Civile

Tango bond, la segnalazione di «inadeguatezza» non salva la banca

Francesco Machina Grifeo

Nuova condanna di un istituto di credito per aver venduto i cosiddetti “tango Bond”, titoli di debito pubblico argentini, ad un risparmiatore. Secondo la Cassazione, sentenza 11578/2016, la banca infatti non è stata in grado di replicare punto per punto al cliente dimostando di aver fornito tutte le informazioni del caso sulla pericolosità dello strumento finanziario compravenduto.

Confermata dunque la condanna del Banco di Brescia al pagamento di 112mila euro ad un risparmiatore che del tutto ignaro non poteva definirsi. La Corte di appello ha ritenuto non sufficiente l'espressione apposta sugli ordini di acquisto che così recitava: «Nonostante l'avvertenza che la suddetta disposizione non appaia a me adeguata sono a richiederVi comunque l'esecuzione dell'operazione». A fronte delle contestazione del cliente, infatti, tale formulazione se certificava la pericolisità dell’operazione finanziaria non forniva invece alcuna «indicazione specifica circa le avvertenze rivolte al cliente», ciò che qualifica la banca come inadempiente.

Il regolamento Consob, infatti, non solo «impone all'intermediario l'obbligo di segnalare la non adeguatezza dell'operazione e le ragioni di essa» ma anche, se il cliente intenda
procedere comunque, di «raccogliere l'ordine scritto (o telefonico registrato) da cui risulti un “esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”». Dunque l'intermediario deve muoversi secondo la seguente sequenza: a) valutare l'operazione sotto i diversi profili indicati dalla norma (tipologia, oggetto, frequenza, dimensione); b) fornire al cliente le dettagliate spiegazioni e ragioni che, sotto gli stessi profili, sconsigliano l'operazione; c) acquisire l'ordine scritto «in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute». Riguardo quest'ultimo punto, la Cassazione precisa che non è necessario l'ordine scritto riporti il contenuto di tutte le avvertenze fornite, essendo sufficiente la prova dell'an, cioè di aver informato il cliente ed aver poi comunque ricevuto l'ordine di proseguire.

In questo senso, precisa la Corte, «la sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d'ordine, contenente la segnalazione d'inadeguatezza dell'operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l'obbligo previsto in capo all'intermediario dall'articolo 29, 3° comma, reg. Consob n. 11522 del 1998». Tuttavia, prosegue la sentenza, «a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi quali specifiche informazioni furono omesse, grava sulla banca l'onere di provare, con qualsiasi mezzo, che invece quelle informazioni essa aveva specificamente reso». Infatti, è onere dell'investitore indicare le informazioni che ritiene di non aver ricevuto ed onere della banca provare di averle invece fornite. Prova che potrà avvenire con ogni mezzo. Ma la Banca non è stata in grado di farlo, in primo grado infatti l'unica testimone ha dichiarato di non ricordare «di aver espressamente segnalato un rischio di mancato rimborso del capitale» .

Corte di cassazione – Sezione I civile – Sentenza 6 giugno 2016 n. 11578

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