Civile

Carta prepagata, l’intermediario rimborsa l’utilizzo fraudolento

di Francesco Machina Grifeo

Punto a favore del cliente nel disconoscimento di un pagamento online effettuato con carta di debito. Anche se l'operazione risulta regolarmente autorizzata (con l'invio del codice OTP e la spunta verde), qualora il cliente neghi di aver svolto l'operazione, l'intermediario dovrà comunque provare la sussistenza del dolo o della colpa grave da parte del possessore della carta. In caso contrario dovrà ristorare il cliente dell'importo pagato. Lo ha stabilito il Collegio di coordinamento dell'Arbitro bancario finanziario (un organismo indipendente, sostenuto dalla Banca d'Italia, per la risoluzione alternativa delle controversie tra clienti e banche) con la decisione n. 22745/2019, pubblicata il 23 dicembre scorso.

Il caso
- Con un ricorso al Collegio di Bari, il titolare di una carta ricaricabile ha riferito che risultava eseguita da terzi ignoti un'operazione di pagamento on-line a favore di un beneficiario estero, per 1.020 euro. Il ricorrente disconosceva l'operazione, precisando di non aver ceduto la carta a terzi, di non aver mai subito furto o smarrimento del PIN e di non averne mai rivelato gli estremi. E chiedeva il rimborso. Per l'intermediario tuttavia dalle verifiche effettuate risultava «la legittima esecuzione e sostanziale regolarità dell'operazione". In particolare, dalle tracciature informatiche risultava una "spunta verde" apposta all'operazione, che denota l'assenza di anomalie o irregolarità al momento della sua esecuzione. Nonché l'esecuzione con sistema dinamico di autorizzazione con OTP, inviato tramite sms al cellulare del cliente.

La motivazione
- Per il Collegio dunque deve ritenersi «concretata la prova dell'autenticazione e della regolarità formale dell'operazione». «Resta tuttavia da accertare - prosegue la decisione - se l'intermediario, nella sua qualità di PSP, abbia altresì provato la sussistenza del dolo o della colpa grave dell'utente». E sotto questo profilo «non risulta che l'intermediario abbia prodotto specifiche allegazioni volte a provare, in via presuntiva, la colpa grave del ricorrente». Infatti, l'intermediario si è limitato a osservare, in termini generici, che "i clienti sono gravati dall'obbligo di diligente custodia dei dispositivi personalizzati che consentono l'utilizzo dello strumento di pagamento, quali tessere con microchip e password, nonché di osservanza delle disposizioni contrattuali pattuite con l'intermediario", ma nulla ha rilevato con specifico riguardo all'efficienza causale del comportamento del ricorrente nella produzione dell'evento dannoso. Pertanto, «accertato il mancato assolvimento da parte dell'intermediario convenuto dell'onere probatorio», il Collegio ha accolto il ricorso, disponendo che l'intermediario corrisponda al ricorrente 1.020 euro.

Banca d'Italia - Arbitro bancario finanziario - Collegio di coordinamento - Decisione del 23 dicembre 2019 n. 22745

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