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Riscaldamento, chi si mette «in proprio» non è fuori da tutte le spese

Con l’obbligo il distacco è meno frequente anche se in alcuni casi c’è ancora chi preferisce puntare su una caldaia privata

Quando installare termovalvole e ripartitori di calore non era obbligatorio, molti sceglievano di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento e di installarne uno autonomo per controllare meglio i consumi. Con l’obbligo il distacco è meno frequente anche se in alcuni casi c’è ancora chi preferisce puntare su una caldaia privata. In tal caso, semplificando, vale sempre quanto disposto dall’articolo 1118, comma quarto, del Cc: «Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma». Sul punto, la Cassazione (sentenza 22285 del 3 novembre 2016) ha osservato che spetta al condomino che intende distaccarsi darne preventiva informazione all’assemblea, fornendo documentazione tecnica che dimostri l’assenza di «notevoli squilibri» e di «aggravi» per i condòmini che continueranno a servirsi dell’impianto condominiale. La Corte ha precisato che «l’onere della prova in capo al condomino che intenda esercitare la facoltà del distacco viene meno (…) soltanto nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia effettivamente autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione».

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