Professione e Mercato

Specializzazioni, corsia veloce per gli avvocati diplomati

di Valeria Uva

C’è un discreto numero di avvocati già in pole position per il titolo di “specialista” da inserire nelle nuove sezioni dell’Albo: si tratta di tutti quei professionisti, in larga parte giovani, che in passato e fino a 5 anni fa hanno frequentato una delle scuole di alta formazione riconosciute dal Consiglio nazionale forense. Difficile fornire la cifra esatta: le scuole sono molte ed avviate in tempi diversi, con bienni disallineati. Ma per dare un’idea, soltanto gli iscritti delle quattro scuole di specializzazione su penale, tributario, famiglia e lavoro riunite nell’associazione Gnosis hanno totalizzato oltre 1.200 iscritti dal 2015, con una media del 70% di diplomati.

Ma andiamo con ordine: il decreto che riavvia per l’avvocatura il percorso di specializzazione, bloccato dai ricorsi dal lontano 2015, è ora di nuovo in marcia: dopo il via libera del Consiglio di stato (si veda il Sole 24 ore del 13 gennaio), manca ora solo l’ultimo passaggio alle commissioni parlamentari per l’approdo in Gazzetta e l’entrata in vigore (tecnicamente certa entro il 2020). «Siamo molto soddisfatti - spiega Giovanni Arena, consigliere Cnf con delega all’osservatorio per la giurisdizione - per l’avvocatura si tratta di una grande opportunità».

Lo schema di testo ha una forma pressoché definitiva. Sono due le strade per ottenere il titolo di specialista nei 12 settori delineati:
1 La strada della formazione specialistica attraverso, appunto, le scuole riconosciute dal Cnf (sia organizzate da Ordini e Cnf, che dalle Università o dalle associazioni specialistiche riconosciute);
2 La comprovata esperienza in un determinato settore, conquistata sul campo da chi è iscritto all’Albo da almeno otto anni e accertata da una Commissione mista nominata da Cnf e Giustizia.

Il periodo transitorio
C’è poi un primo periodo, subito dopo l’entrata in vigore del regolamento, in cui sarà riconosciuta l’iscrizione automatica a chi ha già frequentato i corsi  delle associazioni specialistiche negli ultimi cinque anni, ovvero dal 2015. Le associazioni specialistiche riconosciute sono 19. Tra queste l’Uncat (tributaristi), l’Unione delle Camere civili e di quelle penali, l’Agi (giuslavoristi), Cammino e Aiaf(famiglia). Anche se non tutte hanno organizzato corsi  allineati con tutti i requisiti del decreto (durata biennale e lezioni per 200 ore, frequenza all’80% più il superamento di una prova finale), è evidente che il primissimo popolamento dell’Albo sarà costituito da questi diplomati, che potranno subito fare domanda.

Un vantaggio su cui gli iscritti erano confidenti, visti i 5 anni di attesa del decreto. E infatti i corsi sono molto richiesti e, in qualche caso, è scattato il numero chiuso. Come a Milano per la scuola Agi in diritto del lavoro: «La nostra governance - spiega il presidente Agi, Aldo Bottini - è conforme al regolamento ministeriale. Perciò siamo certi che gli oltre 200 colleghi specializzati negli ultimi anni, e i 150 circa che lo saranno a fine 2020, otterranno subito il titolo di avvocati specialisti in diritto del lavoro». In futuro alle attuali scuole si potranno affiancare i corsi organizzati dalle università , da Ordini e Cnf. Tutti dovranno seguire le linee guida dettate da una commissione ministeriale.

L’esperienza sul campo
La seconda via di accesso è quella dell’esperienza già accumulata e dimostrabile. È riservata agli avvocati con almeno otto anni di anzianità nell’Albo e che possono dimostrare di aver trattato in cinque anni almeno dieci «incarichi rilevanti» nei settori richiesti. Dovranno esporli ad una commissione a composizione variabile (a seconda del settore di specializzazione) composta da avvocati e docenti universitari scelti dal ministero della Giustizia e dal Cnf. Di fronte a chi teme il rischio “ingorgo” Arena rassicura: «Nulla impedisce che si formino più commissioni, ognuna per un distinto indirizzo».

Le due strade

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