Civile

Non è possibile rinunciare all’eredità senza inventario dei beni entro 3 mesi

Per la Cassazione (36080) la rinuncia priva di questa formalità non libera il chiamato dei debiti verso il Fisco

di Angelo Busani

Il chiamato all’eredità che è nel possesso dei beni ereditari non può rinunciare all’eredità se non compie l’inventario entro tre mesi dal giorno di apertura della successione o dal giorno del ricevimento della notizia del decesso del de cuius: pertanto, se il defunto aveva un debito verso il Fisco, non vale a nulla la rinuncia all’eredità che sia effettuata dopo il decorso del predetto trimestre senza che alcun inventario sia stato compiuto. Lo afferma la Cassazione nella ordinanza n. 36080 del 23 novembre 2021.

L’apertura di una successione (e cioè il verificarsi della morte della persona fisica) provoca l’instaurazione della cosiddetta “chiamata all’eredità”, vale a dire la fase di individuazione dei soggetti che, per testamento o per legge, possono conseguire il patrimonio ereditario effettuando l’accettazione dell’eredità stessa. Con l’accettazione, infatti, il chiamato all’eredità diventa erede e, con ciò, subentra nell’intero patrimonio attivo e passivo del defunto; ma se la parte passiva supera la parte attiva, succede che l’erede risponde dei debiti del defunto, oltre che con i beni ereditati, anche con il proprio personale patrimonio.

L’accettazione si può compiere o in forma espressa (e cioè esplicitamente dichiarando di accettare l’eredità) o in forma tacita (e cioè compiendo un’attività inerente all’eredità - ad esempio, vendere l’automobile appartenuta al defunto - che egli non potrebbe effettuare se non nella sua qualità di erede). Vi è poi un terzo caso di accettazione dell’eredità, che è quello derivante dal semplice possesso di uno o più beni ereditari, anche di irrisoria entità, protratto per oltre tre mesi (per “possesso” si intende la materiale disponibilità): è facile percepire che questo è il sistema di accettazione più frequente da parte dei familiari che convivessero con il de cuius.

Chi si trova in questa situazione di possesso dei beni ereditari può però evitare di divenire erede “puro e semplice” (e, cioè, in particolare, di rispondere dei debiti del defunto con il proprio patrimonio personale, se si tratta di un’eredità passiva) compiendo, entro tre mesi dall’apertura della successione (salvo proroga concessa dal tribunale), l’inventario dell’eredità, operazione che consente di stabilire qual è la consistenza dell’attivo e del passivo trasmesso dal defunto.

Una volta, dunque, terminate le operazioni di inventario, la legge concede al chiamato possessore il termine di 40 giorni di esprimere la rinuncia all’eredità oppure la cosiddetta accettazione con il beneficio di inventario: in quest’ultimo caso, il chiamato diventa bensì erede, ma risponde delle passività ereditarie (e, quindi, anche dei debiti tributari del defunto) solamente nei limiti dell’attivo dell’eredità, senza coinvolgere il proprio personale patrimonio. Se il predetto periodo di 40 giorni trascorre senza che il chiamato possessore abbia accettato con beneficio di inventario e senza che abbia dichiarato la rinuncia all’eredità, egli è considerato erede “puro e semplice”.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©