Professione e Mercato

I legali «tech» scommettono sulle start up

di Dario Aquaro

Diritto delle tecnologie e tecnologie nel diritto: l’evoluzione di sistemi e processi digitali incrocia l’attività degli avvocati a più livelli. Dall’impatto dell’intelligenza artificiale allo sviluppo della blockchain, dall’innovazione in tema di proprietà intellettuale alle criticità della cyber security. C’è il tema della consulenza alle imprese sulla validità giuridica delle nuove tecnologie e quello delle tecnologie al servizio della professione (legaltech). «Gli avvocati devono quindi saper usare gli strumenti digitali disponibili, per essere efficienti in termini di tempi e di costi, specie per le attività a scarso valore aggiunto. E saper dare supporto ai clienti su tematiche che riguardano l’information technology», spiega Gianluca De Cristofaro, capo del dipartimento Ip dello studio Lca. Per chi si affaccia alla professione legale significa unire la competenza informatica a quella giuridica. Ma non solo. «Bisogna avere una capacità di aggiornamento tempestivo, un’attitudine creativa al diritto e non puramente compilativa, e un’attenzione agli aspetti comparativi», riassume Claudia Sandei, associato di diritto commerciale e direttrice dell’Ittl (Innovation and technology law lab) dell’Università di Padova, centro internazionale di alta ricerca. Tra summer school, seminari e challenge (sorta di hackathon giuridico), l’esempio di Padova è indicativo, ma diversi atenei italiani prevedono oggi un focus su “law and tech”, almeno tra gli insegnamenti dei corsi di laurea.

Competenze trasversali

Non è nuova la domanda di multidisciplinarietà, ma la preparazione richiesta ai professionisti. Conoscere i meccanismi dell’intelligenza artificiale (Ai), delle sue applicazioni e implicazioni, è uno dei requisiti. «L’asticella è però destinata ad alzarsi - osserva De Cristofaro - e tra dieci anni mi aspetto che al colloquio un candidato mi dica di aver fatto un corso di coding e di avere nozioni di programmazione». Per ora non è essenziale saper scrivere un codice, ma di certo capire come funziona, per poter dialogare con gli informatici.

«Oltre le competenze giuridiche e digitali, contano quelle relazionali, perché è l’avvocato che “compie l’ultimo miglio” verso il cliente, individuando la soluzione più adatta, grazie alla tecnologia. Poi ci sono quelle gestionali e di management, perché il servizio offerto - afferma Marcello Giustiniani, partner di BonelliErede - va organizzato bene. L’università ha un ruolo fondamentale nella formazione, ma contano anche gli interessi personali e le esperienze ulteriori, come le attività nei settori dell’innovazione». I grandi studi legali sono inoltre in grado di “coltivare” le capacità dei singoli. E BonelliErede lo fa, ad esempio, con corsi interni (le “pillole formative” di taglio pratico) e corsi esterni organizzati con Sda Bocconi. Ma nelle strutture moderne confluiscono anche figure extra-legali, come gli ingegneri, che danno un costante supporto specialistico sull’uso dell’Ai nella professione.

Orizzonti lavorativi

Le principali law firm tirano la volata. E però, come ripete la professoressa Sandei, i giovani devono puntare anche su una matrice tecnico-imprenditoriale, perché le start up legali rappresentano un’importante quota del mercato di sbocco. Legaltech è quindi un’espressione “ombrello”, «che interessa diversi settori, dal bancario al societario, dalla finanza alle tlc; e dove la professionalità informatica degli avvocati può trovare un proficuo approdo imprenditoriale», commenta Francesco Dagnino, partner fondatore di Lexia, studio che l’anno scorso ha dato vita alla società Lexia ventures, per sviluppare progetti Ict e realtà innovative in ambito legale. D’altra parte, «pur se qualcosa si muove, non c’è ancora un sistema strutturato di ricerca di avvocati tech, eccetto i grandi studi legali che si appoggiano anche alle università», afferma Giuseppe Brambilla, responsabile dell’executive search nei servizi legali per Chaberton Partners, società internazionale che opera nelle risorse umane.

Quanto alle università, si affacciano anche in Italia i percorsi di studio avanzati, come il master in “Law of internet technology” della Bocconi, al suo secondo anno. Oreste Pollicino, docente di diritto costituzionale e diritto dei media, fa parte del comitato scientifico-organizzativo e spiega che «è il primo LL.M. (master of laws) italiano sul diritto applicato al digitale e all’innovazione tecnologica, mentre all’estero ci sono forti competitor come Tilburg, Tel Aviv o Londra». E che «dal prossimo anno saranno potenziati gli insegnamenti su blockchain, fintech e smart contract». Gli orizzonti lavorativi? «Studi specializzati in ambito digitale - dice Pollicino - ma anche uffici legali di aziende tech, o del settore dei media, e istituzioni europee».

L'identikit

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