Civile

Dl Ristori: Tributaristi (Uncat), grave rinunciare alle udienze da remoto

Per il presidente Damascelli l'opzione della trattazione scritta diventa non più una facoltà bensì l'unico sbocco nell'attuale momento

"Grave rinunciare alle udienze da remoto a favore di un processo documentale, come sostanzialmente si apprende dalla bozza di decreto legge Ristori, approvato ieri dal Consiglio dei ministri". Lo scrivono gli avvocati tributaristi di Unione nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi (Uncat). "Nella annunciata riforma fiscale, aggiungono, è necessario non ripetere gli stessi errori. Perché la pressione fiscale, unitamente allo squilibrio tra amministrazione finanziaria e contribuente, renderà pressocché impossibile qualsiasi tentativo di ripresa economica".

"La bozza diffusa ieri – afferma il presidente Antonio Damascelli - è assai deludente non solo per le farraginose e generiche precondizioni che dovrebbero autorizzare i singoli presidenti ad adottare il rito da remoto, con conseguenti provvedimenti a macchia di leopardo ma, soprattutto, perché è lo stesso legislatore ad essere consapevole dell'impraticabilità allo stato attuale del processo da remoto per le deficienze degli strumenti di accesso da parte degli stessi uffici giudiziari". "Sicché – prosegue -, invece di spingere perché questa modalità sia concretamente applicabile, si reitera un impianto tecnico che non può funzionare nell'immediato ed è illusorio. L'opzione della trattazione scritta diventa, pertanto, non più una facoltà bensì l'unico sbocco nell'attuale momento. Tanto valeva pensare ad una disciplina compiuta che salvaguardasse meglio, nell'emergenza, anche il diritto di difesa".

L'occasione della presa di posizione è stata il convegno " Vent'anni dallo Statuto del contribuente. E' il tempo della riforma tributaria? ", promosso da Uncat e Camera Tributaria di Palermo, con la Regione Sicilia, al quale ha partecipato il direttore Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.

Nel nostro paese, dati dei tributaristi, il "total tax & contribution rate", e cioè il carico fiscale e contributivo complessivo delle imprese, è pari al 59,1 %, (dato riferito al 2018) tra i più alti a livello mondiale. Nel rapporto annuale predisposto sul tema dei costi della compliance dalla world bank group e dalla pwc (paying taxes 2020 – con riferimento al 2018) l'Italia si colloca al 128° posto su 190 paesi del mondo analizzati.

"E' necessario – ha concludo Damascelli - dare rilievo costituzionale alle norme dello Statuto, il cui grande valore è stato quello di rompere col metodo casistico e introdurre principi generali nell'ordinamento fiscale".

Con riguardo alla riforma tributaria, il vicepresidente Angelo Cuva, ha evidenziato che risulta pregiudiziale una riforma dell'amministrazione finanziaria: "in Italia il costo della compliance è particolarmente elevato: l'Italia si colloca al 128° posto su 190 paesi del mondo analizzati". "In questo quadro di riforme attese - conclude -, perno centrale deve essere la riforma della giustizia tributaria".

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