Civile

Medici: con lesioni gravi scatta indennizzo e rendita annuale

di Filippo Martini

Si fa un gran parlare – in un momento storico giudiziale che attende il deposito della sentenza della Cassazione a SSUU in tema di danno da morte – di liquidazione del danno alla persona nel contesto di sofferenza morale ed endofamiliare, trascurando spesso la seconda componente del danno stesso che riguarda il pregiudizio patrimoniale subito dalle vittime di illecito.

La lesione del bene salute - Non parliamo ovviamente dei danni così detti “bagatellari”, frutto deviato di un sistema che insegue (sotto il mantello dell’equità) l’utopia del tutto risarcibile, così alimentando speculazioni e malaffare che ha ricadute macroeconomiche più volte denunciate.

Pensiamo invece, ancora una volta, ai danni gravi, alle lesioni irreversibili arrecate al leso non solo sul piano della sofferenza soggettiva, ma anche sotto il profilo della grave destabilizzazione della propria economia domestica.

La lesione del bene salute porta con se (nei contesti gravi) anche la seria compromissione, ad esempio, della capacità reddituale della vittima oppure produce l’esigenza di una mole di costi per assistenza domiciliare e terapeutica a favore di chi (a causa della menomazione subita) non sia più in grado di svolgere autonomamente le proprie funzioni quotidiane.

La liquidazione del danno - La liquidazione del danno patrimoniale da spese di assistenza domiciliare future della vittima, ovvero volta a determinare la perdita reddituale futura di chi a causa della lesione subita non possa più lavorare (né farlo con i margini reddituali pregressi) è invece da sempre un tema complesso che  genera forti contrasti avendo come margine di manovra una dimensione astratta : un danno ipotetico e futuro, non ancora materializzatosi.

Stabilire insomma che danno dovrà subire nella vita futura e residua la vittima che non potrà più lavorare, ovvero abbia bisogno di assistenza domiciliare 24 ore al giorno per adempiere alle proprie funzioni esistenziali, è meccanismo di calcolo aleatorio e astratto che spesso, nella giurisprudenza prevalente, sfocia nella mera ipotesi o nell’arbitrio.

La sentenza del tribunale di Milano - Il tribunale di Milano (sentenza del 27 gennaio 2015, giudice M.Flamini) ha riconosciuto a una donna, vittima di un errore sanitario e per ciò affetta da tetraparesi spastica, il risarcimento non solo del danno biologico e non patrimoniale per la menomazione subita ma anche una rendita annuale  di € 145.000 a compensare sia la perdita reddituale totale, sia il costo per l’assistenza continuativa domestica.

L’elemento che rende la decisione innovativa, nel panorama di sentenze che trattano casi di risarcimenti di danno gravi (compromissione della integralità psicofisica della persona nella misura massima dell’80-100%) sta proprio nel metodo di liquidazione del danno patrimoniale che la vittima subirà nel futuro e per tutta la sua esistenza.

La prassi giurisprudenziale, infatti, in tutti questi casi (di accertata perdita patrimoniale futura delle vittime di sinistri gravissimi) tende a capitalizzare la somma anticipatamente e quindi a corrispondere alla vittima (o ai suoi tutori e curatori del patrimonio) una somma immediata a tacitazione di ogni danno ancora da concretizzarsi.

Questa prassi di conferire alla vittima una immediata e ingente somma in rata unica, porta con se benefici e svantaggi e si traduce in quella che appare essere una mera scommessa in natura.

Se, infatti, la vittima vivrà il tempo idoneo a essere assistita e spesata con la somma versata in anticipo, nessun problema. Ma potrebbe accadere che la stessa sopravviva all’esaurimento del capitale anticipato, magari perché male amministrato negli anni, e che quindi non abbia più risorse per sostenersi.

Di contro potrebbe accadere che la vittima deceda prima dell’esaurimento del capitale conferito e in questo caso saranno gli eredi a beneficiare di una insperata eredità pari al capitare residuo non utilizzato.

Ecco perché la soluzione intrapresa dal tribunale di Milano appare per un verso solutoria e per l’altro persino banale.

Appare positiva la volontà ricercata dall’estensore della decisione di rendere la liquidazione del danno meno aleatoria ed astratta dalla concretezza del caso specifico, obbligando il responsabile dell’illecito a versare la somma necessaria al sostentamento della vittima ma solo per il tempo futuro della sua esistenza.

Una decisione in linea con la volontà del legislatore - Per altro verso la decisione appare perfettamente in linea con la volontà del legislatore del codice civile che, all’articolo 2057 prevede espressamente che “quando il danno alle persone ha carattere permanente la liquidazione può essere effettuata dal giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno, sotto forma di una rendita vitalizia”.

Così l’adozione di uno strumento decisorio (quale quello della norma citata) appare soluzione idonea a risarcite tutti quei danni nei quali, come si legge nella decisione del tribunale, sia difficile stabilire l’entità futura del pregiudizio che subirà la vittima negli anni, “in ragione della difficoltà di individuare una durata della vita media dell’attrice”.

La sentenza, che rompe quindi un fronte di consuetudine liquidativa della prevalenza dei giudici di merito, approda a una decisione finale non solo meno aleatoria, ma più connessa alla reale materialità di un danno troppo spesso trascurato nel panorama giuridico della lesione del bene salute.

Il risarcimento del danno deve essere si integrale, come ci insegna la giurisprudenza della Corte di cassazione, ma anche concretamente riferibile a un pregiudizio realmente esistente e il meccanismo della rendita vitalizia, nei casi ove sia difficile stabilire la prognosi di sopravvivenza dei lesionati gravi, consente di assolvere al principio della corrispondenza tra danno e risarcimento, molto più di una somma anticipata calcolata su basi statistiche incerte.

Tribunale di Milano - Sezione I civile - Sentenza 27 gennaio 2015

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