Civile

Fondazioni, patrimonio minimo da 100mila euro

di Angelo Busani e Francesco Florian

Stretta sugli statuti delle fondazioni. Arriva con una nota della Prefettura di Milano in conseguenza del fatto che il mondo del non profit è in fermento per la prossima entrata in attività degli Enti del terzo settore e che, in molti casi, si tratta della necessità di apportare modifiche statuarie a enti dotati di personalità giuridica (associazioni e fondazioni) e perciò iscritti nei registri prefettizi o regionali. La Prefettura afferma che la persona giuridica deve avere un patrimonio «attuale» e non può basarsi su «erogazioni future» (ma non si tiene conto che le fondazioni di partecipazione spesso non possono che essere organizzate, per natura, su apporti periodici dei fondatori). Il valore del patrimonio minimo è fissato in 100mila euro per le fondazioni e 80mila per le associazioni (con riserva del Prefetto di pretendere un valore maggiore, a seconda della situazione concreta) di cui 30mila «destinati a un fondo di garanzia» con apposita previsione statutaria.

In sostanza, si obbliga a congelare 30mila euro in un deposito bancario: una prescrizione che non pare trovi fondamento nella legge e che sembra rendersi ingiustamente gravosa poiché immobilizza una somma che invece dovrebbe essere disponibile per le attività che la persona giuridica intende svolgere. La legge infatti prevede non l’ingessamento di un capitale, ma che la persona giuridica abbia le risorse occorrenti per raggiungere il suo scopo; e inoltre che, quando ve ne sia il difetto, l’autorità governativa possa adottare provvedimenti di commissariamento, fusione, scioglimento, devoluzione del patrimonio, eccetera.

La Prefettura non permette che il fondatore riservi a se stesso la nomina, oltre che dei componenti del primo Cda, anche degli amministratori di nomina successiva rispetto a quelli designati nell’atto costitutivo (al fondatore sarebbe consentita solo la nomina di una minoranza dei membri dei futuri Cda). Non si vede però la ragione di questa limitazione: nella legge non paiono esserci limiti al fatto che il fondatore, nell’atto istitutivo o in un testamento, possa provvedere a scegliere coloro che gestiscono il patrimonio vincolato dal fondatore stesso al perseguimento dello scopo per il cui perseguimento egli ha eretto la fondazione.

Secondo la nota della Prefettura milanese non sarebbe ammissibile la previsione statutaria di organi della fondazione «solo eventuali» e cioè organi «la cui esistenza è demandata alla discrezionalità decisoria di altri organi». Questa prescrizione limita però tante situazioni in cui, invece, la flessibilità statutaria sarebbe invece un’opportunità: ad esempio, è il caso in cui i partecipanti ritengano di attivare un collegio di revisori (originariamente non nominato) oppure è il caso che il Cda dia vita a un comitato di indirizzo strategico o un comitato scientifico.

Inoltre, i revisori dei conti non sarebbero nominabili dal Cda, perché, secondo la nota prefettizia, «il controllato non può nominare il proprio controllore». Un’affermazione poco generosa verso la professionalità dei revisori, come se fossero – per definizione – succubi di chi li nomina, e che non tiene conto del fatto che l’ordinamento consente che le Spa adottino il sistema monistico, nel quale il Cda nomina il Comitato per il controllo sulla gestione. Inoltre, non si considera che, nelle piccole società – e cioè nella stragrande maggioranza dei casi – i soci (che nominano l’organo di controllo) sono anche amministratori e dunque il problema del controllato che nomina il controllore si porrebbe in una moltitudine di casi.

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