Penale

Non scatta il ne bis in idem nel caso di prosecuzione dell'abuso edilizio

di Paola Rossi

I successivi interventi di finitura di un manufatto grezzo su cui pende l'ordine di demolizione impartito dal giudice non fanno venir meno l'efficacia dell'ordine stesso, altrimenti si giungerebbe al paradosso che - accertato e sanzionato l'illecito edilizio - le successive condotte in violazione della legge ostacolerebbero l'integrale attuazione dell'iniziale prescrizione giudiziale e la conseguente restitutio in integrum dei luoghi. Così la Corte di cassazione con la sentenza n. 19354/15 depositata ieri. La pronuncia è stata l'occasione per i giudici per affrontare la tipologia dei reati urbanistici alla luce del principio del divieto di essere giudicati due volte per lo stesso fatto.

La permanenza del reato e la giurisprudenza di legittimità - La Cassazione - con una breve ricognizione della giurisprudenza di legittimità sulla questione - approfitta del caso per affermare il principio di diritto che esclude - nei casi di attività edilizia abusiva protratta - che possa scattare il divieto del ne bis in idem quando due procedimenti diversi si riferiscono a due differenti periodi di realizzazione dell'opera abusiva.
Così precisa la Corte di cassazione: «Il reato urbanistico è un reato permanente, per cui la preclusione del ne bis in idem opera soltanto con riferimento alla condotta posta in essere nel periodo oggetto di contestazione nei capi di imputazione e non riguarda, invece, l'eventuale protrazione o la ripresa della condotta in un periodo successivo, rispetto alla quale rimane impregiudicata l'azione penale e la qualificazione conseguente del fatto.». E i giudici concludono, precisando sul ricorso, che nel caso specifico si trattava di interventi edilizi eseguiti in più riprese e aventi a oggetto il medesimo manufatto abusivo, rispetto al quale sussiste, indipendentemente dal successivo completamento delle opere, l'ordine di demolizione impartito con sentenza di condanna divenuta irrevocabile, in quanto l'immobile deve essere eliminato nella sua interezza.

Corte di Cassazione – Sezione III penale – Sentenza 11 maggio 2015 n. 19354

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