Civile

Calcio “pirata” online, la vigilanza non spetta agli operatori di Tlc

Francesco Machina Grifeo

Il Tribunale di Milano, con l'ordinanza n. 31892/2016, accogliendo, in via cautelare, la richiesta di Mediaset Premium ha disposto la sospensione delle trasmissioni “pirata”, in live streaming, delle partite di calcio di serie A e della Champions da parte della piattaforma internet Calcion.at. Ed ha ordinato ai maggiori internet provider – Telecom Italia, Vodafone Omnitel, Fastweb, Tiscali, H3G e Wind – di impedire ai propri abbonati l'accesso al sito. Il giudice ha invece rigettato la diversa e più ampia domanda, rivolta sempre da Mediaset a tutti gli operatori Tlc, di sbarrare l'accesso anche «a tutti gli alias del sito Calcion, indipendentemente dal suffisso di registrazione, e agli indirizzi IP collegati». Una pronuncia accolta con favore da Assotelecomunicazioni secondo cui «gli operatori non possono essere ritenuti responsabili di condotte altrui, né di oneri di vigilanza che non competono loro» .

Infatti, sostengono nel ricorso gli operatori di Tlc, la disciplina vigente, è fondata sul principio opposto e cioè «l'irresponsabilità del fornitore di servizi di mere conduit». Né vale a superare l'obiezione, motiva l'ordinanza, il fatto che Mediaset stessa si sarebbe accollata il compito di identificare e di segnalare gli alias agli ISP, sotto la propria diretta responsabilità. In tal modo, infatti, continua il provvedimento, si «demanderebbe ad un soggetto privato la verifica in ordine ai contenuti delle nuove pagine web ai fini dell'eventuale ricomprensione delle stesse nel perimetro dell'accertamento di illiceità compiuto dall'autorità giudiziaria». Mentre l'ordinamento vigente non «sembra consentire di attribuire ad una parte privata la qualifica di organo delegato in via permanente dal giudice al riempimento del contenuto precettivo di un proprio provvedimento». Per tacere delle possibili controversie, tra richiedente e operatori di Tlc, sulla «esistenza, consistenza ed attualità della violazione».

Del resto, prosegue l'ordinanza, la Corte di giustizia ha chiarito che il fornitore dei servizi di accesso ad internet è «un intermediario» e le misure eventualmente adottate devono sempre essere «rigorosamente mirate», in modo da porre fine alla violazione senza però pregiudicare i terzi. Dunque, per quanto il tribunale riconosca il «grave ed irreparabile pregiudizio» per Mediaset ed anche la natura «sfuggente» ed «insidiosa» dell'illecito (per via del continuo cambio di dominio: .me, .eu, .tv, .md, .in, .co, .pw, .xyz, .be e, da ultimo, .at.), tuttavia, conclude l'ordinanza, va considerato che «anche l'AgCom - in sede amministrativa – e la giurisdizione penale sinora hanno adottato provvedimenti restrittivi riferiti sempre (e soltanto) a DNS specifici e individuati, offrendo così ulteriore conferma della odierna impossibilità di accordare agli aventi diritto una tutela “in bianco”, basata su di un accertamento differito e delegato allo stesso soggetto richiedente».

Tribunale di Milano - Ordinanza 27 luglio 2016 n. 31892

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