Il direttore di Bancoposta che si appropria di somme dei clienti non commette peculato
L'esercizio delle funzioni di Bancoposta svolte dal direttore dell'ufficio postale non sono pubblico servizio in quanto - come precisa la sentenza n. 18457/15 della Corte di cassazione di ieri - si tratta di «comune» attività bancaria. Quindi la condotta del direttore che si appropri di buoni fruttiferi versati dal privato non integra lo specifico e più grave reato di peculato ma quello comune di appropriazione indebita previsto dall'articolo 646 del Codice penale.
L'orientamento confutato - La Corte di cassazione coglie l'occasione di questo ricorso - che nella sostanza non era accoglibile poiché domandava di ripercorrere questioni di merito e non di legittimità - per confutare una giurisprudenza pressoché consolidata sulla natura pubblicistica del dipendente di Poste italiane Spa nello svolgimento delle attività di Bancoposta. Vengono bocciate esplicitamente ben tre precedenti sentenze e a ricasco tutte quelle che vi hanno aderito.
I giudici premettono che l'essere alle dipendenze di un ente pubblico non significa sempre che vengano affidate funzioni nell'ambito di un pubblico ufficio o servizio ed esplicitamente fa l'esempio dei bidelli addetti a servizi “ausiliari” anche se di fatto nell'ambito di un ente statale.
La differenza dei servizi bancari da quelli postali - Inoltre, le sentenze contestate commettono l'errore di aver ragionato per analogia tra i servizi in questione e quelli postali, che per natura ed espressa disposizione di legge sono servizio pubblico. Mentre l'attività bancaria è di per sé attività privata e sono soltanto eccezioni i casi in cui la banca e il proprio dipendente operino nel contesto di un pubblico servizio o ufficio, come si realizza nel caso della delega delle Entrate all'attività di tesoreria per un ente pubblico.
Tra l'altro, secondo i giudici, non viene tenuta in debito conto la normativa del Dpr 144/2001 (Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta), che, invece è dirimentnte per dimostrare che i servizi di tipo bancario offerti da Poste Spa sono «esattamente gli stessi servizi offerti da qualsiasi banca».
Il Dpr n. 144 non opera distinzioni con le altre banche, anzi parifica a queste il bancoposta con la piena applicazione dei Testi unici bancario e finanziario. Inoltre, il regolamento prevede la piena separazione contabile delle attività bancarie dalle altre svolte da Poste Spa e la regolamentazione in base alle leggi civili dei rapporti dell'ente con la clientela.
Il rapporto con la Cassa depositi e prestiti - Infine i giudici escludono la natura pubblicistica del Bancoposta anche di fronte all'argomento che il capitale faccia capo alla Cassa depositi e prestiti soprattutto alla luce della trasformazione di quest'ultima in Spa a opera del Dl 269/2003. E' vero che la Cdp affida la raccolta del risparmio a Poste Spa, ma alla pari - dicono i giudici - di come può affidarla a banche o intermediari di diritto privato.
Il principio affermato - Conclude la sentenza che va affermato il principio: «Nell'ambito dello svolgimento di funzioni di tipo bancario quale è la raccolta del risparmio l'attività svolta da Poste Spa è di tipo privatistico non diversamente da quella svolta dalle banche; ne consegue che l'appropriazione di somme di risparmiatori commessa con abuso del ruolo integra il reato di appropriazione indebita e non il reato di peculato».
Corte di Cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 4 maggio 2015 n. 18457
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