Penale

Legge Ecoreati: dal 29 maggio in vigore la nuova “aggravante ambientale”

di Roberto Pennisi

Quando il legislatore del 1991, dopo quasi dieci anni dalla prima vera normativa antimafia del 1982, volle perfezionare gli strumenti precedentemente offerti dalla “Rognoni-La Torre”, fu la disposizione che introduceva una rivoluzionaria aggravante a qualificare tale volontà: vide così la luce la norma prevista dall'articolo 7 del Dl 152/1991, oggi comunemente definita “aggravante di mafia”, la quale è divenuta uno dei più validi strumenti per il contrasto della criminalità mafiosa, dando prova del proprio valore nella concreta applicazione che se ne dà ogni giorno nelle aule di giustizia.

L'”aggravante ambientale” - Così oggi, con la legge 22 maggio 2015 n. 68, pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” del 28 maggio 2015 n. 122, e in vigore dal 29 maggio scorso, è stato innovato il codice penale introducendovi dopo un ventennio di attesa il titolo VI bis intitolato “Delitti contro l'ambiente”, la disposizione più qualificante della volontà del legislatore di contrastare in maniera “globalizzata” le violazioni ambientali, ben al di là delle nuove figure di reato introdotte è, ancora una volta, proprio quella che introduce una aggravante: ci si riferisce alla “aggravante ambientale” prevista dall'articolo 452 novies del Cp. Trattasi, non si esita a dirlo, di una novità rivoluzionaria - la cui portata potrà misurarsi ovviamente solo attraverso l'applicazione giurisprudenziale - che adegua finalmente la nostra legislazione ordinaria ai precetti costituzionali e agli insegnamenti della Consulta in tema di ambiente, e proietta la legislazione italiana ai vertici tra quelle dei Paesi della Unione Europea.

La disposizione in dettaglio - La disposizione, in realtà, al di là del singolare utilizzato nel titolo, contiene due aggravanti: una a effetto speciale per via della entità dell'aumento di pena (da un terzo alla metà) che risponde ai criteri del nesso teleologico e aggrava il reato (qualsiasi reato) per la sua funzionalità rispetto al delitto fine; e una comune (aumento della pena di un terzo), che si applica per il semplice fatto del derivare dal reato una qualsiasi violazione di norma posta a tutela dell'ambiente (ovviamente violazione non costituente reato).
In tale ultimo caso, le regole previste dall'articolo 59 del Cp per come modificato dalla legge n. 19 del 1990 valgono a garantire la costituzionalità della disposizione.
Per l'altra aggravante (quella speciale), poi, è appena il caso di ricordare quali possano essere gli effetti della sua configurazione sul piano processuale, oltre che sostanziale, anche per quel che riguarda la fase delle indagini preliminari con la possibilità di utilizzare mezzi di ricerca della prova altrimenti non esperibili.
Tanto in premessa, per esprimere una valutazione di carattere generale sulla complessiva costruzione legislativa che, come ogni complesso elaborato, soprattutto se proveniente da una fase preparatoria sofferta, non può certo manifestare la caratteristica della perfezione. Ma si può ben affermare che il nuovo titolo del codice penale mette a disposizione degli strumenti, prima del tutto inesistenti in tema di tutela ambientale, il cui pregio sarà dimostrato dalla loro concreta utilizzazione in sede giudiziaria che potrà consentire eventuali – si ripete eventuali - messe a punto di natura legislativa, se occorrenti.
Chiarito subito che in materia di tutela dell'ambiente i migliori presidi sono quelli che servono a prevenire le condotte che recano pregiudizio, piuttosto che quelli che valgono a sanzionarle dopo il verificarsi dell'evento nocivo, va comunque detto che è da ritenersi una svolta epocale quella che mette a disposizione degli organi dell'apparato repressivo dello Stato ben sei nuove figure di delitti (volendosi dare autonomia alla disposizione di cui all'articolo 452 ter del Cp, rispetto a quella del precedente articolo 452 bis), e precisamente: inquinamento ambientale (452 bis); morte o lesioni a seguito di inquinamento (articolo 452 ter); disastro ambientale (articolo 452 quater); traffico di materiale radioattivo (articolo 452 sexies); impedimento del controllo (articolo 452 septies); omessa bonifica (articolo 452 terdecies). Con l'ulteriore previsione delle ipotesi colpose per i delitti di inquinamento e disastro.
Il mutamento dello scenario sul quale i predetti organi statuali potranno disegnare le strategie e le tattiche di contrasto del crimine ambientale è più che significativo, e per questo si è parlato di “svolta epocale”. In precedenza, invero, ogni azione di quel tipo era giocoforza programmarla avendo come punto di riferimento la normativa dei rifiuti, unica a prevedere una ipotesi delittuosa nell'articolo 260 del Dlgs 152/06, costituente una sorta di lievitazione verso un ambito di antigiuridicità penale di maggior rilievo delle ipotesi contravvenzionali di cui ai precedenti articoli 256 e 259.
E, a ben vedere, salvo rare eccezioni, anche alle condotte illecite in tema di rifiuti si è legata in passato la configurazione del “disastro ambientale”, le virgolette sono d'obbligo in assenza di una specifica figura di reato, facendosi ricorso al reato previsto dall'articolo 434 del Cp con una operazione giuridico-processuale i cui limiti sono stati dimostrati dai non certo lusinghieri risultati ottenuti.
Oggi, invece, si può spaziare in ogni campo delle condotte umane che siano tali da determinare gli eventi previsti dagli articoli 452 bis e 452 quater del Cp, qualunque sia la natura di tali condotte, e in qualsiasi ambito o settore siano svolte. E per questo, giustamente, si è svincolata la condotta da qualsiasi riferimento alla “violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative poste a tutela dell'ambiente” (come originariamente previsto dal Disegno di Legge), opportunamente essendosi preferito utilizzare l'avverbio “abusivamente”, quale termine contenente l'essenza di ogni violazione che determini la illiceità della condotta.

L'apparato repressivo - Sarà compito degli organi dell'esecutivo e del legislativo, conseguentemente, per onorare il nuovo titolo del codice, di dotare l'apparato repressivo di servizi di polizia giudiziaria che siano in grado di affrontare le nuove sfide, ad esempio rafforzando il Corpo Forestale dello Stato che costituisce la polizia ambientale per eccellenza; e degli organi giudiziari di affinare e perfezionare le proprie conoscenze e competenze nello specifico settore.
Il legislatore, e ciò spiega anche la grande maggioranza con cui la nuova legge è stata approvata, ha inquadrato il fenomeno criminale in questione correttamente rapportandolo all'intero territorio nazionale, liberandosi dagli stereotipi che avevano inteso legare la criminalità ambientale a quella mafiosa e che ne avevano fatto una caratteristica distintiva di determinate aree geografiche. Indulgendovi solo con la previsione della aggravante di cui all'articolo 452 octies del Cp per i delitti associativi semplice e mafioso, quando finalizzati alla commissione dei nuovi reati ambientali, resa sostanzialmente superflua da quella dell'articolo successivo di cui s'è in principio detto, che aggrava in maniera ben più consistente anche la pena prevista per i detti delitti.
In realtà la “Terra dei Fuochi” non è solo prerogativa della Regione Campania, bensì potenzialmente, se non già in atto, di ogni Regione d'Italia. Perché il reato ambientale non è un crimine di mafia, ma della impresa deviata che, oltre a nuocere all'ambiente, danneggia l'economia nazionale e la libera concorrenza, a scapito delle aziende virtuose che costituiscono il tessuto economico sano della Nazione.

Legge 22 maggio 2015 n. 68

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