Penale

Prescrizione a effetto ridotto una volta aperto il dibattimento

di Giovanni Negri

Prova a rimettere sulle gambe di un minimo di solidità numerica una discussione troppo spesso inquinata da approcci ideologici o solo dimostrativi la ricerca Camere penali Eurispes sul processo penale (sarà presentata oggi al Congresso dei penalisti di Taormina). E lo fa con una certa quota di demistificazione rispetto (almeno) a due luoghi comuni. Quello che individua nella prescrizione uno dei grandi mali della giustizia penale e quello che identifica negli avvocati i responsabili principali della durata troppo spesso eccessiva dei nostri procedimenti penali.

Indagine che naturalmente non cade nel vuoto pneumatico del dibattito pubblico, anzi. A breve in Consiglio dei ministri approderanno le misure cui il ministero della Giustizia intende affidare l’accelerazione dei giudizi, sia civili sia penali. Largamente note dopo un primo passaggio a fine luglio ad alta tensione tra Lega e Movimento 5 Stelle, le disposizioni sono oggetto di revisione da parte della nuova maggioranza. Sullo sfondo, ma neppure troppo, il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado a partire dal prossimo anno.

Sul piano metodologico, i dati raccolti riguardano oltre 13.000 processi in 32 Tribunali. La ricerca, in continuità con un’altra analoga del 2008, si è concentrata sui giudizi di primo grado, con esclusione sia delle udienze preliminari sia dei procedimenti camerali in genere, come quelli sulle misure cautelari e di prevenzione. Dei processi presi in considerazione solo il 20% è andato a sentenza (2.807 le sentenze totali), mentre in tutti gli altri casi il processo è stato oggetto di rinvio. Circa un quarto dei verdetti è stato poi di assoluzione, quota che raggiunge il 30% tenendo conto dell’incidenza della nuova causa di non punibilità per tenuità del fatto. Il che conduce alla sottolineatura per cui in un buon numero di casi lo stesso processo potrebbe essere evitato.

Quanto alla prescrizione poi, dall’indagine emerge come del 26% circa di processi andati a sentenza conclusi con dichiarazione di estinzione del reato, il 42% (in diminuzione rispetto al 45,5% del 2008) si conclude per prescrizione. In sostanza, sui processi andati in decisione l’incidenza della prescrizione è del 10%, mentre sul totale di quelli monitorati si ferma al 2 per cento. Insomma, di 100 processi approdati al dibattimento, circa 20 vanno in decisione, 5 di questi si concludono con l’estinzione del reato e 2 di questi ultimi con dichiarazione di prescrizione.

Ha gioco facile allora Giuseppe Belcastro, responsabile dell’Osservatorio sui dati giudiziari delle Camere penali nel mettere in evidenza come il fenomeno prescrizione, dopo l’esercizio dell’azione penale, ha un peso reale assolutamente inferiore a quello assunto tra le forze politiche e, di riflesso, anche nell’opinione pubblica. Meglio sarebbe allora concentrarsi solo sulla fase delle indagini preliminari dove matura il 70% della prescrizione, «evidentemente per cause che con la difesa nulla hanno ma che vedere» e mettere in discussione, provoca Belcastro, una principio come l’obbligatorietà dell’azione penale. Tanto più che dall’indagine emerge come poi gli uffici giudiziari in alcuni casi “fanno da soli” e si procede a rinvio «per imminente maturazione della prescrizione».

Ma dalla ricerca emerge anche un dato a suo modo scomodo e cioè che la stragrande maggioranza dei rinvii ad altra udienza, evidente ragione della notevole durata del procedimento, è da imputare, più che a sofisticate tattiche difensive indirizzate a lucrare sull’effetto tempo, a motivi fisiologici al processo stesso. Tra le cause più frequenti spicca per esempio la necessità di prosecuzione dell’istruttoria oppure l’omessa citazione o assenza dei testimoni del Pm. Aspetto che chiama in causa direttamente il modello processuale scelto, tanto più in tensione quando se ne riscontra l’estrema, e storica, difficoltà a fare attecchire i tiri alternativi.

I numeri della giustizia penale

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