Civile

Genitori in conflitto, figli minori affidati ai servizi sociali

di Giorgio Vaccaro

No all’affido condiviso, se la conflittualità tra i genitori è insuperabile. La strada è l’affido ai servizi sociali, per limitare la responsabilità genitoriale e sottoporla al vaglio degli esperti.

Accertato il clima di conflittualità, nel quale i genitori facevano vivere i figli minori anche dopo i rilievi mossi dalla psicologa consulente del giudice nel corso del giudizio , il Tribunale di Roma (sentenza del 5 dicembre 2014, giudice Cecilia Pratesi) ha applicato in modo originale lo spirito del nuovo testo dell’articolo 337-ter del Codice civile (introdotto dal Dlgs 154/2013). Così ha nominato i servizi sociali affidatari dei minori. I consulenti avevano, infatti, verificato che i figli erano tanto «inglobati nel conflitto» tra i due da essere «costretti a svolgere il ruolo di mediatori tra le opposte visioni genitoriali».

Limitandosi al tenore letterale, la norma consente al giudice, a tutela dei minori in caso di particolare pericolo per loro, di disporne l’affidamento familiare, nel quale i figli lasciano casa per essere affidati a una famiglia diversa da quella d’origine. Una novità, introdotta nel Codice civile, che comporta un maggiore distacco dai genitori.

Meno traumatica la scelta fatta dal Tribunale con la sentenza del 5 dicembre, che evidentemente tiene conto del concetto di «esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale» stabilito dalla norma: un affidamento eterofamiliare, nel quale i minori non si trasferiscono e restano col genitore con cui già vivevano, ma “entrano in campo” i servizi sociali. Significa che il servizio affidatario ha il compito di predisporre un progetto di presa in carico del nucleo familiare da parte delle strutture territoriali, compresa la Asl di riferimento. L’obiettivo è ridisporre l’affido condiviso dopo aver ripristinato un sano rapporto genitori-figli e arginato la conflittualità. Avvalendosi, se necessario, di centri specializzati convenzionati.

La sentenza si sofferma attentamente sull’importanza di spiegare alle parti che il provvedimento adottato implica una concreta limitazione della loro responsabilità genitoriale, in modo da indurli ad accantonare le reciproche rivendicazioni per fare in armonia le scelte importanti per la vita dei minori.

La prescrizione della presa in carico prevede poi l’ulteriore compito per il servizio sociale di monitorare l’andamento delle relazioni familiari, segnalando alla Procura presso il Tribunale per i minorenni i comportamenti nocivi per i minori o, comunque, non rispettosi delle prescrizioni del giudice. Le indicazioni devono riguardare anche l’opportunità di adottare provvedimenti ulteriormente restrittivi della responsabilità genitoriale o la revoca delle limitazioni . Il servizio sociale deve poi comunicare alle parti l’eventuale, proficua conclusione degli interventi, affinché chiedano al Tribunale ordinario per la modifica del provvedimento.

Dunque, delega piena ai servizi sociali. Per «ripristinare le aree disfunzionali dell’esercizio della responsabilità genitoriale». Ma spesso i servizi sociali non hanno personale né risorse. Quindi sono prevedibili difficoltà che molto probabilmente costringeranno le parti a ricorrere nuovamente alla giurisdizione.

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