Penale

Banca Popolare Vicenza: giudizio contro Zonin resta al Tribunale di Vicenza

Il processo ai vertici della Banca Popolare di Vicenza non si sposta dal Tribunale di Vicenza. La Corte di cassazione, sentenza n. 55886 del 13 dicembre 2018, ha infatti rigettato la richiesta di cambiamento della sede giudiziale presentata dai vertici della banca - Giovanni Zonin, Emanuele Giustini, Paolo Marin e Giuseppe Zigliotto – che lamentavano «l'assenza di serenità di giudizio da parte dei giudici dell'ufficio giudiziario berico». Per la Cassazione però dalla «lettura complessiva dei fatti, emerge che la tesi sostenuta nell'istanza di una sinergia di interventi eterogenei diretti a condizionare, dall'esterno, l'operato del Tribunale di Vicenza chiamato a giudicare delle condotte delittuose realizzate dalle persone fisiche investite di poteri gestionali della Banca popolare di Vicenza - non ha alcun riscontro e si fonda su circostanze non decisive, neutre e, peraltro, neppure attuali».

In particolare, i manager avevano motivato la domanda alla luce della «grave situazione locale, venutasi a determinare per effetto del dissesto dell'istituto - che, per essere il “salvadanaio di decine di migliaia di risparmiatori”, aveva finito per alterare in maniera consistente gli equilibri del tessuto sociale ed economico della zona». Non solo, a riprova del clima negativo nei confronti degli imputati ci sarebbe stato anche il comportamento processuale ed extra processuale del procuratore della Repubblica, che aveva dimostrato «non solo di avere aderito alla tesi di una pregressa connivenza tra i componenti degli uffici giudiziari vicentini e i vertici dell'ente creditizio, ma anche di avere subito la pressione del 'battage' mediatico e delle aspettative sociali connesse alla vicenda». Mentre alcuni magistrati in servizio «erano stati indotti a chiedere il trasferimento ad altro ufficio (il dottor Furlan), per allontanare da sé il sospetto della contaminazione ambientale, o a chiedere misure di pubblica sicurezza a tutela dell'incolumità propria o dei familiari (a dottoressa Trenti)».

La Suprema corte, premette che la rimessione del processo ha «natura eccezionale» e può avvenire «solo in presenza di gravi e non eliminabili situazioni locali». Deve invece escludersi che «ripetuti articoli giornalistici, e persino una vera e propria campagna di stampa, pur continua ed animosa, assumano di per sé rilievo ai fini della “traslatio iudicii”, in mancanza di elementi concreti che rivelino una coeva potenziale menomazione della imparzialità dei giudici locali». Nel caso concreto, poi, «l'imparzialità dei giudici del Tribunale vicentino non può dirsi affatto messa in discussione», proprio guardando «al preteso conflitto esistente tra l'ufficio del Pm e l'Ufficio del Gip: la stessa, infatti, dimostra, con tutta evidenza, l'equidistanza e a serenità del giudicante». Né, prosegue la decisione, a conclusioni diverse conducono le scelte di alcuni giudici «per preservare la sfera della propria onorabilità o della propria incolumità, posto che si tratta di comportamenti individuali per nulla sintomatici della concreta possibilità di subire gli effetti pregiudizievoli derivanti dal fermento in essere nel tessuto sociale generato da una vicenda tanto rilevante».

Corte di cassazione - Sentenza 13 dicembre 2018 n. 55886

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