Civile

Cessione ramo d'azienda illegittimo, gli stipendi della cessionaria non tagliano la retribuzione dovuta dalla cedente

di Rosa Maria Attanasio

Se la cessione del ramo di azienda viene dichiarata non valida gli stipendi percepiti dal lavoratore nell'altra azienda non si detraggono da quanto il datore di lavoro cedente gli deve. Lo ha stabilito la corte di Cassazione con la sentenza 7 agosto 2019 n. 21158. Il caso esaminato riguardava un lavoratore Telecom che aveva chiesto il pagamento delle somme maturate tra dicembre 2007 e febbraio 2008 dopo che era stata dichiarata l'inefficacia del cessione del contratto di lavoro in relazione al trasferimento di ramo di azienda.
I giudici di legittimità hanno risposto a due quesiti. Il primo riguarda la natura retributiva o risarcitoria dei crediti che il lavoratore ha ingiunto in pagamento a Telecom a titolo di emolumenti dovuti per effetto del mancato ripristino del rapporto di lavoro da parte delle società, nonostante l'emissione di un ordine del Tribunale con la sentenza di accertamento dell'illegittimità delle cessione di ramo d'azienda. E a questo primo interrogativo hanno risposto, in linea con gli ultimi orientamenti giurisprudenziali, nel senso «della natura retributiva e non più risarcitoria» della richiesta. Quindi, se non ha titolo risarcitorio, non si applica «il principio della compensatio lucri cum damno su cui si fonda la detraibilità dell'aliunde perceptum dal risarcimento».
Quindi si passa al secondo quesito che riguarda la detraibilità o meno dalla somma richiesta dal lavoratore di quando percepito a titolo di retribuzione per l'attività prestata alle dipendenze della cessionaria del ramo di azienda. I giudici non hanno dubbi «vi è l'obbligo dell'impresa (già) cedente di pagare la retribuzione e non di risarcire un danno, non vi è alcuna norma di diritto positivo che consenta di ritenere che tale obbligazione pecuniaria possa considerarsi, in tutto o in parte, estinta per il pagamento della retribuzione da parte dell'impresa originaria destinataria della cessione».
E i magistrati colgono l'occasione per pronunciare il seguente principio di diritto: «in caso di cessione di ramo di azienda, nel caso si accerti, su domanda del lavoratore ceduto, che non ricorrono i presupposti previsti dal Codice civile (articolo 2112), le retribuzioni in seguito corrisposte dal destinatario della cessione, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore dopo che questo ha messo a disposizione le sue energie lavorative in favore dell'alienante, non hanno effetto estintivo, in tutto in parte dell'obbligazione retributiva, che grava sul cedente che rifiuta, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa»>.

Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza 7 agosto 2019 n. 21158

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