Penale

Il direttore di Bancoposta che si appropria di somme dei clienti non commette peculato

di Paola Rossi

L'esercizio delle funzioni di Bancoposta svolte dal direttore dell'ufficio postale non sono pubblico servizio in quanto - come precisa la sentenza n. 18457/15 della Corte di cassazione di ieri - si tratta di «comune» attività bancaria. Quindi la condotta del direttore che si appropri di buoni fruttiferi versati dal privato non integra lo specifico e più grave reato di peculato ma quello comune di appropriazione indebita previsto dall'articolo 646 del Codice penale.

L'orientamento confutato - La Corte di cassazione coglie l'occasione di questo ricorso - che nella sostanza non era accoglibile poiché domandava di ripercorrere questioni di merito e non di legittimità - per confutare una giurisprudenza pressoché consolidata sulla natura pubblicistica del dipendente di Poste italiane Spa nello svolgimento delle attività di Bancoposta. Vengono bocciate esplicitamente ben tre precedenti sentenze e a ricasco tutte quelle che vi hanno aderito.
I giudici premettono che l'essere alle dipendenze di un ente pubblico non significa sempre che vengano affidate funzioni nell'ambito di un pubblico ufficio o servizio ed esplicitamente fa l'esempio dei bidelli addetti a servizi “ausiliari” anche se di fatto nell'ambito di un ente statale.

La differenza dei servizi bancari da quelli postali - Inoltre, le sentenze contestate commettono l'errore di aver ragionato per analogia tra i servizi in questione e quelli postali, che per natura ed espressa disposizione di legge sono servizio pubblico. Mentre l'attività bancaria è di per sé attività privata e sono soltanto eccezioni i casi in cui la banca e il proprio dipendente operino nel contesto di un pubblico servizio o ufficio, come si realizza nel caso della delega delle Entrate all'attività di tesoreria per un ente pubblico.
Tra l'altro, secondo i giudici, non viene tenuta in debito conto la normativa del Dpr 144/2001 (Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta), che, invece è dirimentnte per dimostrare che i servizi di tipo bancario offerti da Poste Spa sono «esattamente gli stessi servizi offerti da qualsiasi banca».
Il Dpr n. 144 non opera distinzioni con le altre banche, anzi parifica a queste il bancoposta con la piena applicazione dei Testi unici bancario e finanziario. Inoltre, il regolamento prevede la piena separazione contabile delle attività bancarie dalle altre svolte da Poste Spa e la regolamentazione in base alle leggi civili dei rapporti dell'ente con la clientela.

Il rapporto con la Cassa depositi e prestiti - Infine i giudici escludono la natura pubblicistica del Bancoposta anche di fronte all'argomento che il capitale faccia capo alla Cassa depositi e prestiti soprattutto alla luce della trasformazione di quest'ultima in Spa a opera del Dl 269/2003. E' vero che la Cdp affida la raccolta del risparmio a Poste Spa, ma alla pari - dicono i giudici - di come può affidarla a banche o intermediari di diritto privato.

Il principio affermato - Conclude la sentenza che va affermato il principio: «Nell'ambito dello svolgimento di funzioni di tipo bancario quale è la raccolta del risparmio l'attività svolta da Poste Spa è di tipo privatistico non diversamente da quella svolta dalle banche; ne consegue che l'appropriazione di somme di risparmiatori commessa con abuso del ruolo integra il reato di appropriazione indebita e non il reato di peculato».

Corte di Cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 4 maggio 2015 n. 18457

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©