Civile

Colpa grave per l’ufficio che ostacola il rimborso

di Marco Ligrani

Se il Fisco si oppone durante il giudizio a una richiesta di rimborso che riconosce spettante, interponendo un ostacolo di tipo procedurale privo dei presupposti di legge, si verifica un abuso dello strumento processuale che giustifica la condanna per colpa grave, prevista dall’articolo 96, comma 3, del Codice di procedura civile. Così la Ctp di Brescia 297/4/2019 (presidente e relatore Macca) ha dichiarato cessata la materia del contendere in un giudizio di rimborso avviato da una società, condannando l’agenzia delle Entrate alla restituzione dell’imposta con i relativi interessi, alla sanzione pecuniaria per responsabilità processuale aggravata e alla rifusione delle spese di giudizio.

La vicenda scaturisce da un’istanza di rimborso dell’imposta di registro, versata a titolo provvisorio alla stipula di una cessione di ramo d’azienda. Poiché il corrispettivo definitivo, che veniva quantificato solo due anni dopo, era risultato inferiore a quello previsto, la società aveva chiesto il rimborso della differenza, maggiorata degli interessi.

Formatosi il silenzio rifiuto, la società proponeva ricorso e l’ufficio, costituitosi in giudizio, non contestava né l’an, né il quantum del rimborso.

Tuttavia, nelle proprie controdeduzioni, l’Agenzia opponeva il cosiddetto fermo amministrativo previsto dall’articolo 69 del Regio decreto 2440/23, in base al quale è impedito il rimborso in presenza di carichi pendenti che, nella specie, derivavano da altri giudizi instaurati dalla società.

In sede di udienza l’ufficio, nel ribadire la propria adesione al rimborso, chiedeva si dichiarasse cessata la materia del contendere, con compensazione delle spese. La società, invece, insisteva per la condanna di controparte alla rifusione delle spese processuali, sulla scorta del principio della soccombenza virtuale.

La Ctp, accogliendo entrambe le richieste, ha dichiarato cessata la materia del contendere e, allo stesso tempo, ha valutato negativamente la condotta processuale dell’ufficio ai fini della condanna alle spese di lite. In particolare, i giudici bresciani hanno bocciato la richiesta di sospensione del rimborso avanzata in giudizio, sia sul piano sostanziale che su quello processuale:

- quanto al primo, la Ctp ha evidenziato che il Regio decreto 2440/23 invocato dall’Agenzia è stato oramai soppiantato dall’articolo 23 del Dlgs 472/97, norma estesa anche alle maggiori imposte;

- quanto al secondo, i giudici hanno escluso che la richiesta potesse essere formulata in via di eccezione riconvenzionale, come – di fatto – ritenuto dall’Agenzia che l’aveva avanzata solo in sede di controdeduzioni. Infatti, richiamando la sentenza 23601/2011 della Cassazione, la Ctp bresciana ha evidenziato come l’articolo 23 del Dlgs 472/97 presupponga che l’ufficio abbia preventivamente notificato un atto ad hoc (di contestazione o di irrogazione sanzioni), in quanto tale autonomamente impugnabile e adeguatamente motivato.

Nel caso di specie, invece, la richiesta di sospensione era avvenuta solo in corso di causa e, pertanto, totalmente al di fuori dello schema legale. Di conseguenza, i giudici, nel dichiarare la cessata materia del contendere, hanno condannato l’ufficio alla sanzione per responsabilità processuale aggravata (ma non a quella da lite temeraria), alla restituzione delle spese di lite e, comunque, al rimborso dell’imposta.

Ctp Brescia 297/4/2019

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©