Civile

Entrata in vigore delle norme sull'allerta: opportunità o pericolo?

Nelle more della pubblicazione del presente articolo, con decreto 22 aprile 2021, è stata costituita presso il Ministero della Giustizia una Commissione per elaborare proposte di interventi sul Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza e ciò proprio in quanto si è ritenuto "che meritano approfondimenti le criticità, da più parti segnalate, che potrebbero derivare dall'applicazione immediata di talune norme del Codice, anche in relazione al mutato contesto economico di riferimento" e che "merita di essere approfondita l'opportunità di modificare talune norme del Codice alla luce dell'emergenza sanitaria in atto e, comunque, di emanare ulteriori disposizioni integrative e correttive"

di Franca Vianello*


Se quello che si chiede alla nuova normativa concorsuale è di essere in grado di spostare l'attenzione dall'insolvenza anticipandola alla crisi - tanto che il fiore all'occhiello di tale nuova disciplina, l'essenza di tale auspicata "rivoluzione epocale" erano (come sono) le procedura d'allerta, la prima domanda da porsi è se l'entrata in vigore di tale normativa, ed in particolare di quella sull'allerta, calata nell'attuale contesto storico, sia o meno in grado di assolvere a tale precipua funzione o se invece possa pericolosamente portare ad una dispersione anche maggiore proprio di quei medesimi valori aziendali che con la precoce emersione delle crisi si vorrebbero salvaguardare, garantendo la continuità d'impresa.

Una cosa è certa: il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (che ha visto la luce due anni fa, con il d.lgs. 12.01.2019, n. 14, di seguito CCII) e quindi gli istituti ivi previsti, sono stati pensati con riferimento ad una situazione fisiologica di mercato, di relativa sua stabilità, e non già ad un contesto imprenditoriale, soprattutto quello delle PMI (che peraltro costituiscono il tratto distintivo del tessuto imprenditoriale italiano), sconvolto dalle conseguenze della gestione politica della crisi sanitaria.

Com'è stato efficacemente osservato, in tale contesto di crisi generalizzata lo stesso impianto normativo del CCII, peraltro pensato rapportando la crisi dell'operatore economico all'andamento dello specifico settore di appartenenza, perde significato in uno "scenario nel quale si rovescia il mondo e, ove ci fossero, le imprese in ordinario funzionamento diventano le eccezioni", suggerendo forse la necessità che "ci vogliono [vogliano] norme nuove per disciplinare situazioni che sono completamente nuove".

Invece sia il CCII, sia la Direttiva (UE) 2019/1023 ("Direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza", cd. Direttiva Insolvency) in materia di ristrutturazione preventiva delle imprese nel frattempo emanata e cui evidentemente qualsiasi norma interna dovrà conformarsi, risentono della problematica di essere stati concepiti in una situazione di fisiologia del mercato, profondamente diversa, quindi, dall'attuale.

E che sia lo stesso approccio al rinnovamento della crisi di impresa a dover essere profondamente rivisitato e ripensato, si coglie pure dal contenuto del documento "Reviving and restructuring the corporate sector post-covid", presentato nello scorso dicembre da Mario Draghi al G30, nel quale, per l'appunto - accantonata l'ottica di breve periodo di mero recupero della liquidità da parte delle imprese perseguita dai primi interventi dalle Banche Centrali e dai singoli Stati - si ha invece maggior riguardo al recupero nel medio e lungo periodo di quelle imprese importanti sul piano produttivo che dimostrino di avere ancora capacità di produrre reddito e di sostenersi finanziariamente.

Tale complessiva situazione ha recentemente indotto l'Italia a chiedere alla Commissione Europea il differimento di un anno del termine per il recepimento della nominata Direttiva Insolvency (con scadenza il prossimo 17 luglio), e il padre della riforma del diritto concorsuale, dott. Renato Rodorf, ad affermare che la riforma "è perciò entrata in un cono d'ombra: uno stato di sospensione nel quale non si ha certezza non solo dei tempi di attuazione … ma persino del se essa verrà mai attuata davvero".

Sinteticamente, i pro ed i contra dell'entrata in vigore del CCII, così come attualmente formulato, si possono principalmente (e senza pretesa di esaustività) così soppesare:

PRO

- l'entrata in vigore del CCII concreterebbe un allineamento - seppure, si è detto (cfr. nota n. 6 che precede), non puntuale - della normativa concorsuale ai principi della direttiva Insolvency n. 2019/1023 frattanto emanata;

- la riforma contribuirebbe a dare sistematicità ad una materia che finora è stata oggetto di interventi disorganici, con una conseguente disomogeneità e talvolta contraddittorietà della normativa concorsuale, mettendo al centro della materia l'impresa e non l'imprenditore, in un'ottica certamente più attuale e che maggiormente si concilia con la volontà di privilegiare il recupero della funzionalità di quelle imprese che ancora sono in grado di contribuire allo sviluppo economico e sociale del Paese;

- in particolare, poi, l'anticipazione dell'emersione della crisi tramite gli strumenti dell'allerta, con un auspicabile intervento prima che la crisi sia irreversibile (e che l'impresa sia irrimediabilmente espunta dal mercato) consentirebbe, nella migliore delle ipotesi, di conservare l'impresa, mantenendone la continuità aziendale, ma anche, nel peggiore degli scenari, una maggior soddisfazione dei creditori conseguente ad una più precoce liquidazione dei beni del debitore.

CONTRA

-l'applicazione delle norme sull'allerta nell'attuale contesto storico economico verosimilmente porterebbe a un numero impressionante (oltre che ingestibile) di segnalazioni anche di imprese sostanzialmente "sane" in grado cioè di recuperare del medio/lungo periodo la capacità di produrre un reddito e sostenersi finanziariamente sul mercato, con il rischio di innescare una crisi irreversibile in interi settori dell'economia (come peraltro specificatamente e anche recentemente denunciato da Assonime): tant'è che lo stesso dott. Rodorf ammette che gli istituti dell'allerta e della composizione assistita della crisi torneranno utilissimi, ma solo "quando questo tormentato periodo sarà finalmente alle nostre spalle".

Non a caso il decreto cd. Sostegni (D.L. n. 41/2021, art 5, comma 14) ha rinviato al 16 maggio 2023 l'entrata in vigore dell'obbligo di segnalazione da parte dell'Agenzia delle Entrate degli omessi versamenti IVA sopra la soglia d'allerta (cfr. art. 15 CCII): provvedimento la cui efficacia rischia peraltro di essere vanificata e di provocare una serie di dubbi applicativi se non sarà accompagnato da un generale differimento dell'entrata in vigore dell'intero CCII o quantomeno degli strumenti d'allerta;

-pur essendo - così almeno afferma UnionCamere - pronta la struttura organizzativa presso tutte le camere di commercio dislocate sul territorio nazionale, l'elevatissimo numero delle possibili/probabili segnalazioni, provocherebbe una paralisi di tali medesime strutture, essendo comunque numericamente insufficienti i professionisti che dovranno comporre i collegi degli esperti, ciascuno di tre membri, da nominarsi tra quelli iscritti nell'Albo dei gestori della crisi e dell'insolvenza tenuto dal Ministero della giustizia (art. 356).

Professionisti la cui stessa esistenza appare evidentemente prodromica ed indispensabile al funzionamento del sistema congegnato dal CCII, ma il cui numero, (anche volendo ammettere l'utile applicazione, allo stato attuale, della nuova normativa concorsuale) è attualmente pacificamente insufficiente per il regolare funzionamento degli organismi di composizione della crisi d'impresa (cd. OCRI).

Si può quindi essere d'accordo o meno sull'opportunità dell'entrata in vigore del CCII, ma quello che è sicuro è che, comunque, se entrerà in vigore, per conservarne la filosofia, dovranno necessariamente essere apportati opportuni e significativi correttivi, ciò che invece il legislatore non sembra aver compreso, se è vero, come purtroppo è, che non ha adeguatamente "approfittato" dell'intervento correttivo dell'ottobre 2020 (d.lgs. 26.10.2020, n. 147), nell'ambito del quale invero non sono affatto stati modificati quegli istituti e norme del CCII la cui eventuale entrata in vigore il prossimo settembre nell'attuale contesto socio-economico, si è detto, preoccupa non poco.

Incapacità del legislatore che è stata sottolineata dal Consiglio di Stato, che ha osservato come le modifiche apportate dal menzionato correttivo "non rispondono a un disegno nuovo o diverso rispetto alla disciplina posta dal Codice, limitandosi, a seconda dei casi, a rimuovere meri refusi, ad apportare riformulazioni puramente lessicali o formali e, in taluni casi, a cercare di risolvere alcuni dubbi interpretativi".

In realtà, le norme sull'allerta sembrano di per sé stesse scarsamente compatibili con l'attuale scenario economico, rendendo forse preferibile differirne l'entrata in vigore a quando (auspicabilmente) la situazione di mercato sarà rientrata entro parametri di relativa normalità: criticità che allo stato, infatti, non sembrano risolvibili nemmeno con l'introduzione di correttivi di sorta.

Ad ogni buon conto, quanto ai possibili correttivi da apportare alla normativa del CCII, premesso che sarebbe auspicabile l'introduzione di norme che pongano rimedio alle problematiche evidenziate, fornendo al contempo all'impresa uno strumento agile, privo di inutili tecnicismi e formalità, che la supportino, favorendone la continuità e sostenibilità, tali correttivi, schematicamente potrebbero consistere:

- nell'allungamento dei tempi previsti dal sistema dell'allerta: è invero evidente che il termine di trenta giorni imposto dagli organi di controllo della società (ovvero dal revisore contabile o dalla società di revisione) all'imprenditore una volta ravvisata l'esistenza di fondati indizi di crisi (art. 14, comma 2, CCII) affinché l'organo amministrativo riferisca in ordine alle "soluzioni individuate" ed alle iniziative intraprese", nonché pure il successivo termine di sessanta giorni per adottare le misure "necessarie per superare lo stato di crisi" (citato art. 14, comma 2, CCII), sono termini evidentemente insufficienti.

Previsioni le cui conseguenze negative ricadono direttamente sull'impresa, che invero, in caso di risposta inadeguata circa la soluzione proposta con riferimento alla propria crisi, sarà soggetta alla possibile segnalazione all'OCRI da parte degli organi di controllo societari, ovvero nei cui confronti potrà esserci la segnalazione della notizia di insolvenza al Pubblico Ministero (art. 22 CCII);

- nell'allungamento del termine di sei mesi (rectius, dopo il Correttivo, di 90 giorni più eventuali altri tre mesi) imposto all'OCRI per ricercare una soluzione concordata della crisi d'impresa (art.19 CCII), termine del pari insufficiente per concepire e strutturare un piano per il risanamento aziendale (gravando sempre sull'impresa le conseguenze negative dell'impossibilità di rispettare tale termine);

- nella delimitazione della responsabilità degli organi di controllo societario, al fine innanzitutto di evitare da parte loro un utilizzo "difensivo" dell'obbligo di segnalazione all'amministratore e di successiva denuncia all'OCRI dello stato di crisi. È infatti evidente che l'organo di controllo societario, al solo fine di evitare di incorrere in eventuali, ulteriori responsabilità in solido con l'amministratore (ex art. 2407 c.c.), potrebbe essere "invogliato" ad un utilizzo eccessivo o addirittura strumentale di tale segnalazione, con tutte le conseguenti, negative implicazioni, come al solito, ricadenti sull'impresa;

- nella predisposizione di un sistema che garantisca, oltre alla (mera) implementazione numerica dell'elenco dei professionisti che dovranno entrare a far parte degli OCRI, anche la loro specifica competenza e qualifica in materia di crisi e risanamento aziendale soprattutto in considerazione del ruolo chiave di tali professionisti verranno ricoprire per il futuro stesso della singola impresa ed in generale per il tessuto economico imprenditoriale.

Se è vero che "La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l'altro rappresenta l'opportunità" (J.F. Kennedy), sta quindi a noi non lasciarci scappare l'opportunità che l'attuale momento storico offre di innovare e conformare ai principi unionali la normativa concorsuale, peraltro assolutamente scongiurando il pericolo che tale rinnovamento sia gestito sconsideratamente, senza cioè valutarne partitamente le specifiche ripercussioni in ambito economico.

Diventa sempre più evidente, economia e diritto o si salvano assieme o non se ne salva nessuno dei due.

*Franca Vianello, Associate Partner di Rödl & Partner.

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