Lavoro

Con la cessione di fatto licenziamento inesistente e passaggio al cessionario

Il tribunale di Cosenza (sentenza del 5 aprile 2022) ha riconosciuto privo di effetti il licenziamento intimato dalla società cedente e il diritto della lavoratrice alla prosecuzione del rapporto con la società risultata cessionaria

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

In presenza di un trasferimento di fatto dell’attività aziendale, a prescindere dalla insussistenza di un atto formale di cessione del ramo d’impresa, il licenziamento intimato dal cedente in un periodo temporale successivo è «tamquam non esset». Per effetto della cessione di fatto, l’impresa che ha intimato il licenziamento non è più titolare del rapporto di lavoro e la lavoratrice ha diritto alla sua prosecuzione con l’impresa subentrata, seppur solo «de facto», nella gestione del business aziendale.

Non è dirimente che la cessione sia stata contestata dalle società coinvolte, né che non sia stato rinvenuto un atto formale di trasferimento, se sul piano operativo il passaggio risulta essersi prodotto attraverso una serie di comportamenti concludenti. Applicando questi principi, il tribunale di Cosenza (sentenza del 5 aprile 2022) ha riconosciuto privo di effetti il licenziamento intimato dalla società cedente e il diritto della lavoratrice alla prosecuzione del rapporto con la società risultata cessionaria.

Anche se la cessione non si era perfezionata sul piano formale, ad avviso del giudice calabrese la circostanza che l’operazione si fosse prodotta sul piano materiale era dirimente per l’applicazione dell’articolo 2112 del Codice civile. La norma codicistica prevede il passaggio senza soluzione di continuità dei lavoratori dell’impresa cedente a quella cessionaria.

La causa si riferisce a un licenziamento intimato da una società in liquidazione a una dipendente perché quest’ultima ha rifiutato di aderire a una proposta aziendale. La lavoratrice ha impugnato il licenziamento e promosso un ricorso secondo il rito Fornero, sostenendo che si era, nel frattempo, realizzato il passaggio del business aziendale ad altra impresa. Su tale presupposto, è stata chiesta la prosecuzione del rapporto con il soggetto cessionario o, in subordine, la dichiarazione di nullità del licenziamento e la reintegrazione in servizio.

Il giudice della fase sommaria ha accolto solo in parte il ricorso, riconoscendo la natura ritorsiva del licenziamento e ordinando la reintegrazione in servizio presso la società in liquidazione, senza riconoscere la cessione di fatto del ramo d’azienda.

Nella fase di opposizione il tribunale di Cosenza ha riconosciuto che sul piano materiale si era realizzato un trasferimento e che il licenziamento doveva essere esaminato in tale più ampio perimetro. L’assenza di un atto formale di cessione è ininfluente, ad avviso del giudice, perché l’effettiva realizzazione del trasferimento era comprovata dall’assunzione di buona parte dei lavoratori, dalla loro adibizione ai medesimi servizi, dall’utilizzo delle stesse dotazioni, dal mantenimento della precedente organizzazione (inclusi i turni) e delle password di accesso ai sistemi informatici.

In definitiva, anche rispetto ai trasferimenti d’azienda, la sostanza deve prevalere sulla forma e il lavoratore ha diritto alla prosecuzione del rapporto con il cessionario, a prescindere dalla insussistenza di un atto di trasferimento ufficiale, se l’operazione circolatoria è intervenuta sul piano materiale.

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