Il Fisco impari ad ascoltare le ragioni dei professionisti
Lo sciopero dei commercialisti, la categoria professionale maggiormente coinvolta con le esigenze di un regolare flusso di entrate per l’Erario, dovrebbe costituire un importante spunto di riflessione per il nuovo esecutivo.
Indipendentemente dai giudizi di merito circa l’opportunità di questa scelta, va registrata una netta ed inconciliabile contrapposizione fra lo Stato e coloro che rappresentano, direttamente, le esigenze di migliaia di professionisti e, indirettamente, i diritti dei cittadini e delle imprese che assistono.
Questa frattura ha origini lontane e cause strutturali. Volendo sintetizzare al massimo i problemi più significativi possiamo segnalare: una storica forte reciproca diffidenza, una inspiegabile attitudine a privilegiare la forma sulla sostanza, una ricorrente mancanza di trasparenza nei complessi meccanismi di verifica, accertamento, riscossione e contenzioso.
Negli ultimi anni si è più volte lanciata da parte del Fisco l’operazione «recupero della compliance», che significa una maggiore predisposizione dei contribuenti ad adempiere spontaneamente alle obbligazioni tributarie. Si è però dimenticato che alla base di questa evoluzione, che potrebbe portare il nostro Paese vicino ai suoi partner europei, ci deve essere una profonda trasformazione dei rapporti che sino ad oggi hanno caratterizzato il confronto tra Fisco, contribuenti e professionisti. Va infatti considerato come molto spesso il volto dei cittadini e delle imprese che affrontano questo difficile percorso sia proprio quello del professionista che li rappresenta.
Non possiamo nasconderci che in questi frangenti troppo spesso non si riesca ad instaurare un clima di reciproca fiducia, base necessaria per una dialettica serena che possa portare ad un confronto equilibrato e costruttivo. Solo partendo da un’analisi seria e aperta che prenda atto di questo punto di partenza si può pensare di costruire le premesse per il superamento di questa situazione.
Avendo sempre bene in mente i dati sull’evasione nel nostro Paese e le ragioni di chi combatte questo fenomeno, andrebbe comunque promossa un’analisi critica di come migliorare il grado di fedeltà e di affidabilità del contribuente italiano agendo anche sull’immagine del Fisco. Un cambiamento di sostanza e non solo di forma, che possa finalmente far superare quell’idea troppo spesso diffusa e dannosa di considerare il Fisco come un nemico da combattere. In questi ultimi giorni abbiamo invece assistito ad un ennesimo esempio di “sordità “ da parte dell’Amministrazione finanziaria delle ragioni che con forza e determinazione la categoria dei commercialisti ha cercato di rappresentare. Provocare la sensazione di parlare senza essere ascoltati non può essere un buon inizio e il Governo Conte bis ha bisogno della collaborazione di tutti per tentare di portare a compimento i suoi obiettivi.