Professione e Mercato

Gli Hr in azienda alzano il tiro sui costi delle consulenze legali

di Valentina Maglione

Chiedere con meno frequenza l’aiuto di avvocati esterni, spendere meno per il loro lavoro e avere una migliore previsione dei costi all’inizio del mandato. Sono queste le priorità dei direttori delle risorse umane nei rapporti con gli studi legali, fotografate dall’indagine realizzata per Il Sole 24 Ore da Mopi,l’associazione che riunisce gli addetti al marketing e alla comunicazione degli studi, in collaborazione con Gidp, che rappresenta i direttori del personale.

La ricerca - che raduna le risposte fornite da 101 responsabili Hr di aziende dislocate perlopiù nel Nord Italia (al 70%) - mette in evidenza “l’infedeltà” dei direttori del personale verso gli avvocati esterni: quasi uno su cinque (il 19,74%) nell’ultimo anno ha spostato parte del lavoro tradizionalmente fatto dagli studi legali al team interno; il 13% ha cambiato lo studio legale a cui affidarsi; e il 17% ha dato il lavoro legale in outsourcing a soggetti che non sono studi legali.

Spese nel mirino
Dall’indagine emerge poi l’esigenza dei direttori del personale di ridurre le spese sostenute per gli avvocati esterni. Tanto che non arriva al 17% la percentuale del campione che prevede di aumentare il budget per le spese legali date in outsourcing nel prossimo anno. E chi vuole diminuire i costi punta a farlo negoziando parcelle inferiori con gli studi legali che già seguono l’azienda (il 45% del campione) e portando in house parte del lavoro (il 35% di chi ha risposto).

Costi inferiori, quindi, che però i direttori del personale sembrano meno abili dei general counsel a negoziare: uno su quattro dei responsabili delle risorse umane afferma di aver ricevuto sconti dagli studi legali negli ultimi 12 mesi, contro oltre la metà dei direttori degli affari legali.

Una migliore previsione dei costi all’inizio del mandato è poi la richiesta che con più frequenza (nel 40% dei casi) i direttori delle risorse umane fanno agli studi legali che li seguono. Uno su cinque chiede anche di individuare una modalità di stabilire la parcella diversa dalla tariffa oraria: il modello tradizionale per “fare il prezzo”, che però oggi molti avvocati stanno abbandonando.

«L’attenzione ai costi dei responsabili del personale - dice Paolo Citterio, presidente di Gidp - deriva da richieste dell’azienda. La riduzione del contenzioso rispetto al passato, poi, incide sul budget per le spese legali esterne».

Funzioni legali in house
Tra le aziende che si sono mosse nella direzione di internalizzare le funzioni legali e abbandonare la fee oraria c’è Verallia Italia Spa, leader nel settore degli imballaggi in vetro con 1.200 dipendenti. «Tre anni fa - spiega il direttore delle risorse umane Luca Bollettino - abbiamo creato una direzione ad hoc per smarcare alcune attività sino a quel momento affidate all’esterno. Questo ci ha consentito di ridurre gli studi legali esterni da quattro a due: uno penalistico-ambientale e l’altro giuslavoristico». Non solo: «Con questi studi - prosegue Bollettino - due anni fa abbiamo abbandonato la parcella oraria e pattuito una fee annua globale, che ci fa risparmiare sia in termini di costi diretti, sia per i costi indiretti di gestione».

Il bilancio, quindi, è «molto positivo. In questo quadro - conclude il direttore Hr di Verallia Italia - vorrei che gli studi con cui lavoriamo fossero più digitali e proattivi nella comunicazione». Un esempio? «La giornata di aggiornamento per il team di Hr la chiedo sempre io, mentre vorrei che fossero loro a proporla».

Dopo il tema dei costi, proprio maggiore comunicazione e interazione, oltre a maggiori sforzi per capire il business del cliente, sono, secondo l’indagine Mopi-Gidp, le richieste che con più frequenza (nel 26% dei casi) i direttori del personale fanno agli studi legali che li seguono.

Contenzioso in prima linea
Ma qual è il contributo chiesto agli avvocati esterni? Oltre la metà (il 59%) dei direttori del personale si affida agli studi legali per il tradizionale contenzioso, ma ha preso spazio (per il 37%) anche l’adeguamento alla norme privacy previste dal regolamento Ue Gdpr, seguite dalla revisione e preparazione di contratti di lavoro (indicate dal 36% del campione) e dall’assistenza negli aspetti giuslavoristici legati alla gestione del personale (per il 25,6%). Solo il 16,67% dei direttori del personale che hanno partecipato all’indagine, invece, si rivolge a uno studio legale per il welfare aziendale.

«Chiamare l’avvocato per il contenzioso è un approccio vecchio stile - osserva Aldo Bottini, presidente di Agi, l’associazione degli avvocati giuslavoristi, e partner dello studio Toffoletto De Luca Tamajo - che oggi le aziende stanno superando. Molte hanno capito che occorre rivolgersi prima al legale, proprio per prevenire le liti. Le consulenze per il welfare aziendale e la contrattazione di secondo livello sono in crescita». Bottini certifica che «c’è senz’altro l’esigenza di contenere i costi, ma le aziende sono anche disposte a spendere per professionisti di valore. Oggi gli Hr vogliono un rapporto di partnership con l’avvocato: si tratta di lavorare insieme ai progetti per raggiungere l’obiettivo. E gli avvocati devono imparare a essere più efficienti, appoggiandosi a una buona organizzazione interna, per offrire servizi di alto livello a un costo inferiore».

Infine, i responsabili Hr che hanno partecipato all’indagine hanno chiarito le ragioni che li potrebbero spingere a cambiare studio legale: il costo inferiore è un buon motivo per il 16% del campione, ma i più mettono davanti una maggior rapidità nelle risposte (per il 35%), un miglior servizio (32%) e una specializzazione per materia più elevata (22%).

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