Civile

Sanità, la mancanza del nesso di causalità tra errore ed evento lesivo esclude la colpa della struttura

di Mario Finocchiaro

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile e inevitabile con l'ordinaria diligenza. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 26303/2019.

Sulla responsabilità della azienda ospedaliera - Nella specie, ha osservato la Suprema corte, la Corte d'appello, accertata la imperita prestazione professionale, ha rilevato, sulla scorta della verifica delle risultanze istruttorie, che tale condotta di inadempimento non aveva, tuttavia, interferito nella serie eziologica esitata nella ritardata esecuzione di interventi terapeutici ai quali - secondo la statistica sanitaria - veniva riconosciuta la possibilità - espressa in misura percentuale - di prolungamento della sopravvivenza del paziente, sicché è stata negata in concreto la esistenza del nesso di causalità materiale tra l'errore e l'evento lesivo della salute, sulla scorta del giudizio controfattuale, condotto con prognosi postuma, per cui alla corretta diagnosi non sarebbe, comunque, seguita alcuna prescrizione di intervento terapeutico e il paziente non avrebbe potuto - in ogni caso - beneficiare degli effetti (possibilità di sopravvivenza) di un anticipato trattamento, risultando dunque indimostrato il collegamento tra inadempimento professionale e perdita dei vantaggi conseguibili dal soggetto, con conseguente esonero da responsabilità della Azienda ospedaliera per il fatto commesso dai propri dipendenti.

Sul ricorso in cassazione - Sempre sullo stessa vicenda i giudici di Piazza Cavour hanno poi affrontato il problema del ricorso in cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
E chiariscono che il Cpc impone la indicazione del fatto storico, principale o secondario, rivestente carattere decisivo, ai fini della immutazione della soluzione della controversia che - pur risultando essere stato ritualmente acquisito al materiale istruttorio - non è stato, tuttavia, rilevato e considerato da giudice di merito.

Argomenti critici svolti dal Ctu - Evidentemente, comunque, non sono sussumibili nella categoria del fatto storico gli argomenti critici svolti dal Ctu, occorrendo distinguere, all'interno dell'elaborato peritale, ciò che risulta rilevato come accadimento della realtà, nella sua consistenza materiale fenomenica, e ciò che, pur riferendosi al fenomeno naturale, costituisce invece espressione della capacità di giudizio critico dell'ausiliario e che pertanto si pone non sul piano della realtà fattuale, ma sul piano logico della valutazione dei fatti e delle loro connessioni. Deriva da quanto precede, pertanto, che le ipotesi formulate dagli ausiliari in termini prognostici, desunte dalla statistica sanitaria, non appartengono alla categoria dei fatti storici, ma a quella della elaborazione del dato statistico, che sconta differenti approcci metodologici nella costruzione e rilevazione del campione e dunque risponde a criteri pur sempre di carattere valutativo, non riconducibili all'accertamento di un fatto storico.

Cassazione - Sezione III civile – Sentenza 17 ottobre 2019 n. 26303

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