. 7172/22.

I giudici di merito
La Corte d'appello di Palermo ha ritenuto che l'attore (il calciatore) non avesse provato le modalità del fatto e, in particolare, non avesse dimostrato il rapporto tra la caduta rovinosa e le condizioni del terreno. Per i giudici di seconde cure aveva sbagliato il tribunale a dare ragione al calciatore come se il nesso causale terreno/caduta fosse incontroverso e per certi versi "in re ipsa". La Cassazione si è espressa in sintonia con la Corte d'appello. Questo perché - si legge nella decisione odierna - secondo un consolidato orientamento di legittimità l'articolo 2051 del codice civile afferma la responsabilità del custode del bene per i danni da questo cagionati secondo un criterio oggettivo di responsabilità che poggia sul rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso. Puntualizzano, però, i Supremi giudici che - a fronte di una spiegazione del custode - l'onere probatorio si sposta sul danneggiato che, per vedersi risarcito, deve fornire la prova del richiamato nesso di causalità.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©